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“Cosa Succede in Città”

Nulla succede! Cosa può succedere? Non mi sembra ci siano motivi o preoccupazioni tali per i quali ci si dovrebbe preoccupare.

Da che mondo e mondo cosa succede lo dicono i giornali ed i telegiornali e ne siete testimoni che malgrado ci sforziamo settimanalmente, non riusciamo a trovare nulla di particolare che non sia riconducibile al miglior balcone fiorito, al migliore evento culturale, alla vocazione turistica della nostra città o fortunatamente alla circostanza che il nostro Palermo è in seria A.

Non sento più proclami in giro contro “l’uomo nero”, non vedo cassonetti riversati per strada, non sento in giro dire “schifiu” e la città è ancora quella di una volta, qualcuno dice peggio di una volta, ma prendiamolo con il beneficio dell’inventario poiché costui potrebbe essere di parte e timidamente affermare che le cose vanno peggiorando.

Non c’è più una pubblica indignazione, non c’è più neanche un gioco delle parti, non ci sono più parti, ma un unico coro che dichiara che in città non succede nulla.

Non sono un nostalgico, poiché “quando c’era lui, caro lei” in quel caso i treni giungevano in orario, nell’altro caso, il nostro, quello più vicino a nostri tempi, i treni neanche potevano partire poichè “gentiluomini di passaggio” occupavano i binari al grido di “nnati a dari i picciuli”!

Bei tempi, da notare la delicatezza, “neanche il lavoro chiedevano” consapevoli che non ce ne fosse in giro, ma si limitavano a chiedere “i picciuli”!!!

Oh che ne fu di quei tempi in cui succedeva qualcosa, in cui anche il più grosso teatro della città esponeva striscioni contro la cattiva gestione.

Chi ricorda i tempi in cui “il latte stava scadendo” e lo andavamo cercando in ogni dove, tempi in cui solo quindici uomini alla guida di questa stessa macchina con gli stessi pezzi odierni, riuscivano a scatenare tutto questo malcontento nel pensare collettivo.

Bastava così poco, per accontentare la stampa e per quietare il dissenso.

C’avevamo perso tempo, avevamo perso il valore del “merito”, ci eravamo imbrigliati nella ricerca di formule chimiche speciali quando era soltanto un problema medico di vista e di occhiali.

Bastava non vedere, quanto meno non vedere bene da vicino come capita quasi a tutti superati i quaranta anni. Non vedendoci bene oggi, riusciamo ad apprezzare una città più pulita, più sicura, più efficiente

Invecchiando spesso si finisce per mitizzare il passato non curandosi che c’è una età per tutto. Ecco cosa è successo ed ecco perché non succede nulla.

La felicità a volte può essere anche il “suonarsela e cantarsela da soli” convincendo chi crede in noi per affetto a prescindere, più difficile è convincere chi ha la vista buona e ci guarda da debita distanza.

“Comunque non è successo niente, pigghiamuni u cafè”!

