egli ovunque è passato,
tutto ha sentito.
Sembrerebbe quasi un grande eufemismo parlando di Ludwig Van Beethoven.
Egli ovunque è passato, non solo musicalmente, ma ahimè anche materialmente. Una persona normale affronta mediamente tre traslochi nella propria vita, Beethoven nella sola Vienna in 35 anni di soggiorno, dal 1792 al 1827, anno della sua morte, effettuerà non 5 traslochi, non 10 traslochi, voi penserete a questo punto 50 ed io vi dico no, soltanto 65 e secondo alcuni storiografi, anche se non è provato, si parla di almeno 80 case.
Cercare casa per il Beethoven, non sarà stata cosa semplice se si mette insieme il cocktail esplosivo di un carattere difficile, un pianoforte da trasportare, la voglia di restare lontano dallo sguardo dei curiosi e padroni o vicini di casa non sempre avvezzi e ben educati all’amore per la musica classica e pensate quanto potesse esser diventato difficile ma mano che la perdita dell’udito progrediva.
Tuttavia, saltando di casa in casa ha prodotto incomparabili sonate, concerti, marce e sinfonie.
Vienna dovrebbe essere pregna della presenza di Beethoven, ma tuttavia non sono molte le strutture rimaste ai giorni d’oggi. Il Ludwig Van, passerà dai luoghi più disperati grazie ad amici benefattori, ma di tre persone voglio parlare per farvi capire che carattere avesse Beethoven.
Pasqualati era un “bravo cristiano” se è vero come è vero che sarà il suo padrone di casa più duraturo e che gli rimarrà legato fino alla morte del compositore.
Difatti, facoltoso mecenate delle arti di Vienna, il barone Johann Pasqualati ereditò un bel palazzo di quattro piani sul Mölker bastei, che ancora oggi si affaccia sui bastioni a ridosso dell’attuale Ring a ovest e nord-ovest della città.
Ma come avviene la loro conoscenza? Nell’autunno del 1804 – un anno pieno che aveva visto Beethoven lasciare il suo alloggio nel “Theater an der Wien” dopo che il suo contratto era stato risolto, conosciuto dal compositore per la prima volta nel 1803 quando era sotto la direzione di Emanuel Schikaneder, colui che scrisse il libretto per Mozart del “Flauto Magico”, e diresse la sua prima performance oltre a ricoprire il ruolo di Papageno, chi ha visto il film AMADEUS, avrà identificato di chi stiamo parlando.
Beethoven condivise un appartamento nell’edificio del teatro insieme a suo fratello Carl, qui avviene la prima esecuzione la Seconda Sinfonia, il Terzo Concerto per pianoforte.
Quando nel 1804 il teatro viene acquistato dal direttore del Teatro della Corte, il barone Peter von Braun che con Beethoven aveva un rapporto burrascoso, approfittando della scadenza del contratto, Ludwig Van, viene anche buttato fuori casa.
Beethoven frequentemente continuerà a tenere concerti presso il Theater an der Wien, preferendolo per la sua atmosfera informale. Qui avverrà anche la prima esibizione della Terza Sinfonia “L’Eroica”.
Cacciato dal teatro, si trasferirà con il suo amico Stephan von Breuning, in una nuova residenza, ma per un breve periodo conclusosi quando i due ebbero un grave disaccordo.
Fu così che Ferdinand Ries, giovane amico e assistente di Beethoven, gli trovò un appartamento al piano superiore della casa di proprietà di Barone Pasqualati.
Esso consisteva di due camere con splendida vista sulla Glacis al Bosco Viennese.
Ma ne doveva avere pazienza il nuovo padrone di casa, visto che un giorno, senza chiedere il permesso del Barone Pasqualati, e con grande disappunto degli altri inquilini del palazzo, per permettersi la vista sui giardini del Prater a est, Beethoven decise di aprirsi una finestra nella parete est. Altro che comunicazione all’edilizia privata.
Quando Pasqualati gli rivolse un reclamo, in realtà mite, Beethoven rispose che il barone avrebbe dovuto essergli grato per le migliorie da lui apportate all’appartamento!
