Carissimi,
Mi meraviglio nel constatare come oggi siamo diventati tutti esperti di maree.

Ma del resto se è vero che non siamo paese serio e pur vero che siamo il paese dell’inventiva e dei sotterfugi, per cui ci basta guardare un notiziario, vedere qualche foto, sentire qualche discorso ed ecco che oggi diventiamo esperti della qualunque e parliamo, rilasciamo giudizi gratuiti senza conoscere i fatti.

Quel che mi rode e che nel farlo parliamo male degli altri o del loro impegno, perché abbiamo tempo da perdere o perché abbiamo interesse a fare da delatori, o ancor peggio, perché proviamo invidia per costoro non essendo riusciti a realizzarci e la nostra bocca nel frattempo si riempie di quel sapore amarostico come dopo aver masticato dell’indivia.

Io penso che uno dei peggiori difetti che possa presentarsi in un essere umano è l’invidia, quella cosa che porta ad odiare un altro essere umano a volte senza neanche conoscerlo e senza che questi ti abbia mai fatto del male. Provare invidia per qualcuno vuol dire essere seriamente ammalati, soffrire di turbe mentali, covare rabbia, insoddisfazione, insicurezza e proiettare sul prossimo tutti i nostri insuccessi volendo trovare in noi delle giustificazioni.

Crediamo spesso di conoscere il nostro prossimo, sapere tutto di chi ci sta al fianco eppure paradossalmente non sappiamo nulla di chi esso sia, di quali siano i suoi problemi, di come egli sia giunto dove è giunto.

Crediamo spesso che qualunque sorgente luminosa sia frutto di luce propria e di contro non siamo minimamente coscienti di quanta energia abbia avuto bisogno una luce per splendere e di quante difficoltà questa luce abbia dovuto affrontare per poter arrivare a splendere.

Quante volte abbiamo utilizzato l’alibi della fortuna per motivare i successi altrui e i nostri insuccessi?

Non nascondo che ci sia da sempre stato chi ha utilizzato delle scorciatoie, chi abbia approfittato di circostanze e tradimenti per poter ottenere i giusti scranni, ma il più delle volte i risultati raggiunti sono stati soltanto frutto del proprio lavoro, della propria tenacia, della capacità di poter credere in sé stessi, di poter cadere e poi rialzarsi.

La vita va interpretata come una gara atletica di 100m. dove ognuno ha assegnato la propria corsia e dall’istante successivo al via dato dallo starter, deve iniziare a correre il più forte possibile fino al traguardo, senza distrazioni, senza voltarsi a guardare gli altri nelle loro corsie poiché anche la minima distrazione data dal girare gli occhi ad osservare gli altri potrebbe causare la perdita di frazioni di secondo che finirebbero per risultare importanti nell’ottenimento della migliore prestazione.

L’atletica leggere è una bella parafrasi della vita poiché ci si mette in competizione giornalmente con sé stessi, allenandosi a raggiungere la propria migliore prestazione superando il proprio limite.

Il campione che vince una qualunque gara che non da titoli e non migliora il suo record personale spesso è insoddisfatto come chi ha fatto il compitino di routine, di contro il campione che giunge secondo avendo migliorato la sua migliore prestazione è soddisfatto del risultato ottenuto, poiché ha dato il meglio e sa che da quel momento ha uno stimolo in più per migliorarsi, battere il primo (non stare a rosicchiarsi le unghie nell’invidia per chi è giunto primo).

Oggi il cancro fondante di certe realtà è la mediocrità presente nelle camere di comando, poiché la vera rivoluzione sarebbe quella di mettere le persone giuste nei posti di comando giusti.

Quante volte negli ambienti di lavoro si è frutto di delazioni o calunnie infondate da parte di chi per invidia ha sfruttato la vicinanza al potere temporale per danneggiare voi e sopravanzarvi?

Ma ciò non genera meritocrazia, ma alimenta la mediocrità, falsando il gioco con dadi truccati e questo è la colpa principale di una leadership non all’altezza del compito.

Ricordate ognuno è ciò di cui si circonda, se ci si circonda del nulla e se si dà spazio al nulla è perché per primi non si crede nel nostro valore e tutto questo credetemi non potrà durare, si ci vorrà ancora del tempo, ma questo “giorno della marmotta finirà”.

Un abbraccio, Epruno.