Archivio per la categoria: La Voce di Epruno (Epruno in Radio)

“Io Sono Devoto”

Io sono devoto, come tutti i Palermitani ed il mio calendario ha si le festività segnate i rosso, ma in arancione ho segnato anche le ricorrenze della devozione.

Posso mai dimenticare San Giuseppe? Posso mai dimenticare Santa Lucia? Posso mai dimenticare i “Morti” (per tutti voi i defunti)? Posso mai dimenticare, “Santa Rosalia”, “La Madonna”, il “Natale”, “Pasqua”?

Eh si! Io sono devoto. Lo è anche il mio colestorolo. Lo sono anche i miei trigliceridi. Lo sono anche le mie transaminasi.

Si, sono Palamito, sono devoto, e ad ogni ricorrenza “santa”, mi levo il testale nel rispetto della tradizione!

Quale ricorrenza di rito non si chiude con un bel festeggiamento al mitico pronto soccorso? Quale momento di sintesi della propria vita, dopo una grande abbuffata, dopo una bella stomacata, non si chiude davanti all’intervista fatta dal paramedico, con la sua cartellina, pronto ad assegnarvi il cosi detto “colore del codice”?

Quale festa che si rispetti, non si chiude davanti alla domanda: “Signora, cosa ha mangiato suo marito?

Ed è li che l’amore e la reticenza della rubiconda “Mater Familia” sicula si manifesta in tutto il suo splendore: “Dottore, poverino, niente si mangiò! Soltanto un paio di arincine! Deve essere stato lo yogurt della mattina, forse scaduto, a fargli male!

Si, lo yogurt! Noi siamo siamo splendidi e devoti, ci “fottiamo a Don Cola con tutto il suo stivale” e poi la buttiamo da tergo allo yogurt!

Basterebbe fare un minimo bilancio numerico e rispondere: “Signora, lei cosa ha mangiato? E i due chili di riso mancanti, chi se li è scrafunchiati?” Ma per fortuna i medici ed i paramedici, dall’alto della loro esperienza, la sanno lunga ed annuiscono all’idea che tutto questo danno, lo ha procurato “lo yogurt scaduto”, prima di consigliare una sana lavanda o un forte digestivo!

Si, io sono devoto e meno male! Sarà per questo motivo che il “Signore mi assiste”, perché faccio una vita saggia e sana. Vado a letto con le galline (per fortuna non le mangio), mi alzo presto, faccio pure una corsetta per sciogliere l’adipe dei medaglioni antipanico dell’amore che mi ritrovo sulla mia circonferenza. Non bevo, non fumo, ma sono devoto e questo fa la differenza e perdonatemi se in un giorno tanto lontano, tra 100 anni, trionferò nella mia devozione finendo il mio transito terrestre a tavola, affogando la mia faccia in un piatto estivo pieno di babaluci, lasciando a metà la frase “Viva Palermo e Santa Rosalia”! Eh si! Sono devoto e le rispetto tutte rigorosamente queste tradizioni!

 

 

“La Solitudine …. dei Primi”

Intrapreso un lungo viaggio, metteremo nel conto di giungere alla meta da soli?

Se saremo stati realmente soli, lo testimonieranno altri, al momento della conclusione di questo transito terrestre.

Solo chi non va da nessuna parte, potrà sempre consolarsi dall’apparente conforto della presenza altrui. Solo chi vive nel gruppo e non abbandona mai il branco potrà spalleggiarsi dell’apparente forza della massa.

L’uomo che ha una meta deve mettere nel conto di rimanere solo.

Se avete fatto una gara di fondo o avete visto una maratona, sapete benissimo che alla partenza ci sarà una massa di concorrenti pigiati dietro la linea di partenza, ma dopo lo sparo dello starter, questo gruppo si andrà sempre più assottigliando, trasformandosi prima in un serpentone che alla fine ci darà un vincitore che di solito, per distacco, giunge solo.

Sarà certamente festeggiato all’arrivo da una folla plaudente, ma quando si spegneranno i riflettori, quando il suo successo avrà esaurito la sua celebrazione, non l’atleta, ma l’uomo o spesso entrambi, torneranno soli.