Se Qualcuno Sa…

Chi sa, davanti alla fila di destinazione si saranno tutti meravigliati perché i bimbi facessero ressa per restare in una fila mentre pochi, pochissimi invece erano li ad aspettare il loro turno in una fila più piccola.
Iniziò tutto li a mio parere.
Chi sa cosa ci hanno raccontato di falso che non ricordiamo più, per prendere anche noi la decisione di affollare quella fila già affollata.
Forse la compagnia? Forse la certezza che ci saremmo divertiti?
Eppure eccoci qua, giunti anche noi alla nostra età a dover prendere consapevolezza che quella era la fila che avrebbe dato la vita a gente qualunque piena di problemi quotidiani
Quell’altra era la fila dei ricchi, dei bravi d’ufficio, delle brave persone, della gente perbene ad ogni costo, anche quando perbene non lo erano per nulla, la fila di coloro che non avrebbero mai dovuto lottare per nulla, di coloro che nelle gare partono dieci metri avanti a tutti ed arrivano primi senza dover sgomitare.
Sfido chiunque se lo avesse saputo prima a scegliere di nascere in un villaggio povero del terzo mondo, in una situazione disperata, invece che nascere in un famiglia e un contesto agiato.
Se tutto ciò è vero, qualcuno anche lassù, non ci ha detto la verità!
Se questo è vero anche persone insospettabili non ci hanno detto la verità.
Ma vi sembra che potendo scegliere e sapendolo prima ci saremmo scelti una vita difficile? Eppure nella maggior parte delle situazioni è andata così e per fare in modo che le cose non si sovvertissero, perché numericamente i poveri e gli sfortunati sono certamente molti di più dei ricchi e dei fortunati ecco che allora ci hanno regalato due grandi furbate, l’invenzione della politica e l’invenzione della religione.
Con la prima, la politica, si è fatto in modo che i poveri restassero poveri, spesso anche con la complicità di qualcuno di loro, fatto diventare ricco e ricattabile, per fare il boia dei propri ex compagni poveri e nella peggiore delle ipotesi, buttato in pasto all’opinione pubblica quando la sua utilità fosse diventata superflua, mentre loro i ricchi sarebbero rimasti sempre nell’ombra.
Con la seconda, la religione addirittura si è fatto in modo che i poveri, i perdenti, gli sfigati, si sentissero “beati” ed attraverso le loro ultime file, avrebbero potuto vedere, loro i ricchi, dopo tanta ipocrisia, battersi il petto dopo aver commesso un peccato e sentirsi gratificati e giusti, al solo costo di dividere la loro mensa con i ministri della religione.
Non pensate quindi che anche lassù ci fosse qualcosa che non funzionasse a dovere? Non credete con il senno di poi che qualcuno ci avesse dato le istruzioni per l’uso volutamente sbagliate?

“43”

Quarantatrè o quattro tre? Addirittura quattro a tre!

Se Rivera non si fosse trovato per la prima volta in quella partita, al posto giusto ed al momento giusto!

Se Rivera non avesse disatteso le scellerate disposizioni tattiche dell’allenatore Ferruccio Valcareggi, perché punto nell’orgoglio dalle offese del portiere Albertosi, dopo aver preso goal sul suo palo!

Se Rivera non avesse detto “non ti preoccupare, ora vado e segno” prendendo una decisione ribelle in un istante, quel 18 giugno 1970 non sarebbe entrato nella storia del calcio, nella storia di Rivera, nella letteratura sportiva.

Eppure in quella partita scadente, sotto il punto di vista tecnico, ma intensa semifinale, non si è vinto un cazzo!

Quanti di voi nel pensare ai campionati del mondo di Mexico 70 ricordano subito Italia-Germania 4-3 e quanti pensano a Brasile-Italia 4-1 che assegnò definitivamente la coppa Rimet.

Rivera segnò per un inadempimento tattico! Se non avesse fatto di testa sua, la partita sarebbe finita 3 a 3 e poi secondo i regolamenti dell’epoca, ci sarebbero stati i rigori o chi lo sa, non ricordo, la ripetizione della semifinale, dove certamente avremmo perso.

Se Rivera avesse ascoltato le idiote disposizioni del suo “Capo”, l’allenatore Ferruccio Valcareggi, convinto che due talenti con peculiarità diverse come Sandro Mazzola e Gianni Rivera, non potessero giocare insieme e fosse rimasto li in difesa, oggi a 44 anni di distanza non potremmo mitizzare quella partita dove Kaiser Franz Beckembauer giocò con il braccio rotto, appeso con una benda al collo. Vi immaginate un gesto del genere fatto da un marcantonio tragediotore del calcio odierno? Appena li sfiori rimangono a terra esanimi.

Come si poteva fare entrare in campo Rivera per pochi minuti di una partita e tenerlo in difesa? Cari giovani che oggi seguite questo surrogato Blatteriano di calcio, vi parlo di tempi in cui le scarpette erano nere smunte e di egual colore, di tutacce banali con la semplice scritta “ITALIA” e vi parlo di veri campioni.

