Carissimi

Ma come va? Tutto bene?

Tutto…. boh!

Ho cominciato questo mio anno cercando di mettere ordine tra le varie attività iniziando anche a fare un invernale potatura di tutto ciò che potesse essere di ostaggio o di abbrutimento per quella che è la mia sola ambizione, la adorazione del bello e quindi poter essere pronto in primavera per una rifioritura.

La città, come spesso capita, ha preso la sua strada, si è data un nuovo indirizzo e sta procedendo alla rivalutazione di alcuni miti e personaggi storici, così come si fa con le auto d’epoca, quindi personaggi ancora in vita dimenticati dalla storia e ritornati in auge in questa ventata di innovazione del passato che oggi si regge in tutta la manifestazione e la ricerca del vintage.

Saranno i santi come sempre a dare una mano d’aiuto a questa umile locale umanità.

Solo in questo momento, dopo averlo tanto osteggiato e detestato, sto rivalutando il Gattopardo e ho capito l’importanza di una persona autorevole che affermava che era “necessario cambiare qualcosa affinché tutto rimanesse come prima”.

Quella frase da sempre odiata, perché sintomo della mancanza di speranza per qualunque futuro, pensata come strumento subdolo di un nobile signore che aveva il porco dentro e che elargiva consigli e perle di saggezza per scoraggiare il prossimo.

Proprio durante questo tramonto in cui la gente per darsi una speranza si riunisce in piccoli branchi e si chiude in circoli è una straordinaria “visione”.

Ho capito (pur non accettandola) la necessità di mantenere la posizione, di difendere e curare ciò che fosse presente e allora ho capito che il Gattopardo con questa affermazione, già in epoca garibaldina, avesse di fatto creato “il concetto di manutenzione ordinaria” che oggi sta alla base dalla custodia del nostro patrimonio immobiliare.

Senza piccoli interventi non avremmo avuto un effettivo reale cambiamento, e allora perché ricorrere al nuovo quando distribuendo oculatamente agli “amici” le risorse avremmo potuto garantire la vita dell’usato sicuro nascosto dietro un “ritorno al futuro?

Che cosa è il bello, che cosa è il buono, che cosa è il giusto oggi diventano sempre più concetti soggettivi che cozzano con la mia sensibilità costruitasi nella cultura dell’estetica, nell’adorazione del bello assoluto e anche quando per alcuni casi non ero nelle possibilità di possederlo sarei rimasto in contemplazione.

Oggi soffro? No, sono per la libertà del pensiero a patto che questo ci sia poiché è l’emulazione e lo scimmiottamento che mi fanno paura o addirittura sorridere, per esempio se ho un “leader” che da sempre ha l’abitudine di tenere il mezzo sigaro spento tra le mani o tra le labbra, mi fanno sorridere i tanti emuli che per identificarsi con lui, adottano lo stesso vezzo.

Ogni individuo è una cosa “unica” e frutto di una costruzione che si chiama “crescita” e l’ostentazione di una personalità è la risultante di “carattere” e questo non se lo possono permettere tutti, specialmente i cortigiani, ma gli artisti si, anche con il rischio di passare per incompresi.

Cosa è “cultura”, parola ostentata ad oltranza di questi tempi? È forse bisogno di visibilità, è creatività o custodia enciclopedica di nozioni?

Vedete non è semplice. Se un comico mi copia Totò come massima espressione della sua arte, se un musicista vive facendo le “cover” di mitici gruppi e personaggi musicali, io mi fermerò, qualora il prodotto è buono, a dirgli “bravi”, ma non è la loro memoria che porterò con me e tramanderò nel futuro, ma quella di “Toto e degli importanti personaggi musicali emulati”.

Continuando ad emulare, anche in modo eccelso, si terminerà per fare la stessa fine dei “sosia” che credetemi a parte casi rari, ufficiali e riconosciuti quali controfigure (e questo è un mestiere) , mi danno tanta tristezza.

Per me che non ho mai fatto due cose uguali, neanche le repliche di operazioni consuete, per non creare negli altri il concetto di abitudine nell’approccio con il sottoscritto, per me che ho sempre spinto al massimo l’esercizio della creatività anche nelle cose ordinarie, anche nel fare la spesa settimanale, inizio ad aver paura che ci stiamo abituando troppo ai “cloni”, gli “emuli” e i “sosia” in attesa che nascano i nuovi geni.

Oggi siamo al tramonto di una società e ci siamo abituati alle ombre lunghe dei nani e io credetemi, non mi diverto più, ho anche paura a scrivere per non lasciare testimonianza di questi tempi e di questa gente e spero solo che anche quando esaurita la “campata del non dimenticare” e quando i “cunta storie finiranno di profumarsi la bocca con l’evocazione delle vicende degli Eroi”, forse nasceranno nuove menti, nuovi artisti, nuovi geni e speriamo meno Eroi (in quanto non ci sarà bisogno di costoro nella normalità) e solo così la loro memoria potrà essere degnamente onorata.

Quelli che oggi dovrebbero essere Eroi torneranno ad avere il loro ruolo in società rispettati in vita e saranno padri e madri di famiglia e la società sarà pulita, onesta, migliore.

Oggi no, non è ancora il momento, non è il tempo, è iniziato il cambiamento che come al solito necessiterà di grandi energie.

Passerà come sempre per i cattivi modelli, per la necessità di costoro di esercitare l’uniformità del pensiero, la creazione del bisogno e devozione, fino ad implodere come sempre è stato e allora ripartiremo dall’arcipelago delle culture (così lo chiamo) da quella innumerevole quantità di isole e isolette che sopravvissute o createsi per frammentazione saranno gli embrioni di una nuova vita culturale.

Per il momento come disse qualcuno, l’obiettivo è “resistere” e aggiungo io, “non scoraggiarsi” poiché c’è tanto bello anche dall’altro lato della barricata, c’è tanto bello anche nel cuore e nei cervelli di quelli che reputiamo nostri avversari che prima o poi verranno fuori e a quel punto si abbatteranno le barriere.

E’ caduto il Muro di Berlino non potrà cadere il muro della supponenza, della tracotanza, in sintesi, dell’ignoranza?

Un abbraccio, anche se non dovessi esserci, Epruno.