Carissimi

Preparo il fine settimana sistemando carte accumulate nelle scorse settimane sulla mia scrivania.

Trovo il biglietto della colazione, trovo il post-it con il numero di un cellulare non accompagnato dal proprietario che già da subito mi terrorizza, ma sono certo che mi farà impazzire per tutto il fine settimana, nella ricerca mentale di chi possa esserne il padrone, fin quando non deciderò drasticamente di distruggerlo.

Ma mentre faccio ciò, il telefonino sulla scrivania squilla riportando un numero che io non conosco e al quale per tale motivo non rispondo, alimentando il mito che mi accompagna da sempre, cioè “tu non rispondi mai al telefono” che insieme a quello del “tu non ti fai sentire mai” dovrebbe spingermi a provare rossore, vergogne e mortificazione.

Ma scusatemi: “vi ho detto io di inventare il telefonino?” Io ero tranquillo con il duplex appeso in corridoio.

Chi si arroga il diritto di poter contattare chiunque e a qualunque ora? Anche il concetto di telefonino d’ufficio (per chi lo possiede) o personale è completamente scomparso, ormai bisogna difendersi dalle telefonate a qualunque ora e quasi sempre da numeri sconosciuti, come dalle telefonate da numeri anonimi seguiti dal messaggio doppiamente fastidioso: “Ing. Mi scusi l’orario ma le telefono per una cosa di lavoro”.

Ma se lo sai che l’orario non è consono, perché non mi telefoni l’indomani mattina?

Non sono di certo una “escort”, troveresti in quel caso la mia foto-scheda nei siti dedicati e benché le mie giornate lavorative siano piene di frequentazioni di “escort”, uomini e donne che a differenza di quelle signore “operatrici sessuali”, più infimamente svendono la propria dignità e la propria persona per averne vantaggi professionali.

Non sono mica un “pompiere” e non faccio qualunque mestiere che deve intervenire per pronto intervento, o il medico o addirittura il sacerdote, troveresti il suffisso 112, 115. 118 o 999.

Avrei compreso: “Ing. mi scusi l’orario, ma volevo sapere come sta, oggi non l’ho visto in forma”.

Oppure: “Ing. mi scusi l’orario ma le volevo dare una notizia così bella per lei che non me la sono sentito di aspettare domani mattina”.

Dietro una telefonata fuori orario consono c’è sempre una persona invadente che o egoisticamente vuole risolvere il suo problema o qualcuno che crede di togliersi di sotto, con la scusa del “io per sì e per no, te l’ho detto”.

Che bei tempi quando c’erano i telefoni fissi d’ufficio e non esistevano le e-mail, perché c’erano gli orari d’ufficio, per tutti, anche per i liberi professionisti paradossalmente.

Oggi, si deve essere disponibili “h24”, come se ci potesse permettere con un negozio o un ipermercato di poter telefonare dopo l’orario di chiusura e dire “buonasera sono il Sig. Pinco Pallino, scusi l’orario ma ho la necessità di comprare una camicia perché domani devo partire” e sentirsi rispondere dall’altro capo” non c’è alcun problema stavo per sedermi a tavola, ma attenda che scendo ad aprirle il negozio”.

E mi torna in mente sempre la solita domanda: “si lavora per vivere o si vive per lavorare?”

Quanta nostalgia per i primi telefonini dei “bardasci”, con lo scatto alla risposta e per i loro messaggi sintetici, di pochi secondi, del tipo “a po calari a pasta”.

In una terra di grandi imprenditori, uomini d’affare, politici di alto e basso cabotaggio, sempre impegnati in telefonate a volte usate in modo cafone per sottrarsi a saluti, convenevoli o risposte esiste ancora una speranza: il sottoscritto.

Non c’è bisogno di essere un grande pensatore per accorgersi che abbiamo preso una brutta deriva.

La qualità della nostra vita è molto lontana da quella evocata nei miei cromosomi di ceppo normanno e per questo nel fine settimana cerco di ritornare a coltivare anche il piacere, e pertanto mi vedo nei miei sogni, all’uscita da una sauna finlandese, con tutti i pendagli al vento e solo una tovaglia sulle spalle, nel silenzio più profondo, ammirare la visione di un fiordo norvegese e chiedermi: “hai mai provato un bagno in Scandinavia? Prooova!

Un abbraccio, Epruno