La solitudine, sarà il prezzo della vanagloria! Tutti gli uomini di potere sono soli!

Eppure le loro corti sono sempre piene di gente adulante che non ti ama, ma ti teme e sotto sotto ti disprezza invidiandoti!

Eppure chi gestisce potere, sarà comunque sempre convinto che il seguito e quell’affetto dimostrato dai propri collaboratori più stretti, sia frutto delle proprie capacità di coinvolgere il prossimo, senza comprendere che è proprio quello il momento nel quale si è più soli, poiché non si potrà mostrare alcuna debolezza.

In quei momenti e a quelle quote, verrà sempre più difficile aprirsi con qualcuno, senza correre il rischio di rimanere feriti a causa della propria vulnerabilità dovuta all’abbassamento degli scudi di protezione.

Verrà il giorno in cui, giunta la pensione, persi i privilegi, oppure, caduti in disgrazia, tutte quelle grandi amicizie, tutte quelle pletore di persone questuanti, tutta quella gente vista come quotidiana compagnia, scomparirà insieme alle cariche e quel telefono, smetterà di squillare.

Non lo so! Ci sto studiando ancora! Forse la solitudine è una sensazione di disagio che colpisce, i potenti, i ricchi, la gente piena di se, coloro sempre pronti a comprare il prossimo e non intacca gli umili, la gente modesta, la gente di principio, la gente che non difende interessi, ma porta avanti sogni.

Chi è più solo? Chi sconta ventisette anni di galera in compagnia dei propri principi morali o chi riempie le piazze e si compiace di quel grande seguito che sarà pronto ad abbandonarlo nel momento in cui la sua stella “decade”?

 

“La Chiave”

Chi di voi ha la fortuna di vedere svegliare la città, si sarà imbattuto, ormai di rado negli omini, degli elfi, che mentre tutti dormono e s’intravedono le prime luci dell’alba, danno la corda alla città, con un’enorme chiave, centrando un buco nell’asfalto della strada.

Siamo abituati, in un’epoca di benessere mediamente diffusa, a trovare dei servizi, più o meno efficienti, a tanta gente che vive e lavora attorno a noi, per permetterci una vita confortevole. Siamo così abituati, da darne per scontata l’esistenza a prescindere da chi li fornisce, come se questi non solo non costassero nulla, ma li pagassero i marziani, quei soliti marziani causa di tutti i nostri problemi. Questi servizi alle nostre latitudini sono generalmente erogati dalla “cosa pubblica”!  Usciamo la mattina da casa presto e c’è qualcuno che si è alzato più presto di noi per guidare l’autobus che ci porterà in ufficio. Torniamo tardi la notte a casa e c’è chi non andrà a dormire per garantire la nostra sicurezza e la nostra salute. E noi pretendiamo il meglio da ciò!

Ma immaginiamo per un attimo di svegliarci una mattina e non trovare acqua che esce dai rubinetti, accendere l’interruttore della luce e non sorbire nessun effetto, luci spente, Tv e tutti gli altri elettrodomestici spenti, ascensori fermi. Immaginiamo tutto ciò esteso ai nostri posti di lavoro, i mega uffici o soltanto i negozi, con la merce deteriorabile che perde.

Immaginiamo che il gas non arrivi più nelle nostre case, immaginiamo le pompe di benzina senza più carburante, i mezzi di trasporto fermi, gli ospedali chiusi, le scuole chiuse, le strade ancor più sconnesse di adesso, con i semafori spenti, senza più nessuno che raccoglie i rifiuti con grandi e reali rischi di epidemie che nessuno avrà la disponibilità di curare, senza nessuno in giro che garantisca il rispetto delle regole. Uno scenario realmente catastrofico!

Tutto ciò, ovviamente, non conseguenza del solito sciopero generale per la stabilizzazione di precari che per un’ora crea disaggi a una città, ma quale effetto di un giocattolo che rischia di rompersi, per incapacità a farlo funzionare.

