Chi si può definire saggio? Soltanto chi ne ha visto di tutti i colori dopo una vita e dispensa consigli ai più giovani!
Purtroppo da qualche anno la parola “saggio”, in un’epoca nella quale sembra esserci poca saggezza in giro, è ricordata maggiormente nell’utilizzo che se ne fa per definire un appuntamento al quale viene dedicata tanta attenzione.
Il “saggio di fine anno”!
Qualunque classe scolastica, qualunque accademia organizza il saggio di fine anno con “imponenti produzioni artistiche” messe in piedi dagli insegnati per improbabili “micro-artisti” lanciati sulla ribalta come scimmiette ammaestrate.
Importiamo tutto dal mondo anglosassone fuorché la cultura!
Stiamo crescendo una generazione di “artisti” e “veline” che sconosceranno l’uso dell’italiano o che non sapranno farsi i conti mnemonicamente, ma sapranno posizionarsi bene davanti una telecamera.
Ci lamentiamo che negli anni la preparazione di base dei nostri ragazzi è diventata sempre più carente. Diversi progetti di riforma scolastica hanno spesso avuto come ambizione la razionalizzazione della forza lavoro più che la preparazione degli allievi e se la scuola piange, l’università non ride.
Si sono moltiplicate le cattedre ed i corsi universitari, si è creato un sistema che comunque rimandi la responsabilità di stabilire se lo studente è preparato al livello successivo.
Mi direte: “Sono momenti in cui l’infante studente si esprime e socializza.”
Ciò non farebbe una grinza se il nostro sistema scolastico prevedesse il tempo pieno, come nei paesi su citati, nei quali oltre la fase di apprendimento nozionistico vi è un percorso di approfondimento, negli orari post scolastici, nel quale lo studente segue le proprie versatilità sportive, artistiche e culturali.
Accettiamo questi saggi, divenuti terrore dei padri di famiglia costretti a dire durante importanti riunioni: “Scusate, debbo andare, c’è il saggio di mio figlio!”
Vogliamo rischiare di lasciare quel povero innocente, a cercare con lo sguardo in sala un genitore distratto che non ha calendarizzato la recita del figlio?
Vogliamo continuare a mettere a repentaglio le madri che organizzata la copertura con il tempo occorso per la preparazione di succulenti pranzi, grazie alla complicità dei reparti gastronomia degli ipermercati, avrebbero potuto, posteggiato il bimbo a scuola, riservarsi il tempo per il pilates o l’amante ?
Così facendo alimenteremo la “letteratura” per film nei quali famiglie si sfasciano per un genitore giunto in ritardo ad un saggio e bambini diventati grandi, per il trauma subito, non troveranno altra alternativa che drogarsi!
“Continuiamo così, facciamoci del male!” Ma una bella interrogazione di fine anno, come ai vecchi tempi, non avrebbe fatto meno danni?