Carissimi,

Uno degli errori dei giorni d’oggi è quello di sentire soltanto ciò che vogliamo sentire estrapolando da contesti ben più complessi, stralci attraverso i quali costruiamo le nostre verità.
Sono stato un attento ascoltatore della crisi politica appena conclusasi, come ogni volta ho voluto ascoltare le notizie (in verità molto poche e sempre le stesse) attraverso diversi canali d’informazione, molto diversi alcuni tra di loro e ho privilegiato quelli che trovavo più lontani dal mio pensare perché sono ancora tra chi vuole capire ciò che accade e non c’è occasione migliore che sentire le ragioni della controparte, prima di farsi una propria idea.
Ho seguito la politica sui mezzi di comunicazione informatica fino al suggello dell’esito della crisi attraverso la piattaforma Rousseau e mi sono posto una serie di domande sulle piattaforme social, principalmente su quella che conosco meglio e da tempo e adopero con più frequenza Facebook.
Prima considerazione.

Un sistema apparentemente democratico che si nasconde dietro questionari preconfezionati per qualsivoglia reclamo, la stragrande maggioranza dei casi che non va a buon fine, affidato ad un computer e non ad un interlocutore che vi risponde, lo vedo come un punto debole.
Si, lo sapevamo che “un gioco nato per deridere una fiamma profumiera” non poteva diventare una cosa seria se non uno dei tanti strumenti per acquisire le nostre informazioni, la nostra identità, ma avremmo accettato di prestare il nostro bagaglio di foto, di pensieri, di contatti se avessimo scoperto che davanti ad una richiesta di reclamo, saremmo stati rimandati da scheda a scheda con messaggi di scusa e di temporeggiamento standard senza giungere ad alcuna soluzione?
Facebook è un gioco che genera dipendenza e che va approcciato con la dovuta lucidità e distacco.
Che dire poi del sempre nominato algoritmo (quale causa di tutto) che mi sceglie le persone da seguire e con cui interloquire?
Certo poi se poi a seguito di una ricerca sul web di qualsiasi oggetto, mi tartassa nella finestra laterale con offerte dello stesso, prese da Amazon o altri strumenti di vendita, mi desta sospetti.
Che Facebook ho imparato personalmente a conoscere in questi anni?
• Facebook il censore che mi fa scomparire i contatti onde ritrovarli dopo che si sono ricostruiti un “profilo”;
• Facebook (lo spammer per eccellenza) che ti blocca considerandoti spammer nel momento in cui condividi con frequenza “post” in un gruppo chiuso da te creato;
• Facebook che si presta alla vendetta di qualcuno che ti prenda in antipatia segnalandoti quale presenza rischiosa sulla piattaforma (bloccandoti temporalmente o definitivamente) senza un preventivo avviso;
• Facebook che (nei suoi intenti) contrasta l’anonimato ma di contro permette profili con foto di animali o di piedi o di icone religiose, o addirittura permette l’uso di nomi di personaggi storici o persone famose scomparse e parallelamente a tutto ciò mi propone richieste continue di denari per aumentare la visibilità dei nostri post.
Mi desta perplessità il constatare che un grosso sistema possa apparire fallace poiché si affida all’ignoranza di informazioni del “computerone” che sta alla base di tutto ciò (se è vera la completa assenza di un moderatore fisico in grado di influenzare e ribaltare le scelte del sistema informatico),
ma ciò che mi inquieta di più è la circostanza che “basta pagare per aumentare consensi”.
Alla luce di quanto sopra credete quindi che io possa credere in genere alla infallibilità di piattaforme informatiche più modeste che vengono utilizzate nel mondo per la democrazia partecipata?

Un abbraccio, Epruno.