Ho ben spiegato l’importanza e il rispetto che merita la “cosa pubblica” e le sue istituzioni? Comprendete la pericolosità del populismo che tenta di istigare un conflitto sociale tra poveri, accendendo il riflettore sui piccoli dettagli e distraendo l’attenzione dai grandi temi? Di soldati son pieni i cimiteri, non possiamo sempre scaricare la colpa di tutto sugli operatori.

Ad ognuno il proprio ruolo, a noi il senso civico, ma alla politica, “servizio” che strapaghiamo, va il compito di fornire prestazioni all’altezza del costo.

Sono poche e semplici le regole della democrazia, le regole del vivere comune e non possono prescindere da un’applicazione di una seria solidarietà sociale e dal rispetto di regole certe per tutti, ma soprattutto dalla garanzia di affidarsi a  una classe dirigente, a qualunque livello, capace, scelta e selezionata con seri criteri che sappia dirigere, guidare e controllare, con onestà e senso delle istituzioni, l’efficienza dei servizi resi ….. è questo che da tempo manca!

“Camminare”

Provate a farlo con i vostri piedi se ci riuscite.

Provate a raccontarmi alla fine quanta strada avrete percorso. Provate a camminare con i vostri piedi se questi vi sostengono, provate a farlo con ginocchia ammalate o con il supporto di stampelle.

Adesso provate a guardare attorno a voi tutta quella gente che a piedi corre e provate a convincervi che “chi va piano, va sano e va lontano”!

Aimè, scoprirete che mentre voi camminate, c’è chi attorno a voi corre, non solo a piedi, ma usa qualunque mezzo per andare quanto più lontano possibile.

C’è chi utilizza l’auto, c’è chi utilizza il treno, c’è chi utilizza l’aereo non solo per arrivare prima, ma per andare più lontano, proprio mentre voi camminate.

Adesso, provate a riempirvi le vostre scarpe di pietre, di fastidiose pietruzze  che in queste strade sterrate facilmente capita di imbarcare, il vostro intercedere non sarà cosi sicuro e scevro di dolori, immaginate inoltre che la vostra strada sia sconnessa ed in salita e mentre voi sudate, provate a guardare chi con le moto da cross vi supera e corre davanti a voi fino a diventare un puntino a perdita d’occhio e fin quando le gambe non vi faranno male. Avrete ancora il coraggio di dire: “chi va piano, va sano e va lontano”?

Ma l’uomo è uno strano animale che scrive le regole già pensando alle deroghe e per salire gli ardui gradini, usa e in modo improprio, “l’ascensore”!

Siete ancora convinti “che l’importante sia partecipare”?

E si! La vita è strana, ma pur sempre bella, ma occorre stare concentrati nella propria strada e nella propria camminata per arrivare comunque a qualcosa, ed evitare di etichettare il proprio transito terrestre come un vero e proprio fallimento.

E’ questo il momento in cui comprendi tante cose, ad esempio perché il cavallo con la sua carrozzella procede spedito, tenendo i paraocchi, oppure perché al velocista che corre i 100 metri piani, nella sua corsia, è dato consiglio di non voltarsi a guardare cosa fanno i suoi avversari affianco a lui o addirittura dietro, per non perdere preziosi secondi che inficerebbero il risultato finale.

Purtroppo non è pessimismo, ma sano realismo, i bilanci si fanno soltanto alla fine e con le proprie risorse, avendo contezza del punto di partenza, avendo un progetto di vita che fissi un punto di arrivo ed aggiungendo una buona dose di spezie data dalla costatazione, da me sempre ricordatavi che “la vita è in comodato d’usoe senza alcun contratto, senza alcuna scadenza prefissata, vi verrà in qualunque momento richiesta in dietro, in qualunque stato essa sia!

Ed allora, se cammini, corri, vai in auto, in treno o voli in aereo, un segreto per essere felice è il sapersi godere quello che si ha, ancor prima di vivere nell’affanno di ottenere una nuova cosa, essere prima di tutto felice di se stessi! Questa è la vera saggezza, questa è la vera chiave di lettura di una vita, Come diceva quel tipo in carrozzella … “Questa è la vera elemosina”!

