Carissimi
Mi conoscete ormai per il modo libero con il quale espongo ironicamente ciò che seriamente penso.
Questa settimana i miei contatti sui social mi hanno visto molto partecipe delle vicende legate alla sorte della squadra di calcio della mia città dando l’impressione più di essere un contradaiolo che un pacifico e tranquillo ingegnere che periodicamente si passa il tempo.

Si è vero, non ci posso fare nulla, dove c’è una disputa io devo necessariamente prendere posizione, ma essendo cresciuto avendo visto giocare Gianni Rivera (seppur attraverso una TV in B/N) non potevo non aver timore a contestare lo status quo quando questo palesemente genera ingiustizia e angherie.

Questa settimana attraverso la vicenda del Palermo ho scoperto una cosa interessantissima. Da sempre affermiamo che il mondo del calcio rispecchia i mali della società e giustifichiamo le cose che in esso accadono come specchio di quanto giornalmente si verifica negli ambienti di vita dai quali provengono gli stessi utenti dello stadio.

Ciò è ormai assodato e non fa una grinza, ma mentre tentavo di scrivere o di rispondere a commenti pubblicati, a poco a poco mi sono reso conto che queste parole finivano per esser stereotipate, questi pensieri finivano per esser tutti gli stessi anche tra persone che pur non avendo alcun contatto diretto finivano per leggersi in commenti altrui.

Un’altra cosa che certamente mi ha meravigliato era la padronanza nell’uso intercalante di termini inglesi quali “closing”, “Advisor”, “information”, “incoming”, “team-Management”, “slide”, “governance”, “holding”, “asset” e tanti altri ancora nelle discussioni tra soggetti che seppur degni della mia simpatia e affetto, (vi posso assicurare conoscendoli da tempo) i più intellettuali avevano per inerzia raggiunto il diploma di terza media una volta diventati maggiorenni, avendo ripetuto tre volte ogni classe delle secondarie obbligatorie e in più come lingua stranierà parlavano appena l’italiano con qualche difficoltà.

Eppure, il calcio aveva fatto questo miracolo. Ma credetemi, quello che è risultato straordinario è stato il sentire parlare chiunque con piena comprensione, di “conflitto d’interesse”. Eminenti politici di sinistra si sono battuti negli anni per spiegare agli Italiani che cosa significasse “conflitto d’interesse” identificando i ruoli contemporanei ricoperti dallo Zio Silvio, cercando di fare capire la paura che una posizione di potere interessata inserita all’interno del gruppo di garanzia, poteva creare delle situazioni d’ingiustizia mettendo nelle condizioni l’uomo di potere di trovarsi in alcune vicende nel ruolo di “controllore e controllato”, ma ricorderete che alla gente (come si dice a Roma) “non poté fregà de meno” tanto che più si parlava di questa anomalia, più crescevano i consensi per il Cavaliere.

Oggi per miracolo anche il posteggiatore “regolarmente abusivo e con la manifesta benevolenza dell’amministrazione” mi chiedeva l’altra mattina: “Dottore lei che ne pensa di questo conflitto d’interesse nel Consiglio Federale di Lega di Serie B? Certo un po’ di cornuti ci devono essere, come si fa ad essere giudicati dal presidente della stessa squadra che se il Palermo va in C, fa i playoff?”.

L’omino era avvilito per tanta ingiustizia (dal suo punto di vista), ma aveva toccato con mano (ritenendosi vittima) il significato e il danno arrecato da un “conflitto d’interesse”, per lui che fino a quel momento “l’interesse” alla parola “conflitto” era da sempre legata al concetto di “conflitto a fuoco”, di “mettere mano al ferro” o di doversela dare a gambe per “salvamento di vita”.

Eh sì, non vi nascondo la pelle d’oca che mi venne quando il fugace colloquio toccò l’apoteosi all’affermazione del posteggiatore: “È che dovessimo fare tutti una class- action!

Perdonatemi, non mi sono potuto tenere ma a quel punto mi venne spontaneo affermare con tutti i sentimenti l’espressione universale, generica, palermitana a mò di meraviglia: “Minchia!”

Avevo capito tutto, proprio mentre attorno “al cadavere” (la squadra) si “arricampavano” costernati i vips ed i politici di ogni razza, quelli per intendere che non intervengono preliminarmente per aiutarti a far sì che certe cose non avvengano, ma giungono nell’istante in cui non c’è più niente da fare se non raccogliere visibilità personale.

Avevo capito che non avrei dovuto più dispiacermi per ciò che inevitabilmente sarebbe accaduto (perché già deciso) ma al contrario avrei dovuto gioire del fatto che ribaltando la comunicazione, da oggi attraverso questo “pallone marcio”, si sarebbe potuto spiegare a tutti, anche al più ignorante, il senso civico, cosa significa giustizia e cosa significa fare le cose con serietà e allora nulla ancora per questa nostra società civile era perso.

Un abbraccio, Epruno