Valcareggi, per la cronaca nei mondiali del 1974, verrà mandato a fanculo da un altro calciatore che non peccava certo di mancanza di personalità, quale Long John Chinaglia che abbandonerà il campo facendo plateali gesti segnaletici verso quel posto.

Si, il calcio, ma soprattutto la vita è piena di “capi inadeguati” senza carisma, ma è carente di uomini che hanno la personalità per trasgredire le disposizioni, quando queste sono palesemente sbagliate, sapendo di doverne pagare le immediate conseguenze, ma spesso di esser protagonisti di gesti che scriveranno piccole o grandi “storie”!

“Pace Ipocrita”

Ci vorrebbe poco per far pace con la mia città! Basta aprire la finestra in una mattinata d’inizio estate come questa e riempirsi i polmoni e l’anima della brezza marina, mentre stormi di rondini ruotano sopra le nostre teste.

Eppure, basta abbassare gli occhi dal cielo o dall’orizzonte e guardare per terra per scoprire che nulla è cambiato.

Percorro le stesse strade di sempre con i problemi di prima, ma non sento lamentare nessuno, non sento scrivere accuse sul quotidiano locale, non sento nessuno indignarsi e chi lo fa, si esprime a bassa voce o in anonimato.

Ma che succede! Siamo forse maturati come cittadini? Abbiamo preso consapevolezza che i tanti difetti che ci circondano sono solo la proiezione dei nostri difetti e che su di noi che dobbiamo prioritariamente operare? O forse tutto lo schiamazzo di prima era funzionale ad un avvicendamento di potere?

Intanto la sala cinematografica della “vertigine” continua a proiettare le pellicole da “cinema dessai” per pochi “eletti” in ogni lingua e la gente gratuitamente accorre come sempre, anche se non ci sono sottotitoli, anche se i sottotitoli non si comprendono. Basta esserci ….

Quindi perché lamentarsi e soffrire quando c’è chi si accontenta di vedere soltanto le poche cose che funzionino non vedendo il tanto che non funziona e si ostinandosi a venderti l’idea che la realtà sia cambiata in positivo?

Quanta ipocrisia, quanta pochezza umana, quanta pena.

E così come “il vecchio professore che di giorno chiama con disprezzo pubblica moglie” la meretrice ed al buio la sera bussa al suo portone, quei tanti che di giorno si lamentano dello status quo additando il carrozzone pubblico quale il male della società e la fonte degli sprechi, finiscono poi per quietarsi dopo aver spillato, dalla stessa botte in modo e tempistiche diverse, le varie prebende e concessioni giunte da colui che altro non fa che elargire ciò che già ci appartiene, ma solo dopo estenuanti questue.

Abbiamo perso serietà, abbiamo perso credibilità, abbiamo perso dignità.

Le masse da che è mondo si governano perchè tendono sempre a stare plaudenti sotto ai balconi. Il problema è rappresentato dalla qualità delle storie che vengono raccontate da quei balconi, ma oggi la gente non crede più alle storie, neanche se fossero scritte dai “Premi Nobel quali i Dario Fo”!

Dopo anni trascorsi a credere a chi da quei pulpiti proferiva il “verbo” facendosi i fatti propri ma dando da sopravvivere, la gente stando giù pressata come sardine ad aspettare che dall’alto giungesse un “benevolo osso”, oggi che quell’osso non giunge vuole di più e aguzzato l’ingegno, chiuse le orecchie a qualunque sentire, vuole salire li su quel balcone, per risolvere i propri problemi per sempre e per guardare dall’alto come se la passa la folla pigiata.

Uomo, ma credi realmente sia stata la difesa del privilegio per pochi ad averci condotto in questa condizione o la ricerca dei tanti ad avere dei privilegi?

“Il Saggio”

Chi si può definire saggio? Soltanto chi ne ha visto di tutti i colori dopo una vita e dispensa consigli ai più giovani!