 

“Chi è il responsabile?”

Watzlawick affermava che “non può non comunicare” ed io aggiungo che “non si può non occuparsi di politica” se vuole vivere in comunità con gli altri. Il modo stesso di come ognuno di noi intende vivere in società si trasforma continuamente in atti politici.

Se butto l’immondizia facendo la raccolta differenziata o la lascio all’angolo buio della strada formando una discarica abusiva, sto già prendendo una decisione politica. Se chiudo abusivamente tre elevazioni sopra la mia palazzina a due piani, sto facendo politica. Se posteggio in doppia fila, fregandomene delle code e del traffico che si forma, per lasciare i miei figli a scuola, sto facendo politica. Se continuo a trascurare chi guida parlando costantemente al telefonino e multo senza pietà chi posteggia in zona rimozione, faccio una scelta politica. Se privilegio il diritto di cento di manifestare ma in modo tale da bloccare una città di restanti settecento mila, meno cento, faccio una scelta politica.

La politica, la facciamo e la subiamo tutti a meno che non decidiamo di vivere in eremitaggio sul pizzo di una montagna. Se non prendiamo consapevolezza che la nostra proprietà privata, si estende fuori dal nostro uscio di casa, diventando proprietà comune, non saremo mai un popolo, non capiremo mai nulla di politica e continueremo a sopravvivere fin quando lo sfascio definitivo non seppellirà, non una nazione, ma un insieme di “furbastri” individui.

Comune, vuol dire, proprietà comune, proprietà di tutti!

Qui, casca l’asino poiché attraverso questa sottile distinzione, nascono le diverse “filosofie politiche” di questa terra, nasce la continua lotta da parte di chi, ignorante pensa che la cosa di tutti non appartiene a nessuno e la lascia deperire imprecando contro colui che dovrebbe giungere chi sa da dove, per ripararla costantemente ed il furbo che accusa il sistema e distraendo tutti, si impossessa della cosa pubblica dicendo “è mia”!

Quest’ultimo inganna tutti con una parziale verità, poiché è vero che la cosa pubblica è sua, ma è anche di tutti gli altri, ed ecco perché a questo punto è necessario avere una politica seria che offra pari opportunità sulla cosa di tutti. Quindi, chi è peggio tra i due?

Sono entrambi deplorevoli, ma sono maggiormente deplorevoli, coloro che non scelgono, scelgono male o scelgono con atteggiamento sufficiente i loro delegati e perdono il diritto di essere rappresentati nella democrazia attraverso un diretto consenso, lasciando nelle mani dei pochi la “nomina” di “utili individui” senza alcuna delega popolare, senza alcuna conoscenza del territorio, dilettanti allo sbaraglio a garantire atto di presenza e alzata di mano per garantire la volontà e gli interessi di pochissimi.

Chi sa, fa! Chi non sa, e non ama farsi prima esami di coscienza, continuerà a chiedersi, “chi è il responsabile”, fin quando non ci saranno più “capri espiatori” ….

 

“Tabù”

Per me era un grande uomo, ma “ci fitianu i piedi”.

Avete capito bene! Ignazio era partito come tanti in quel periodo per fare fortuna in Germania e come pochi era tornato per nostalgia, trovando uno dei posti migliori a quel tempo, ossia come portiere custode in una bella portineria.

Ricordo ancora il giorno in cui ritornò col suo cappello bavarese in testa, e le valigie attaccate con lo spago.

A lui basto poco tempo per ritrovare gli stimoli e non si persa d’animo, riorganizzò lo spazio davanti la sua efficiente portineria, come se fosse una piccola Svizzera, ma dirò di più, una piccola Germania.

Spesso noi ragazzi, sollecitavano in lui, racconti di quell’esperienza straniera, vissuta nella terra delle tedesche e la narrazione, partiva dalle donne, ma finiva toccare temi sociali e confronti con la nostra Italia, intenta anch’essa a ricostruirsi, ma con maggior lentezza.