Beethoven rimase affittuario dell’appartamento a partire dall’autunno 1804 fino alla primavera del 1815, con due sole pause dall’autunno 1808 alla fine del 1810, e dal febbraio al giugno 1814. In quell’occasione Beethoven chiese a Pasqualati di tenere l’appartamento a disposizione per lui anche quando lui non c’era, cosa che il Barone fece ben volentieri.
Beethoven in modo spriggiuso si divertiva a constatre il disagio che le quattro rampe ripide di scala, apportavano ad alcuni dei suoi visitatori, soprattutto al violinista Ignaz Schuppanzigh in evidente sovrappeso, il quale giungeva alla meta, come suol dirsi con “la lingua a fascia collo”. Chi di voi ha avuto modo di visitare la “Pasqualati House” non potrà che solidarizzare con Schuppanzigh!
Beethoven incontrò Ignaz Schuppanzigh (1776-1830) subito dopo il suo arrivo a Vienna, nei locali dell’Hotel zum Weissen Schwan dove Beethoven era d’uso la sera alle sette bere del vino rosso, con gli amici della piccola comunità espatriata dalla Germania. I due rimasero amici e stretti collaboratori musicali per il resto della vita di Beethoven. Schuppanzigh era un violinista famoso e leader del Quartetto del Principe Lichnowsky. Nel 1808 fu ingaggiato dal Conte Razumovsky come leader di un quartetto stabile nel palazzo del conte. Il quartetto fu sciolto otto anni più tardi dopo l’incendio che distrusse il palazzo.
Schuppanzigh fu regolarmente il primo a suonare ogni nuova composizione per violino di Beethoven, ed è stato primo violino nelle prime esecuzioni degli ultimi Quartetti (eccezion fatta per l’Op. 131).
Fu anche direttore d’orchestra per la prima esecuzione della Nona Sinfonia al Teatro Kärntnertor il 7 maggio 1824.
Schuppanzigh era enormemente grasso, e passava il tempo, come accennato, regolarmente a lamentarsi di dover salire quattro piani a piedi dell’appartamenti di Beethoven nel Pasqualatihaus. Beethoven prendeva in giro la grassezza di Schuppanzigh, fino a comporre un pezzo per celebrare “l’Elogio della Grassezza” (di Dickens) (WoO 100), per pieno corale e tre voci soliste maschili, la prima linea di cui è “Schuppanzigh ist ein grumo” “[Schuppanzigh è un falso].
Beethoven compose anche un canone breve, WoO 184, per festeggiare il ritorno Schuppanzigh dopo sette anni trascorsi a St Petersburg nel 1823, e lo chiamò scherzosamente Sir John Falstaff.
Ma torniamo alla Pasqualatihaus, dove Beethoven compose molte delle sue opere più importanti, tra le quali la Quarta, Quinta e la Settima Sinfonia, Fidelio, Quarto Concerto per pianoforte, Concerto per violino, archi e Quartetti op. 59 (Razumovsky) e op. 95 ‘Serioso’.
L’appartamento è stato conservato nel suo stato ed è oggi un museo di Beethoven.
Esso contiene numerosi reperti e oggetti personali di Beethoven, tra cui trombe auricolari, un dispenser per il sale ed il pepe, e una ciocca dei suoi capelli.
La stessa porta verde che era stata la porta dell’appartamento di Schwarzspanierhaus, sua ultima dimora, durante la malattia finale di Beethoven è custodita lì, e sul muro accanto è appesa una copia del dipinto, per lui molto prezioso, del nonno di Beethoven. (L’originale è nel Historisches Museum der Stadt Wien.)
Nel 1814 Beethoven compose un’elegia (op. 118) per il terzo anniversario della morte di Eleonora la moglie Pasqualati, e nel 1815 lo presentò con un canone (WoO 165) come un dono per il nuovo anno.
Durante la malattia finale di Beethoven Pasqualati gli inviò diversi doni da mangiare, per il quale Beethoven gli fu molto grato.
