Carissimi …… Vi racconto una storia che da noi si tramanda oralmente da padre in figlio. La mia famiglia, sembra di origini antichissime, giunse in Sicilia alla fine del 1400, al servizio del Vicerè Spagnolo di Sicilia. Come saprete tra il XV e XIX secolo, la Sicilia non fu sede di una corte regia ma come massima istituzione, in luogo del Re, vi era pertanto il Vicerè nominato dal Consiglio di Stato presieduto dal Re di Spagna. I viceré erano nella maggior parte dei casi non siciliani, essi a loro volta potevano nominare, probabilmente sentiti il Re e i vertici delle magistrature siciliane, come il Presidente del Regno, un proprio vicario in caso di impedimento, prolungata assenza o malattia. I Presidenti furono generalmente siciliani ed erano scelti tra i più prestigiosi personaggi ecclesiastici o nobili ed erano quelli che realmente governavano il territorio.
Ma torniamo alla storia che mi raccontava da piccolo un mio anziano zio. Proprio all’inizio di quell’epoca si racconta che la nave del Vicerè fece approdo in una famosa cittadina di mare siciliana, importante per il suo porto e per i traffici del commercio marittimo. La cittadina come tutto il territorio di pertinenza era governato da una famiglia di antica nobiltà locale, che anche all’ombra delle varie dominazioni, conservava il diritto di esercitare la “giustizia” ed ovviamente i sopprusi sulla popolazione locale, incurante di quella che fosse la reazione di un potere soprastante ma comunque proveniente da fuori. Si racconta che durante una delle visite di cortesia (chiamiamole pure ispettive ante-litteram) da parte del Vicerè al signore locale, accadde un omicidio e la pertinenza a far giustizia in questo caso passava al tribunale “spagnolo”, il quale per imporre i principi della nuova dominazione, sarebbe stato imparziale e non si sarebbe fermato davanti ad alcun privilegio. Durante le indagini affidate agli uomini del Vicerè, in quei giorni, si scopri che il signore locale continuava ad applicare il “privilegio dello ius primae noctis”. Una giovane donna la notte del suo matrimonio, durante l’esercizio di questo “diritto” signorile era stata violentata ed uccisa dal figlio del “signore locale”. Immaginatevi, cosa significava ciò per la cattolicissima mentalità spagnola. Il Vicerè non volle fare alcuno sconto e per calmare l’insorgere di qualche subbuglio, decise di fare arrestare l’assassino (signorotto locale) e per dare garanzia di giustizia, portarlo con se in nave in Spagna dove avrebbe subito un regolare processo ed una pena certa.
Fu così, che il giorno dell’imbarco, il porticciolo risultò deserto. Nessun facchino a provvedere all’imbarco delle provviste e dell’acqua, nessuno pronto a supportare tutte le necessarie operazioni preliminari per prendere il mare, proprio come una specie di “sciopero ante litteram” ma ancora più subdolo …. Un gioco di forza. Da un lato, il vero e potente potere, il “delegato del Re di Spagna” che dominava il mediterraneo e non solo, dall’altro …. uno storico piccolo potere locale, una sorta di “dirigente” locale, che da anni alle spalle del vero potere, governava il territorio.
Il Vicerè avrebbe potuto chiamare rinforzi ed aiuti, ma come? Nessuno poteva salpare e partire, ed anche se fosse riuscito a scappare a questa sorta di blocco, ci sarebbe voluto tanto tempo! Ed intanto passavano i giorni e senza viveri, la situazione si faceva difficile a bordo. Fu così che il Vicerè ebbe chiara la sensazione che tutto il suo potere che gli veniva dalla Spagna, non sarebbe servito a nulla, poiché praticamente era diventato ostaggio del “signore locale”. Fu così che la voglia sbandierata di fare giustizia per il popolo, lasciò il passo alla necessità di salvare la pelle. Il giovane assassino venne rilasciato e come per incanto il porto si ripopolò, giunsero le provviste, giunse l’acqua potabile e fu così che la nave del Vicerè spagnolo potè riprendere la navigazione verso mete “più tranquille”. Sembra che questo sia stato il più antico episodio di Mafia che si ricordi ………meditate ………. Un abbraccio Epruno.