Ripensadoci, Ignazio oggi sarebbe stato qualificato quale simbolo della diversità culturale, quale formatore antesignano, in un periodo nel quale nasceva l’idea di Europa comune, ed i Tedeschi erano per noi quella di “Italia Germania 4-3”. Attraverso Lui la Germania appariva ai nostri occhi quale terra di pulizia, di grande organizzazione, di grandi lavoratori e di teutoniche estimatrici dell’uomo latino.

Proprio per questo ogni suo discorso si concludeva con una nostra considerazione: “allora Ignazio, se stavi così bene in Germania, perchè sei tornato?” A questa domanda il suo sguardo diventava subito triste …

Purtroppo, e specialmente d’estate, benché fosse diventato per noi come una enciclopedia vivente, la nostra attenzione non riusciva a superare i 5 minuti, poiché come dicevamo, Ignazio aveva un problema, un grosso problema.

Nessuno aveva mai trovato il coraggio di consigliargli l’uso di scarpe chiuse, in alternativa a quei comodi sandali francescani e fu così che come sempre accade dalle nostre parti, al posto di risolvere il problema affrontandolo direttamente, si presero provvedimenti generalizzati di disaggio per l’intera collettività.

Il grande condominio, possedendo più scale e due ingressi, decise di chiudere l’accesso sulla via principale e di aprire custodito soltanto l’ingresso secondario, meno frequentato che dava su immenso spazio aperto, ancora in costruzione e dove il nostro Ignazio oltre a ventilarsi, aveva il suo ben da fare a ramazzare in continuazione la polvere degli scavi dei cantieri.

Ero troppo piccolo, ma dovevo già capire come vanno le cose in questo mondo.

A poco a poco anche il nostro interesse verso Ignazio una volta relegato in una situazione periferica, scemò, ma anche questa storia ha la sua morale!

Puoi essere un genio, puoi avere tante cose da raccontare, non importa il tuo passato e se hai “le mani pulite”, ma se vuoi essere ascoltato con attenzione e preso in considerazione …… “lavati i piedi”!

“Chi Ti Purtaru?”

Chi ti purtaru i muorti?

Ma che cosa mi dovevano portare? Sono certo che anche loro, dall’aldilà avranno avuto i loro problemi a trovare qualcosa da regalarmi per rendermi felice.

Eppure, ci sarebbe stata qualcosa che mi avrebbe potuto fare felice, visto che non ho più l’età per “la pupaccina” o per “la pupa cu l’anchi torti”.  E dire che con cotanti morti avrei potuto chiedere cose importanti come “la pace nel mondo”, ma per questo sono certo che ci ha già pensato Miss Italia.

Avrei potuto chiedere i numeri per fare un bel superenalotto. Avrei potuto chiedere tanti soldi, da rendermi ricchissimo! Eppure no! Mi conosco bene, sarei stato comunque infelice. La felicità è vera felicità soltanto se la si può condividere con gli altri!

Se ci penso bene però, ci sarebbe una cosa che mi avrebbe potuto rendere felice, ma che difficilmente i “morti” avrebbero potuto comprarmi dall’aldilà, …..Un po’ di NORMALITA’!

Si, un po’ di normalità! ………La possibilità di vivere con serenità un po’ di normalità in una vita non dico tranquilla, troppo lusso, ma normale, fatta di cose normali, fatta di gente normale, in una città normale che vive il quotidiano attraverso la riscoperta di cose semplici a costo zero, senza che fossero sbandierate a destra ed a manca!

La normalità!…….. Riuscire a scoprire che sulla strada che mi porta al lavoro quotidianamente, si affacciano le vetrine dei negozi o delle botteghe, con le loro esposizioni in vetrina, più o meno accattivanti, ma normali.

Una città senza il suffisso “iper”, dove i mercati sono fatti di piccole cose e di tanta gente che si incontra e si saluta, fermandosi a chiacchierare, senza necessariamente doversi messaggiare, chattare su internet o chiamare al telefonino.

Una vita normale fatta di gente che si da appuntamento la sera al bar per raccontarsi storie o sfoghi, senza necessariamente taggarsi.

Un mondo normale dove anche i brutti, i senza nome ed i perdenti hanno diritto di cittadinanza, dove la politica è un normale esercizio di democrazia.

