Carissimi
E’ una mia impressione che grazie a questo confinamento forzato dovuto all’emergenza Covid 19 ci siamo interiormente migliorati? Alcuni ci siamo riusciti recuperando, nei tempi morti di giornate forzatamente impegnate da “lavori agili” o “risistemazioni durante la chiusura di attività”, le belle cose che ci eravamo perse per strada.
Chi di voi non ha notato la riscoperta (mediamente) di almeno 2 ore al giorno, in genere dedicata ad incolonnamenti nel traffico per giungere e tornare dal posto di lavoro e cercare parcheggio?
Bene, provate a moltiplicare 2 ore per due mesi e scopriremo di aver vissuto in questa “fase 1” circa 120 ore riguadagnate, come se avessimo acquisito 5 giorni di vita in più che oggi magari non apprezziamo, ma immaginate se il vostro ultimo giorno di presenza in questo mondo, scopriste che per un fatale errore vi è stato attribuito un bonus straordinario che la sorte vi regala da spendere per riprendere, completare o far nascere in extremis nuove passioni.
Personalmente le mie giornate mi sono sembrate più lunghe e ho ripreso a sistemare e completare tutto quanto lasciato sul tavolo nell’attesa del “poi lo faccio!
Ho vissuto la fobia del sistemare tutto, di iniziare a “sfardare” le carte inutili che riempiono i ns. cassetti, di ricordarsi di sapere suonare la chitarra, di spolverare la propria tastiera, quella con il tasto rotto e poi ho riguadagnato la voglia di movimento.
” Quell’agognata aspirazione ad una migliore qualità della vita” collettiva, l’ho letta anche nei discorsi di tutti i grandi pensatori che hanno approfittato di quel primo momento in cui la politica investita in pieno da un TIR a tutta velocità, ha scelto il silenzio, non capendo, non essendo altezza di ciò che intorno a noi stava accadendo, lasciando la ribalta a gente “cu un cirivieddru”.
Ora una cosa è certa, chi come me ha rispettato le consegne lavorando da casa, lavorando il doppio da casa (visto l’utilizzo di questo futuribile, per le P.A., strumento di lavoro in remoto), si è reso conto di quanto questo sia bellissimo nei film di fantascienza, ma si è reso anche conto che questa forzata e anticipata messo in atto in tutte le amministrazioni dello stato, abbia dovuto affrontare oltre alle difficoltà tecniche e di protocolli di gestione, anche la diffidenza dell’alta burocrazia sempre pavida delle conseguenze di future espressioni della Corte dei Conti, anche quando i provvedimenti governativi parlano chiaro. Non avevo dubbi essendo stato un formatore dell’informatizzazione negli anni 80 di tutte le ricevitorie del totocalcio e ricordo anche alcuni direttori ripetermi: “non funzionerà mai!” Il mondo è la storia sono pieni di “grandi uomini ai vertici con grande lungimiranza”.
Quindi come al solito il lavoro che da sempre ha la sua dignità, sia esso analogico e cartaceo o informatizzato e in remoto, trova come ostacolo i vertici e non gli operatori. Ancora oggi l’importantissima macchina dello stato, prima avanguardia della collettività davanti ad eventi di questa portata, gestita da una classe dirigente non all’altezza e spesso ancora borbonica e rimasta “flesciata”.
Questa “cosa pubblica” da sempre farcita per clientelismo politico di un sacco di soggetti “non necessari” o inseriti nella qualifica sbagliata, in piante organiche sbagliate si è sbracciata grazie, come sempre, alla restante parte capace di soggetti, sotto qualificata, sotto pagata e in grande minoranza che come sempre ha dovuto lavorare per sé e per i “sottoutilizzati”.
Mi direte: “vuoi stimolare una ennesima guerra tra poveri?”
Rispondo “assolutamente NO”. Credo ancora nell’importanza dello stato e lo stiamo vedendo in questi momenti in cui a salvarci sono stati i “soldatini” quelli fortemente volenterosi e con stipendi da fame. Credo che debba esser fatto ancora molto per giungere ad uno standard qualitativo di servizi che accontenti “coloro che pagano regolarmente le tasse”. Credo che le opportunità dateci dai pensionamenti per la legge Fornero e aimè per la fuga di certe professionalità, avrebbe dovuto spingerci a serrare le fila con tutti coloro che sono rimasti.
Credo nel futuro del telelavoro, nella sua efficienza e nelle sue enormi economie che di conseguenza creerà, ma prima di questo le amministrazioni dovranno darsi obiettivi seri e raggiungibili. Il telelavoro si basa sull’informatica e non sull’infarcire i procedimenti di burocrazia e di circolare e l’informatica si basa sul concetto semplice di “1 o 0”, quindi “acceso o spento”, logiche semplici e monitorabili (seriamente e senza giudici che attribuiscano falsi meriti agli “amici degli amici”). Ricordate che con questo concetto semplice abbiamo portato una sonda su Marte dalla quale abbiamo ricevuto delle foto e informazioni.
Oggi la “fase 1” è superata (forse), la “fase 2” è iniziata con sprazzi di indisciplina, ma temo che ci risveglieremo a poco a poco da questo terribile incubo riscoprendo “la normalità”, quella legata ad un mondo (in molte cose) sbagliato, e temo che prenderemo consapevolezza che non erano le idee a mancare e forse neanche i soldi.
Tutti i sognatori come me che si sono spesi in affermazioni del tipo “il mondo da questa esperienza non può che cambiare” e che nella nostra grande ingenuità abbiamo pensato che il mondo potesse cambiare a seguito di questo stop, perché si sarebbero potuti resettare gli errori, non vorrei rimanessero delusi.
Non vorrei che malgrado questa opportunità che ci lasceremo alle spalle, il mondo non appena le ammaccature dovute al TIR verranno “aggiustate”, continuasse come prima.
Un abbraccio, Epruno