Purtroppo da qualche anno la parola “saggio”, in un’epoca nella quale sembra esserci poca saggezza in giro, è ricordata maggiormente nell’utilizzo che se ne fa per definire un appuntamento al quale viene dedicata tanta attenzione.

Il “saggio di fine anno”!

Qualunque classe scolastica, qualunque accademia organizza il saggio di fine anno con “imponenti produzioni artistiche” messe in piedi dagli insegnati per improbabili “micro-artisti” lanciati sulla ribalta come scimmiette ammaestrate.

Importiamo tutto dal mondo anglosassone fuorché la cultura!

Stiamo crescendo una generazione di “artisti” e “veline” che sconosceranno l’uso dell’italiano o che non sapranno farsi i conti mnemonicamente, ma sapranno posizionarsi bene davanti una telecamera.

Ci lamentiamo che negli anni la preparazione di base dei nostri ragazzi è diventata sempre più carente. Diversi progetti di riforma scolastica hanno spesso avuto come ambizione la razionalizzazione della forza lavoro più che la preparazione degli allievi e se la scuola piange, l’università non ride.

Si sono moltiplicate le cattedre ed i corsi universitari, si è creato un sistema che comunque rimandi la responsabilità di stabilire se lo studente è preparato al livello successivo.

Mi direte: “Sono momenti in cui l’infante studente si esprime e socializza.”

Ciò non farebbe una grinza se il nostro sistema scolastico prevedesse il tempo pieno, come nei paesi su citati, nei quali oltre la fase di apprendimento nozionistico vi è un percorso di approfondimento, negli orari post scolastici, nel quale lo studente segue le proprie versatilità sportive, artistiche e culturali.

Accettiamo questi saggi, divenuti terrore dei padri di famiglia costretti a dire durante importanti riunioni: “Scusate, debbo andare, c’è il saggio di mio figlio!

Vogliamo rischiare di lasciare quel povero innocente, a cercare con lo sguardo in sala un genitore distratto che non ha calendarizzato la recita del figlio?

Vogliamo continuare a mettere a repentaglio le madri che organizzata la copertura con il tempo occorso per la preparazione di succulenti pranzi, grazie alla complicità dei reparti gastronomia degli ipermercati, avrebbero potuto, posteggiato il bimbo a scuola, riservarsi il tempo per il pilates o l’amante ?

Così facendo alimenteremo la “letteratura” per film nei quali famiglie si sfasciano per un genitore giunto in ritardo ad un saggio e bambini diventati grandi, per il trauma subito, non troveranno altra alternativa che drogarsi!

“Continuiamo così, facciamoci del male!” Ma una bella interrogazione di fine anno, come ai vecchi tempi, non avrebbe fatto meno danni?

 

“Comunicare”

Non si può non comunicare!” e caro Watzlawick quante volte lo abbiamo detto! Aldilà di questa necessità siamo certi di essere in condizioni di farlo? Siamo certi di sapere come farlo? Siamo certi di volerlo fare?

Ci chiudiamo quella porta di casa alle spalle senza sapere se quando vi faremo ritorno, le condizioni saranno sempre quelle di prima e noi saremo ancora le stesse persone.

E’ capitato a me, una mattina ho chiuso una porta alle mie spalle e non l’ho più rivisto, eppure avevamo ancora tante cose da dirci, avevamo tante cose da raccontarci, dovevamo ancora conoscerci meglio, avevamo un lungo percorso da affrontare insieme, ma dietro quella porta al mio ritorno, Lui non c’era più!

E proprio quando si conosce il concetto di “assenza” che si sente sempre di più l’importanza del “comunicare”, per non rimanere con il rammarico ed il rimorso di aver potuto comunicare.

Non sempre chi tace lo fa perché non ha nulla da dire, molto spesso lo fa perché non siamo riusciti a trovare la giusta codifica per comunicare.