Un mondo normale, fatto di gente dignitosa, fatto di gente che lavora per vivere e non vive per lavorare, un mondo semplice dove poter coltivare i propri sogni. Un mondo normale non globalizzato o peggio conformato! ……

Ecco cosa avrei chiesto ai “morti”

“Che Ci Ridi?”

Mio padre lavorava dodici ore al giorno, usciva la mattina con il buio

e tornava a casa con il buio, stanco, non si lesinava poiché aveva una famiglia da portare avanti ed aveva la giusta ambizione e la voglia di andare avanti era premiata, ma mio padre tornava a casa stanco ma  sorridente.

Ma che cosa aveva da ridere? Ma mio padre sognava per noi un futuro migliore!

Quello era un mondo in bianco e nero, ma con tanta voglia di divertirsi, quello era il mondo da pochissimo uscito da una guerra mondiale che aveva diviso un paese e che aveva sconvolto il mondo.

Se ci penso anche io sono nato che non erano passati molti anni dagli eventi bellici, quasi lo stesso periodo che ci separa dal passaggio di secolo, che sembra ieri. Ecco, ero nato che la guerra era finita ieri, mi riguardo le foto dell’infanzia in cui sorrido e penso: “Ma che cosa ci rido a fare?” Ma io bambino, sognavo già fin da allora!

In quelle foto, in quei primi filmini in super 8, quel mondo fatto di vestiti riciclati da padre in figlio, fatto di 500 fiat, fatte di autobus verdi e di cambiali, quel mondo del programma del sabato sera visto tutta la famiglia insieme, quel mondo dei film di Totò, di Don Camillo e Peppone, quel mondo di lascia o raddoppia, di Mike Bongiorno che esordiva con “Allegria”!

“Ma che cosa ci rideva?”  Ci verrebbe di chiederci “Ma dove stava tutta questa allegria?”

Eppure, l’Italia sognava e la felicità era a basso costo ed a portata di mano e se non avevi soldi, potevi scommettere sul tuo futuro, anche se avevi le toppe nel sedere, perché era il mondo dove il sacrificio veniva premiato ed il “pezzo di carta” contava qualcosa!

Ammettiamolo, stavamo peggio, la qualità della vita oggi è migliorata, i desideri oggi sono diversi e se volete ben più futili, ma siamo sempre infelici e preoccupati.

La disoccupazione era alta allora, tanto che si doveva emigrare, eravamo un popolo ignorante di contadini felici che partivano con la valigia di cartone, con il sorriso della speranza, partivamo in cerca di fortuna con il treno verso il nord ed in quelle foto di gruppo sorridevamo!  “Ma che cosa ridevamo a fare?” Andavamo incontro al nostro sogno di stare meglio!

Oggi che in realtà avremmo tanti di quei motivi per sorridere e ridere, malgrado le difficoltà di base non siano cambiate, malgrado l’offerta televisiva si sia moltiplicata smisuratamente attraverso pessimi programmi con litigi artefatti o risate registrate,

ci hanno spento il sorriso perché ci hanno rubato i sogni ………………..

 

“Acqua e Fuoco”

Due elementi naturali dal fascino irresistibile.

Due elementi stoici che non riescono a convivere, poiché normalmente se c’è l’uno non può esserci l’altro.

Due elementi che rappresentano l’esatto contrario.

La vita è una continua contrapposizione, come l’acqua ed il fuoco ed il nostro vivere è un continuo destreggiarci tra questi due elementi, imparando a dosarli, imparando a governarli senza fare mai l’errore di lasciarsi prendere dalla troppa confidenza nel gestirli.

E dire che di acqua siamo fatti per la quasi totalità, ma che dire delle fiamme, quelle che fanno bruciare dentro di noi le passioni?

Acqua e fuoco, quali esempi di modiche quantità sopportabili, poiché alla loro esagerata presenza, bisogna come da saggezza popolare dare un apposito luogo, un contenitore, una limitazione, disegnare uno stretto steccato nel quale permettergli uno sfogo.

Acqua e fuoco, quale simbolo di misurata quantità.

