Carissimi

Giunti a una età di tutto rispetto, mi sono chiesto: “cosa è cambiato che cosa ho imparato in tutti questi anni?”

La risposta è “assolutamente nulla” se confrontato con la necessità di continuare a imparare e ancora tanto. Questo mi permetterà di pormi ancora obiettivi e mettere tanta curiosità in tutto ciò che devo ancora fare.

La saggezza mi dà la consapevolezza che è stata una vita come quelle di molti, una sequenza di esperienza costellata di tanti errori, poiché mediamente i momenti negativi sono di più di quelli positivi, se non altro poiché sono quelli che si ricordano più facilmente, mentre i momenti belli, vanno centellinati, celebrati e messi sotto cornice a futura memoria e a futuro conforto e ciò senza attendere che sia il grande Shakespeare a dircelo.

Di una cosa però sono certo, qualunque errore io abbia compiuto questo è nato sempre dalla ostinata complicità con il prossimo e dal non voler dir di no, al volere accontentare qualcuno, o alla paura di poter disattendere le aspettative di  chi in quel momento pensavamo fosse una persona per noi importante, una persona sincera, una persona che avrebbe certamente anteposto l’affetto nei nostri confronti davanti al puro profitto.

Ho imparato un’altra cosa, l’importanza dell’agenda specialmente dalle nostre parti e come l’assenza di questa abbia potuto rovinare non solo la propria esistenza ma addirittura quella di intere comunità, grandi e piccole.

Quello che è una necessità, dover mettere banalmente ordine al nostro tempo, prendere degli impegni, memorizzarli e soprattutto rispettarli, è di contro alla nostra latitudine un fattore insignificante, poiché siamo tutti continentali ed efficienti milanesi in teoria ma praticamente siamo una popolazione di “rifardi”, di “afferra _azzi ntall’aria” e qualche peggio a volte anche di spergiuri.

Attribuiamo al contesto, a qualche cosa che arriva sempre dal di fuori, la causa dei nostri insuccessi diventando deleteri per noi stessi e per il prossimo, ostinandoci a non voler stabilire delle priorità, prendendo più impegni di quanti ne possiamo adempiere e non avendo un progetto di vita, finiamo per credere che il nostro vivere alla giornata nella peggiore delle ipotesi danneggi soltanto noi.

La narrazione che il nostro fallimento sia dovuto a fattori esterni, senza considerare che si è sempre causa dei propri mali, ci distrae dalla consapevolezza che non esiste nulla di raggiungibile se questo non è desiderato e costruito con tanto sudore.

E’ inutile dire che non troveremo mai persone che ci stendano i tappeti rossi davanti i nostri piedi per poter raggiungere in maniera agevole questi nostri risultati, anzi più noi siamo seri, più noi abbiamo un progetto e più diventiamo il nemico numero uno per chi vuole fare della mediocrità il proprio metro di vita.

Ma dove sta scritto che se gli altri sono tutti delinquenti (e loro successo e fonte di ammirazione), se tutti sono mediocri intorno a noi e mantengono le loro posizioni in società, se tutti sono cretini ai nostri occhi, noi si debba diventare delinquenti, mediocri e cretini per vivere?

Si può dire di no, ci si può alzare dal tavolo di gioco quando ancora la perdita è gestibile, si possono cambiare amori, compagnie, squadre, interessi se tutti questi non sono più sani e naturali, si può avere carattere afferrare il pallone con le mani e cominciare a correre inseguito da tutti e alla fine, fare la storia, inventando il “rugby”.

State certi che il baraccone andrà avanti anche senza di noi poiché c’è sempre un nuovo disperato pronto a concedere uno sconto di pochi centesimi pur di accollarsi l’immondizia che stiamo gettando, ma volete mettere la soddisfazione di potersi gustare in serenità su una sdraio un cocktail e guardare liberi un bellissimo tramonto dalle striature rosse.

Un abbraccio, Epruno