A volte viviamo accanto ad una persona senza sapere chi esso sia. Altre volte riversiamo un mare di parole su questa persona e ne riceviamo altrettante, eppure non siamo riusciti a comunicare. Certe volte basta una carezza, uno sguardo dato in una maniera particolare, per trasmettere tante di quelle emozioni che un intero vocabolario di parole, non sarebbero state in grado di esprimere.

Andando avanti prendiamo consapevolezza di cosa sia la noiosa comunicazione “dell’ Io” ancora più violenta della comunicazione “urlata” televisiva.

Certe volte per dovere o per educazione stiamo ad “ascoltare o far finta di ascoltare”, chi preso da deliri di onnipotenza e della cultura del suo “ego”, pronuncia la parola “Io” con una frequenza imbarazzante.

Dopo ore ed ore, prendiamo coscienza di aver ricevuto tante di quelle parole, ma di non aver comunicato un cazzo!

Ecco, mi viene in mente che oggi la gente ha bisogno di essere ascoltata più che di comunicare, lo dico da tempo, siamo sempre più diventati delle “isole”! Sentiamo la voglia di raccontare o raccontarci, senza necessariamente sentirci interrompere immediatamente, qualunque sia l’oggetto del nostro discorso, dall’interlocutore che ci dica “pure io” e cambi argomento!

Siamo pronti a fare sfoggio della nostra ampia coda di pavone, senza riuscire realmente a farci conoscere, senza permettere che alcuna emozione altrui abbia potuto attraversare il nostro scudo di protezione, senza aver comunicato nulla ed aver lasciato nulla al nostro interlocutore, rimanendo isole in un arcipelago di isole, fin quando rimarremo nelle rotte di navigazione altrui ….con il rischio di finire nell’oblio quando non saremo più una meta interessante.

 

“Mattina, Noi, Gli Altri (2à p.)”

(continua)…. Spiegatemi perché il palermitano ha un uso morboso della strada! Spiegatemi perché costui, se potesse, passerebbe tutto il tempo possibile sulla carreggiata stradale, qualunque sia il mezzo, ma a maggior ragione, ……. a piedi.

Spiegatemi perché il palermitano non ama i marciapiedi.

Avrete certamente visto in zone più popolari la gente camminare a piedi direttamente in strada, pur essendoci i marciapiedi.

Certo qualcuno obietterà che spesso i marciapiedi sono sconnessi, sono addirittura utilizzati dalle auto per posteggiarvi in diagonale, metà sulla carreggiata e metà sul battuto cementizio pedonale.

A dire il vero questa ultima abitudine si trova più raramente da quando le strisce blu hanno delimitato i posti auto.

Ma tornando al pedone, vi ricordai tempo fa della volontà di costui di esercitare uno dei pochi diritti per lui ancora più importante del diritto di voto, l’attraversamento sulle “strisce pedonali”.

Bene, mi direte voi, dove sta il problema?

Immaginate di andare in qualunque città europea e provare ad attraversare fuori dalle “strisce pedonali”, bene, l’automobilista una volta visualizzatovi e come se prendesse la mira per abbattervi, nel momento in cui sia certo di avere la precedenza e ciò accade se il semaforo segna il verde o se il pedone si trovi fuori dalle zebre, poiché non esisterebbe alcun giudice pronto a condannare un guidatore per un investimento di un incauto “attraversatore”.

Da noi, i più intellettuali e lo si vede anche dal ceto sociale, coloro che sono in grado di comprendere l’uso delle strisce non intese come abbellimento cromatico della sede viaria, una volta preso possesso delle zebre, é come se trasferissero ivi la residenza, procedendo con tutta la flemma del caso, guardando con aria di sfida gli automobilisti, come a dire: “finchè son qui sopra, tu devi stare fermo!

E che dire degli anziani che una volta sulle strisce cominciano a brandire il bastone, come una spada, per attirare maggiormente l’attenzione dell’automobilista, gridando “Un momento”!

