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Sig. Ministro, intanto buongiorno, mi permetto di poter discutere liberamente con Lei perché quando si interviene in un campo dove ho una certa competenza, mi prendo di coraggio ad affrontare un argomento dialettico anche con chi gestisce il potere pur non avendo io alcun potere se non quello della parola.

Quale è il mio campo, Lei mi chiederà?

La Pubblica Amministrazione, visto che da 25 anni ricopro il ruolo, in una Amministrazione Comunale, di Ingegnere?

No, qui da queste colonne del blog di un giornale libero, scrivo di satira e di costume e cerco quanto meno di dare la possibilità ai miei 24 lettori, di trovare gli spunti nel fine settimana per sorridere cinque minuti, affinché questo esercizio fisico non atrofizzi i propri muscoli facciali.

Ma quando si viene nel mio campo a giocare, auspico che si seguano le stesse regole.

Mi sono permesso di dedicare a Lei questa riflessione, perché seguendola da tempo, mi sono lasciato prendere dal suo modo didattico ed entusiastico di illustrare le sue posizioni.

Sono cresciuto in quella generazione nella quale ogni governo doveva affrontare la questione meridionale, per fortuna da qualche anno non si parla più di dover risolvere la questione meridionale e non perché questa sia stata risolta, ma perché non se ne parla più, non se ne deve parlare più, tipico elemento distintivo di una politica che se non è in grado di risolvere un problema, si convince e convince il prossimo che questo non esista.

Adesso è l’ora della generazione della “riforma della Pubblica Amministrazione e qui devo ammettere che voi politici siete più bravi di me nello scrivere le battute, sono portato ad arrendermi davanti a tanta ironia e non mi lascio prendere dall’ilarità perché nel mio doppio ruolo ho vissuto e vivo la tristezza nella quale la cattiva politica ha ridotto la cosa pubblica.

Mio caro Ministro, a meno che (e non penso) mi voglia prendere per i fondelli, non ci sono formule matematiche bastevoli se non si scende dentro il problema, prima vivendolo, poi analizzandolo. Dopo ciò, se si ha un po’ di modestia e meno supponenza, si ammetterà con onesta che la parola “meritocrazia” non si addice ad un comparto da sempre si è scambiato per “ammortizzatore sociale”.

Lo stare ancora appresso ai furbetti identificandoli come il problema dell’inefficienza, distraendosi dai furboni che hanno farcito la “cosa pubblica” con principi clientelari e soggetti tolti in qualche modo dalla strada senza ne arte ne parte, è già il primo problema di una macchina sgangherata e spesso sconosciuta.

Per affrontare seriamente un problema del genere bisognerebbe iniziare dallo stoppare in modo “adiabatico” il contenitore pubblico attendendo (purtroppo) quindici anni prima che tutto l’effetto negativo degli ammortizzatori sociali usati male, si esaurisca con i pensionamenti di tutti i soggetti che presi senza alcun concorso pubblico, per sopperire ad emergenze straordinarie di pochi mesi, hanno finito per diventare soggetti a tempo indeterminato in piante organiche spesso inesistenti.

Non siamo ipocriti e ammettiamo che si vuole continuare a pretendere il funzionamento e la produttività da una parte dell’organizzazione chiudendo gli occhi su una parte parimenti cospicua che si è trovata al momento giusto, al posto giusta e con il santo giusto usufruendo di opportunità straordinarie poi bloccate per chi veniva dopo in quanto non c’era una legge speciale a supportarle.

Non siamo un paese serio”, lo dico sempre e a poco servono i concorsi interni quando avete tutti gli strumenti per truccarli (e spesso lo si fa). Gli orchestrali delle grandi orchestre affrontano periodici esami per testimoniare di essere ancora all’altezza del ruolo.

Poi accade una guerra di dimensioni planetarie come quella pandemica che stiamo vivendo e tutti si accorgono che la pubblica amministrazione e colei che gestisce la struttura della nostra vita, i servizi e non quelli “concessi” ma quelli che di diritto meritiamo.

Che la pubblica amministrazione è pubblica sicurezza, pubblico soccorso, sanità pubblica e tutto ciò dove l’aggettivo “pubblico” è presente; che pubblica amministrazione è una cosa seria e non soltanto burocrazia, non soltanto moduli da compilare tanto dannosi quanto i furbetti; che pubblica amministrazione è governo dei servizi per la collettività, sono anche e soprattutto quelle file oggi a tutti note da organizzare per vaccinarsi e quei soggetti sanitari che si ritrovano le piaghe nella faccia, causa mascherine, per prestare servizi stressanti, senza strumentazioni adeguate, senza soddisfazioni ancor prima che economiche, morali.

Ed allora caro Ministro, faccio appello alla sua ironia, qui la gente non è più seccata, ma è scoraggiata e “cambia canale”, quindi prima di raccontarci la storiella delle giovani energie selezionate tra le migliori intelligenze, prima di demotivare ancora quella percentuale minoritaria che continua a prestare servizio con “eroismo”, dia una bella sforbiciata, affronti quel costoso ed inutile castello messo su per il controllo e non per monitorare, ma per giustificare posti di lavoro (ammortizzatore sociale e clientelare), decapiti e giunga alla “testa dell’acqua”, meno “cervelloni” e più operai, il “pesce puzza dalla testa”. Se si gira a vuoto c’è un autista che spesso non sa dove andare o un “conduttore” che non è all’altezza del suo dovere!

Se non fa ciò sa che fine faranno tutte quelle “giovani brillanti energie” che intende reclutare? Finirebbero in un paio di anni per esser masticati e deglutiti da quel grosso organismo pieno di metastasi che oggi è la Pubblica Amministrazione e noi finiremmo per avere quale trofeo per la riforma lo smutandato custode sorpreso mentre passa più cartellini.

Un Abbraccio Epruno