Ma andiamo ad un’altra importante residenza alla quale Beethoven giunse nell’aprile 1802 ascoltando il medico Johann Schmidt, che all’insorgere dei primi sintomi della sordità gli prescrisse un soggiorno lontano dal caldo e dal rumore della città trascorrendo l’estate nella tranquilla zona di Heiligenstadt, fuori città per permettere al suo udito di riprendersi sicuramente dal blocco temporaneo che lo interessava.
Beethoven aveva 31 anni quando scrisse il testamento di Heiligenstadt, ispirato al termine del suo prolungato soggiorno estivo nel villaggio, soggiornando in una casa sulla Herrengasse, oggi la Probusgasse, di proprietà di un certo Binder Mathias, costruita attorno a un piccolo cortile con un tiglio al centro, due stanze e una piccola cucina sul retro della casa, che si affaccia sul giardino, li completò la Seconda Sinfonia e compose le “Variazioni Prometeo”.
Dal 1808 Beethoven trascorre quindi altre due estati a Heiligenstadt, soggiornando in una casa nel Grinzingerstrasse, con le stanze del primo piano prospicienti sulla strada, mentre nei locali sul retro confinava con la casa del giovane Franz Grillparzer, che li abitava con la madre e il fratello e che diverrà il drammaturgo più famoso d’Austria oltre che amico del compositore tanto da scrivere l’elogio funebre di Beethoven in occasione della sepoltura.
Beethoven non digeriva la figura della madre, la Frau Grillparzer, la giudicava invadente ed attentatrice della sua privacy, tanto che si racconta che in una occasione Beethoven spalancò la porta e scopri la Frau seduta felice sul pianerottolo esterno che ascoltava senza farsi vedere Beethoven che suonava il pianoforte. Il Ludwig Van si arrabbiò a tal punto che si rifiutò di continuare a suonare ancora, e minacciò persino di bloccare la porta che dava sul pianerottolo, nonostante la Frau prometteva a Beethoven di non disturbarlo. Durante questo soggiorno Beethoven compose la Sinfonia Pastorale.
Beethoven morì il 26 Marzo 1827 dopo una lunga e dolorosa malattia. Tre giorni dopo la sua bara venne, portata in corteo funebre per le strade di Vienna, davanti a una folla di 20.000 persone al cimitero del villaggio di Währing, a ovest di Vienna, dove l’attore Heinrich Anschütz, lesse, attraverso i cancelli del cimitero, per rispetto ad una assurda ordinanza, l’orazione funebre composta da Franz Grillparzer, si quello della madre scassa cazzi:
“Dal tubare della colomba allo scrosciare della tempesta,
dall’impiego sottile dei sagaci artifici al tremendo limite in cui la cultura si perde nel tumultuante caos della natura,
egli ovunque è passato,
tutto ha sentito.
Chi verrà dopo di lui non continuerà,
dovrà ricominciare, perché questo precursore ha condotto l’opera sua fino agli estremi confini dell’arte”.
(Franz Grillparzer, orazione funebre, 29 marzo 1827)
L’eterno riposo è riposo per tutti, ma non per Beethoven, che trovò il modo di traslocare anche da morto, difatti il 13 ottobre 1863 il corpo di Beethoven e quello di Schubert, sepolto vicino per espressa volontà un anno dopo la morte di Ludwig Van, vennero riesumati, i loro scheletri esaminati e seppellito in una bara di rame in nuove tombe adiacenti. Finisce qui direste voi, e no, nel 1888, dopo che si decise di chiudere il cimitero Währinger, i corpi di Beethoven e Schubert furono nuovamente riesumati e il 22 giugno e seppelliti, vicini nel nuovo, all’ora cimitero Zentralfriedhof, (1874) il principale cimitero a sud-est della città, dove si trovano oggi. I viennesi riferendosi a questo grande cimitero pieno di tombe monumentali di grandi personaggi storici, affermano con ironia che esso è grande quanto la metà delle dimensioni di Berna, ma due volte più divertente.