La prima rappresentazione fu un fiasco terribile.
Il Teatro La Fenice di Venezia venne giù dai fischi, chi lo sa, fu per il cast di basso profilo o u per aver sollevato un tema scabroso per l’epoca.
Il pubblico era abituato a sentire parlare di drammi di grassi re morti da secoli, ma mai si sarebbe aspettato di vedere in scena una vicenda del vissuto dei giorni loro dove un figlio dell’alta borghesia si innamora in un amore osteggiato, di una donna perduta, una meretrice.
Ma che colpa ne aveva Francesco Maria Piave, il suo libretto non era originale ma era addirittura tratto dalla “signora delle camelie” di Alexandre Dumas (figlio) eppure Parigi era ancora molto lontana da Venezia.
E il povero Peppino ne dovette fare di bile visto che anche nei teatri di Firenze, Bologna, Parma, Napoli e Roma, l’opera per sfuggire alla censura, dovette essere spostata finanche nell’ambientazione cronologica dal XIX al XVIII secolo.
Ma quando l’anno successivo a Venezia al Teatro San Benedetto venne ripresa e rielaborata e soprattutto con interpreti più validi, e diretta dallo stesso compositore, finalmente riscosse il meritato successo.
Da quel momento, quell’opera stroncata alla sua prima del 6 marzo 1853 è la più rappresentata e non vi è giorno dell’anno in cui almeno in un teatro al mondo si canti “amami Alfredo”.
(Scritto e Letto nel 4° Episodio di Status Donne – Su CTS – Format di Paola Carella)