Difatti, la fiamma che è per noi fonte di calore, se troppo alimentata, se esageratamente alimentata può risultarci fatale.

Ma anche l’acqua della quale siamo fatti, quell’acqua che ci disseta, quell’acqua che ci bagna o ci pulisce, se esonda diviene fatalmente fonte di distruzione.

Acqua e fuoco, nella simbologia della vita comune.

Quante volte affermiamo di vedere l’acqua negli occhi altrui, quante volte ci pregiamo di dissetarci alla fonte del sapere, quante volte dichiariamo di sentirci il fuoco nelle vene presi da grande energia, quante volte ci sentiamo brucati sbagliando un importante obiettivo o rimanendo danneggiati, da chi tarpandoci le ali ci compromette speranze di carriera o brillanti futuri.

Acqua e fuoco, due elementi associati ed estremi, il fuoco della dannazione e l’acqua della santità.

Il fuoco quale fiamma, elemento naturale dell’inferno, dove trovano residenza tutti demoni, anche quelli che affollano la nostra mente, dove si bruciano le dannate ambizioni.

L’acqua, come acqua santa per benedire, per toglierci dal peccato, per purificarci, per spegnere il fuoco dell’inferno, per lavare le nostre mani e mantenerle pulite.

Eh si …. l’acqua,  quella che copiosa negli sciacquoni porta via la merda, la tanta merda umana, per la quale non basterebbe neanche un nuovo diluvio universale.

 

“Generale”

Penso che ognuno in questa società abbia il proprio ruolo che spesso dovrebbe nascere da specifiche competenze, in altri casi da ambizioni, nella peggiore delle ipotesi da ripieghi, ma una società organizzata può fidare su ruoli ben precisi, una società organizzata può ambire a diventare un popolo, poiché un popolo si identifica in una unica identità nazionale e non si frammenta in tante individualità pronte a garantire il proprio ego e poco avvezze al bene comune.

Una società organizzata, va guidata bene, anche attraverso le difficoltà, anche quando necessita affrontare sacrifici con l’unico intento di garantire una doverosa qualità della vita.

In genere per guidare un mezzo, ci vuole una patente, bisogna aver studiato e fatto degli esami, ma perché al giorno d’oggi, si ha poca prudenza nella scelta delle “guide”?

Di questi tempi, per guidare una collettività basta soltanto esser stati nominati da questo o da quel potere oscuro, non risulta indispensabile alcuna qualità, spesso e volentieri basta essere un buon “interprete” o un “dilettante allo sbaraglio”!

Eh si! ….. Sembrerebbe che il guidare e governare la collettività non sia più l’interesse principale dei poteri veri, ma soltanto un diversivo dall’accaparramento ed occultamento di ricchezze!

Siamo davanti ad uno sconvolgimento della scala di valori.

Tutte le attenzioni sono volte all’economia, addirittura si governa un popolo pensando soltanto a far quadrare i conti dello stato, da bravi ragionieri, senza perdere tempo a chiedersi se la gente stia bene.

E dire che tanto virtuosismo rigoroso, non porterà molto lontano.

Anche il cavallo bravo nell’aver imparato a non mangiare ad un certo punto, morì di debolezza!

Sembra proprio che questa nostra terra sia da sempre in balia di una leadership remota, basata su criteri e principi che possano andar bene in altre latitudini e non esportabili, e che la gente abbia perso la capacità di trovare i propri “Generali”.

“Dove sono i Generali che si freggiaron delle battaglie…?”

Dove sono i Condottieri? Che fine hanno fatto i Leader? Chi ci guiderà ormai verso la vittoria o solamente verso la salvezza, in un luogo sicuro?

Abbiamo sovente davanti dei falsi profeti che nascondono le loro incapacità ed i propri insuccessi, additando colpe altrui!

Si erano mai visti Generali, sparare sul proprio esercito?

Un leader costruisce i suoi meriti, condividendoli con i suoi uomini, di contro, le colpe ed i colpevoli, vengono ricercate da altre importanti figure, che di solito, …………. si chiamano “Giudici”! …..