Ma credetemi, quelli che mi fanno veramente ruotare in modo giroscopico gli attributi sono gli “attraversatore in diagonale”, coloro che mettendo in crisi tutti i concetti fondamentali della geometria analitica, per attraversare da una sponda all’altra, usano la direttrice più lunga……….(continua)

 

“Re e Viceré”

Voglio sconvolgervi dicendo qualcosa in controtendenza, ma nella quale credo. La politica è una cosa pulita, forse la cosa più pulita che oggi esista. Direte certamente che io oltre ad aver bevuto mi sia ostinato a non guardare televisione da anni ed abbia fatto di tutto per non tenermi informato.

Eppure non sto scherzando, se c’è una cosa bella, una bella invenzione di cui abbia potuto usufruire l’uomo, questa è la politica, la possibilità data all’individuo di poter partecipare alle scelte per il governo della sua polis ….. eppure.

La politica ed i politici sono lo specchio della società che li sceglie, quindi se il mondo va male perché addossare la colpa ai politici?

Se la nostra è una società malata e decadente non lo è perché sono marci i nostri rappresentanti, ma ci fa piacere e comodo crederlo!

La società va male perché forse siamo diventati dei “fanghi” e non meravigliamoci che tutto ciò che produciamo, finanche quando votiamo è del “fango”!

Non possiamo nasconderci sempre dietro un paravento, abbiamo avuto tutte le opportunità che una sana democrazia ci ha ridato, costruita a seguito di luttuosi eventi bellici, ma la nostra partecipazione alle sorti ed alla scelta della cosa pubblica è sempre più scemata fino ai giorni d’oggi!

Fateci caso, è stato sempre un manipolo di uomini a prendere il potere millantando partecipazioni oceaniche, fin dal tempo dei 1000.

Il nemico numero uno del nostro popolo siculo è stato da sempre il “Gattopardo” con quell’autorità ed autorevolezza pronta a dire l’ultima parola, a sputare l’ultima sentenza.

Da parte nostra siamo stati sempre alla ricerca di un padrone che ci sapesse ammaliare con la sua saggezza, fino a farci prendere coscienza che qualunque azione, qualunque iniziativa per cambiare lo “status quo”, sarebbe stata del tutto inutile poiché “tutto sarebbe cambiato affinchè tutto restasse come prima”.

Questa sentenza, come un macigno, emessa in un salotto nobile, da una persona da generazioni benestante, ci avrebbe dovuto far comprendere che da queste parti, il potere non combatte per difendere i propri privilegi, ma periodicamente sta attento alla finestra alla nascita di qualunque nuova iniziativa “di cambiamento” per convertirsi e riciclarsi in essa all’indomani della vittoria per continuare così a governare!

Fu borbonico, poi garibaldino, poi savoiardo ed in più fascista, democratico ed anche forzista ….. volete scommettere su cosa diverrà?

“Moda, Tendenza e Buon Gusto”

Cosa è la “moda”? Certamente qualcosa legata al suo tempo che coinvolge tutti uniformandoci al diktat stilistico, ad esempio e che ci porta ad indossare pantaloni a zampa di elefante o attillatissimi jeans, ad indossare loden o giacche a vento da ski a latitudini tropicali ed altitudini marine.

La moda e quella che ci uniforma il look facendoci portare capelli lunghi alla figli dei fiori o a rasarci completamente facendoci sembrare dei calvi o a “sminnare” completamente quei pazienziosi capelli attraverso l’uso del gel in improponibili creste o scritte attraverso parziali rasature o tagli più avvezzi alla funzionalità dei marines americani.

La tendenza generalmente è del “momento” ….. ad esempio in materia di ideologia politica, a mia memoria, è di tendenza dichiararsi radical chic e posizionarsi ideologicamente in una particolare posizione dell’emiciclo parlamentare per esser certi di avere successo nei talk-show e nella ricerca del lavoro intellettuale!

E’ di tendenza avere in casa un poster, una maglietta, un libro che evoca le gesta di un eroe sudamericano morto in Bolivia ed i molti casi non sapere chi fossero o addirittura pensare che i fratelli Pisacane gestissero un ipermercato nel Salento.

