Carissimi, pensavo a come Jane Austen famosa autrice di libri quali “ragione e sentimento” o “orgoglio e pregiudizio” avrebbe descritto la nostra realtà sociale, se fosse stata viva ai giorni d’oggi e avesse soggiornato a Palermo.
Probabilmente ci avrebbe regalato un altro dei suoi romanzi destinati a divenire di successo, magari dal titolo “orgoglio e dignità”.
Le storie, le fonti e i personaggi non le sarebbero mancati.
In quanto a orgoglio, il così detto “pride”, da queste parti, usando un’espressione quantitativa locale ne avrebbe trovato a “tingnitè” (in quantità smisurata) grazie alla qualità degli abitanti locali d’imparare le cose peggiori da tutte le dominazioni che si sono succedute.
L’orgoglio è palesemente il risultato della lunga dominazione spagnola e insieme a vezzi e atteggiamenti caratteriali barocchi, quali il rispetto, la reverenza, il cedere il passo, il non guardare negli occhi a mo’ di sfida e tante altre cazzate smorfiate come queste, sono stati terreno fertile per reinterpretazioni a “modo nostro” fino a creare anche una “cosa” che fosse “nostra”.
L’Onore, “la parola d’onore”. Un gentiluomo era tale perché rispettava i suoi impegni e la parola data, figuratevi come ciò si possa conciliare con la difficoltà ai giorni nostri di mantenere memoria per più due anni.
Pertanto ti posso dare la mia parola d’onore anche in lingue antiche non più parlate certo che dopo un po’ tu te ne sarai dimenticato (se non fosse per internet che mette a disposizione di tutti, ancora per poco, gli eventi senza che questi subiscano un preliminare filtro da parte della stampa orientata o “privata”).
In questa terra da sempre governata da Viceré ce ne siamo fatti una ragione e siamo sempre andati avanti con la convinzione che “buontempo e maltempo non duran tutto un tempo”! Abbiamo imparato le espressioni di circostanza indossando la fascia nera al braccio e ci siamo fatti trovare sempre pronti per il “nuovo”, “il nuovo che avanza”. Voi mi direte: “Ma questa è dignità?”
Andiamo alla dignità. Quante volte abbiamo utilizzato questo termine per descrivere una modestia rispettosa, un accettabile risultato ottenuto con gli sforzi possibili?
Quante volte abbiamo utilizzato questo termine per descrivere l’ultimo baluardo rimasto a chi non ha nulla e vuole farsi rispettare anche nella sua modestia?
Eppure sovente abbiamo sorriso nel sentire nelle risse espressioni come “si senza dignità”, riferite a chi pur di raggiungere un proprio tornaconto mette da parte la morale, i principi, il decoro, la parola data, la fedeltà, il rispetto e scodinzola.
Col tempo, ci siamo convinti che tutto ciò non ha nulla a che vedere con la condizione sociale o lo status economico. Frequentemente colui al quale diciamo “si senza dignità” non è il poveraccio, ma è chi si è costruito una posizione calpestando tutti e vendendosi finanche la madre (se questa avesse avuto mercato), ad esempio è quella feccia di persona che ti chiede la “bustarella” per mandarti avanti una pratica, non è il barbone disperato che dorme tra i rifiuti, è “quello elegante” innocuo dal quale ti mettono in guardia, nonostante la tua incredulità, dicendoti: “Chi quello? Sapessi …”
Il “senza dignità” spesso è quel genio del male che farebbe girare nella tomba finanche Giovenale. E’ anche quel custode della trasparenza e del rispetto delle regole, quel controllore che nessuno controlla. Costui è più deplorevole di chi chiede il “pizzo”, poiché quest’ultimo appartenendo a un’organizzazione criminale, a un antistato, ha già fatto le sue “scelte” sbagliate e sa di essere un criminale da perseguire, ma almeno non dispensa morale.
Quanti personaggi sui quali scrivere romanzi e pensare che il mio mito da sempre è stato il Colonnello Brandon grande gentiluomo che vive con tanto riserbo i suoi sentimenti, sempre pronto, disponibile e generoso, stando un passo indietro. Con il passare del tempo mi rendo conto che anche quei “colonnelli” si sono estinti e sono stati i “cannavazzi” (stracci per pulire) come John Willoughby a proliferare, perché sono “senza dignità”.
Meglio di no Jane, riposa in pace nella tua epoca e grazie per averci donato istanti di distrazione attraverso i tuoi libri che ci hanno deliziato di futili conversazioni legate alla meteorologia o di vicende di figlie da maritare.

Un abbraccio Epruno.

 
(Articolo pubblicato su www.ilsicilia.it 14/7/2017)