Carissimi, emozionatomi come sempre in una settimana come questa ho avuto modo di tornare a riflettere sulla necessità di conservare la memoria degli eventi e delle persone.
Non nascondo che come ogni anno, di getto in quegli istanti, ho scritto qualcosa che non potrò pubblicare poiché frutto di forti emozioni riproponendomi come sempre di utilizzare questi testi in occasioni in cui, spenti i riflettori e le passerelle, si potrà raccontare e sensibilizzare senza il rischio che qualcuno veda dietro ciò ricerca di visibilità.
Personalmente sono convinto che gli “attori in senso lato” venuti da fuori, seppur onestamente contriti, potranno tentare di immaginare, ma non potranno mai vivere tali emozioni con il fuoco della sicilianità (positivo o negativo) di chi in questa terra c’è cresciuto e ci vive.
Come affermava al giornalista il “venditore di pipittoni del Giuliano di Rosi”: “ma lei da dove viene? Allora che ne può capire?”
Non voglio essere così rigoroso con costoro, ma pur concordando con il Foscolo e i suoi cipressi, devo ammettere che è nella natura umana, di certa umanità, il perdere la memoria di alcuni fatti per andare avanti.
Chiariamoci, non parlo delle stragi o delle nefandezze della storia, queste per fortuna le si tramanda di padre in figlio e poco potrà l’intervento dei media nel condizionarne il ricordo nell’epoca del web.
Parlo di ciò diciamo, di ciò che sentiamo, delle esperienze vissute.
Non pretendo che si sia tutti danteschi nel mantenere coerenti posizioni ma è giusto che in quella sorta di “curriculum soppiantato dalle partite di calcetto” resti traccia della storia delle persone, senza necessariamente attendere i mielosi “coccodrilli” all’atto della nostra dipartita.
Certo sarebbe bello un mondo in cui imperi la coerenza, in cui esistano le bandiere, in cui è la ricerca dell’affermazione dell’identità ad avere il sopravvento e non la ricerca del sopravvento a dettare l’identità.
Dopo la geografia, ci siamo giocati anche la storia e non siamo più in grado di distinguere una bandiera da una “pezza tergi polvere”, volete che in tutto ciò si possa mantenere la memoria di una coerenza umana?
Ciò che preoccupa è il rapporto con la “verità”, non quella assoluta, ma quella che ognuno si scrive per darsi ragione e se è vero che la “storia” la scrivono i vincitori è altrettanto vero che la storia con la “s” minuscola, verità contingente, non può essere scritta dal vincitore del momento prendendo a riferimento a un breve lasso temporaneo.
Oggi non c’è bisogno di tenere i mitici armadi metallici chiusi a chiave con i dossier per poter dire: “Buono a sapersi”.
Oggi basta digitare su un motore di ricerca il nome e cognome di un individuo e dopo una semplice precauzionale scrematura delle fonti attendili, tirare fuori dal web foto, filmati, notizie, dichiarazioni e quant’altro e qualora non doveste trovare nulla allora sarebbe ancora più preoccupante.
Quindi come si può artefare la cronaca, come si possono ricostruire verginità senza il rischio di sottoporsi al pubblico ludibrio?
Basta un filmato dalle teche di youtube per sconfessarci e allora comprenderemo quanto è triste la natura umana e ci ricorderemo del difficile “mestiere del campare” e arriveremo a giustificare e guardare con simpatia l’attempata meretrice che di notte nel centro città, qualunque sia il clima, cambia il suo look e il colore delle sue parrucche per apparire una appetibile novità, appena giunta in città.
Pertanto fortunati coloro che al mercato dotati di memoria potranno dire al loro “ex-mulo”: “Bastiano fatti accattare da chi nun ti canusci!”
Un abbraccio, Epruno.

(Pubblicato il 26/5/2017 su www.ilsicilia.it)