Per esser ancor più di tendenze, basta cavalcare a posteriori “dalla poltrona di casa” le gesta eroiche altrui, aggiungendo un pizzico di sano “professionismo dell’anti qualcosa” o diventando, ancor meglio, apostolo “dell’anti qualcosa”, garantendosi un successo è assicurato, una carriera e la certezza che qualunque malefatta cada nell’oblio!

Il “buon gusto”, beh … questo sta da se ed è insito nell’individuo ed è scorporato molto spesso dalle mode e dalle tendenze senza necessariamente essere legato al concetto di “classico”.

Il buon gusto sta nell’eleganza insita nel soggetto a prescindere spesso da ciò che si indossa, dalla capacità di mettere insieme colori diversi, stoffe diverse, capi diversi, posizioni diverse.

Il buon gusto è la capacità di saper effettuare non scelte vincenti a priori (per quello, basterebbe seguire le mode o le tendenze), ma addirittura creare ed imporre le stesse.

Vi renderete quindi conto che quasi tutti gli individui sono alla moda, sono una nicchia alquanto rumorosa gli individui che seguono le tendenze, sono pochi, anzi pochissimi coloro che hanno in se il concetto di buon gusto e costoro attraversano indenni le epoche …

 

Mattina, Noi, Gli Altri (1à p.)

Spiegatemi perché, siete appena usciti da casa e nella maggior parte dei casi non avete ancora fatto colazione, ma soprattutto non vi siete lavati la faccia ed ecco che avete già il telefonino all’orecchio per parlare ……… ma con chi?

La famiglia certamente no, l’avete lasciata un istante prima;

I colleghi di lavoro no, li incontrerete tra qualche minuto giungendo al lavoro; ………. l’amante? ………Forse l’amante!

Ma io mi chiedo perché se anche avete un’amante e siete così ipocriti da aver baciato i vostri cari prima di uscire da casa, la telefonatina con l’amante dovete proprio farla mentre guidate?

Ma poi sono le sette e trenta, per quale motivo dovete necessariamente iniziare a quest’ora la vostra giornata, facendo una telefonata, dal vostro telefonino, mentre guidate?

Avrei voluto vedervi, qualche tempo fa, uscire da casa e dover cercare una cabina telefonica, funzionante, un gettone telefonico e poi telefonare ad un numero fisso, con il rischio che vi rispondesse qualcuno di indesiderato! ……… Col cavolo che avreste fatto tutto!

In più io mi chiedo: “ma non era vietato parlare al telefonino mentre si guida? Dove sono i vigili sempre pronti a prendere multe?”

Non ci rivolgiamo la parola da chi sa quanto tempo! Di uscire insieme per una serata in pizzeria e poi al cinema, neanche a parlarne! Chi sa da quanto tempo non giochiamo più insieme al calcetto! Per non parlare di una passeggiata a piedi chiacchierando del più e del meno, …… ma usciamo da casa con il telefonino già all’orecchio pronti a consumare il “credito che ci hanno regalato” e con “X euro al mese” potrai parlare senza limiti con tutti i telefonini e con il costo dello “scatto alla risposta” anche con i telefoni fissi.

Ciao, non ci sentiamo da tempo …..” … Bravo! …Ci sarà un motivo?

Idiota! Ma con chi cavolo devi parlare se non sei nessuno e non ti “caga nessuno?” E poi con i “telefonini” non si parla, si parla con la “gente”, la si guarda negli occhi per leggere le loro reazioni a ciò che diciamo! E così che si guadagna il “vero credito”, non quello di chi vorrebbe assoggettarti al consumo, al continuo monitoraggio della tua vita!

Spegni questo “cavolo di telefono” ed utilizzalo per le emergenze, scopo per il quale era nato! Chi ti deve trovare per cose importanti, potrà sempre farlo ….. ed esci, incontra gente, scoprirai di avere 1000 numeri in rubrica, ma soli tre “amici veri” … non sognarti grande manager, vola basso e dedicati a loro …(continua ….)