Carissimi

Cugino Pietro, lui si che aveva capito tutto della vita, ma non era stato semplice neanche per lui arrivarci.

Aveva dovuto attendere l’avvento dei capelli bianchi e anche le sopracciglia e quando il pesante occhiale da vista imperava su un naso importante i suoi occhioni blu e profondi ti parlavano parallelamente, su una seconda traccia mentre la bocca coperta mitragliava migliaia di parole che lo ammetto io avevo difficoltà a seguire visto il repentino voler saltare da un argomento all’altro.

La vita non gli aveva dato tutto, non aveva figli, ma tutto il resto se lo era guadagnato e preso da solo, non erano mai stati i soldi il suo problema, anzi in molti avevano approfittato di questo suo status per spillargli aiuti di tutti i tipi ai quali non aveva saputo sottrarsi.

Oggi che aveva compreso come gira la vita era come un anziano animale ferito che soffocava il dolore dentro di sé ogni qualvolta vedeva che il suo amore verso il prossimo veniva sconfitto dall’egoismo e dalla voglia di capitalizzare la qualunque cosa e renderla monetizzabile, specialmente dalle persone più vicine a lui, i suoi sentimenti più puri, la “famiglia”.

Cugino Pietro aveva dato a tutti anche a chi non gli aveva mai chiesto niente ma al momento di sintesi della sua vita aveva trovato le porte di ogni cuore a lui vicino, chiuse e a doppia mandata, si rese conto che forse non era di affetto che il suo prossimo desiderasse ma di vedergli chiudere gli occhi per dividersi quella roba, in verità non tanta, che negli anni con sacrifici e risparmi, malgrado tanta generosità lui aveva messo da parte.

Lui aveva ben chiaro di quale patrimonio “umano” fosse per il suo prossimo, quest’ultimo di contro sapeva che non era di un “patrimonio umano” che si necessitasse al giorno d’oggi ma di soldi, soldi e soltanto soldi, di cose materiali da svendere per ricavare soldi.

Una mattina cugino Pietro usci di casa, andò dal suo notaio, svincolò quei pochi soldi investiti in titoli immediatamente disponibili e scomparve, non facendo sapere più nulla di lui, anzi inscenando una disgrazia in una battuta di pesca, con la sua piccola barchetta ritrovata qualche giorno vacante.

Dopo il tempo necessario fu dichiarato da scomparso, direttamente morto e questo diede il via alla caccia da parte dei suoi parenti, ai suoi risparmi, specialmente di chi non lo aveva fatto nel frattempo, mettendo a soqquadro la casa, svendendo i suoi oggetti ai quali era affezionato avendoli collezionati per una vita, come la sua preziosa raccolta di francobolli, ma di soldi neanche la traccia.

Povero cugino Pietro ne sarebbe morto una seconda volta se avesse potuto assistere all’avidità che i suoi parenti mettevano in quella ricerca e a come si fossero liberati di mobili, di libri, di dischi e di tutto quanto non fosse stato possibile buttare nel contenitore dell’indifferenziata.

Se avesse potuto sentire le maledizioni che i suoi consanguinei gli mandavano più si rendevano conto che cugino Pietro sembrava non possedere nulla, fin quando un giorno giunse per tutti loro la convocazione del Notaio Interlizzi al quale prima di venire a mancare cugino Pietro aveva lasciato le sue ultime volontà.

Così in quella austera antica sala riunioni dello studio del notaio piena di antichi libri il notaio lesse quanto cugino Pietro aveva lasciato in eredità.

Nominava suo erede universale il cane del portinaio dello stabile dove abitava in quanto unico a fargli festa ogni qualvolta lo vedeva passare dalla portineria e senza alcuna pretesa. Lasciava quindi al portiere un decoroso vitalizio per accudire a “Ortolano” questo era il bizzarro nome del cane e fin quando questo sarebbe rimasto in vita. Cugino Pietro lasciava infine la proprietà dei suoi beni immobili, due appartamenti, un box, le sue due auto antiche (sfasciate), le sue tre motociclette all’istituto per l’infanzia abbandonata ed infine una busta ai suoi parenti con presumibile denaro visto lo spessore, ma contenente una videocassetta nel quale registrò un sintetico ma efficace messaggio per gli auspicati eredi nel quale diceva: “iti a fari nto cu–!” (non penso ci sia bisogno di tradurlo). Cugino Pietro visse i suoi ultimi anni all’insaputa di tutti e sotto falsa identità in Bielorussia in compagnia di una giovane locale dal quale ebbe quattro figli, facendo del bene, come era nella sua natura. La piazza del paesino dove visse i suoi ultimi giorni  fu intitolata a lui “Ziu Pietru”. Un abbraccio, Epruno