E’ stato per un bel pò la home page del mio sito, poichè in un certo senso buona parte del piacevole sollazzo che mi impegna nel fine settimana, quando mi accingo alla tastiera per regalarvi spunti di riflessione, si avvicina molto alla mente che guidava la mano anonima di chi lasciava sonetti che canzonavano il Papa……………Nessuno seppe mai chi era Pasquino, probabilmente al Pasquino iniziale si aggiunsero tanti Pasquini, un pò come accade per noi ………… l’importante è prendersi di coraggio e vedrete che ognuno di voi ha qualcosa di divertente da raccontare ………… o qualche clips da mandare e condividere con gli altri. Sono andato a Roma alla ricerca di questa statua che è piuttosto piccola ed “agnonata”, a ridosso di Piazza Navona, è la sua vista mi ha comunque suscitato emozioni!!!!!!!
“La statua è in realtà un frammento di un’opera di stile ellenistico, risalente forse al III secolo a.C., danneggiata nel volto e mutilata degli arti. Rappresenta probabilmente un guerriero di area ellenica. Si è sostenuto trattarsi di un frammento di un gruppo, forse dello scultore Antigonos, raffigurante “Menelao che sorregge il corpo di Patroclo morente” (del quale sarebbe una copia bronzea l’opera oggi a Firenze nella Loggia dei Lanzi), ma l’attribuzione è stata contestata. Precedenti attribuzioni intendevano che raffigurasse “Aiace con il corpo di Achille” o “Ercole in lotta con i Centauri”. Reperita a poca distanza da piazza Navona (rione Parione), si ritiene che sia stata impiegata per l’ornamento dello Stadio di Domiziano, oggi coperto dalla piazza. Fu ritrovata nel 1501 durante gli scavi per la pavimentazione stradale e la ristrutturazione del Palazzo Orsini (oggi Palazzo Braschi), proprio nella piazza dove oggi ancora si trova (allora detta piazza di Parione ed oggi piazza di Pasquino). La ristrutturazione, di cui si occupava anche il Bramante, veniva eseguita per conto dell’influente cardinale Oliviero Carafa, in seguito divenuto noto per la campagna di moralizzazione dell’arte; il prelato, che si sarebbe stabilito nel prestigioso palazzo, insistette per salvare l’opera, da molti ritenuta invece di scarso valore, e la fece sistemare nell’angolo in cui ancora si trova, applicandovi lo stemma dei Carafa ed un cartiglio auto celebrativo.
Sul perché la statua abbia proprio questo nome, familiare ed affettuoso, non si hanno che una nutrita serie di ipotesi, per lo più leggendarie. Si vuole, da alcuni, che Pasquino fosse un personaggio del rione noto per i suoi versi satirici: si è detto che potesse essere un barbiere, un fabbro, un sarto o un calzolaio. Secondo Teofilo Folengo “mastro Pasquino” sarebbe stato un ristoratore, un trattore che conduceva il suo esercizio nella piazzetta. Un’ipotesi recente, piuttosto attendibile, sostiene invece che fosse il nome di un docente di grammatica latina di una vicina scuola, i cui studenti vi avrebbero notato delle rassomiglianze fisiche; sarebbero stati questi, secondo tale versione, a lasciare per goliardia i primi fogli satirici. Vi è anche un’altra antica versione che vorrebbe collegare il nome della statua a quello del protagonista di una novella del Boccaccio (Decameron, IV, 7) morto per avvelenamento da salvia, erba nota invece per le sue qualità sanifiche. Il nome quindi sarebbe stato ad indicare chi viene danneggiato dalle cose che si spacciano per buone (come poteva essere, in quel contesto, il potere teocratico papale). (da Wikipedia)
Jean-Baptiste Lully o Giovanni Battista Lulli (Firenze, 28 novembre 1632 – Parigi, 22 marzo 1687) è stato un compositore italiano naturalizzato francese.
Si firmò sempre Lully, sebbene nella lingua del suo paese natale, la y non esistesse. Senza dubbio adottò questa ortografia sentendo il suo nome pronunciato alla francese, ovvero, con l’accento sull’ultima sillaba. Nacque nel 1632 a Firenze o nei dintorni di questa città. Suo padre era garzone di mulino. Lully arrivo in Francia poiché Mademoiselle de Montpensier aveva pregato lo chevalier di Guise di partire per l’Italia allo scopo di ricondurre con sé un piccolo italiano “se ne avesse incontrato qualcuno grazioso”. Senza dubbio il bambino era piaciuto allo chevalier per la gaiezza e la vivacità, giacché era “lariu”. Infatti, quando mademoiselle lo vide (aveva 12 anni), non gli trovò posto migliore delle sue cucine, lo chevalier, nel presentarlo, non avesse fatto menzione dei talenti che possedeva quel ragazzo, il quale aveva infatti ricevuto lezioni da un monaco francescano che gli aveva insegnato a suonare la chitarra. Non appena installato nelle cucine, lo si vedeva raccattare le casseruole di ogni forma e grandezza, disporle convenientemente in scale musicali e poi, servendosi di un mestolo, eseguire bizzarre armonie da carillon con l’improvvisata orchestra. Lo studio della chitarra, gli resero l’apprendere la diteggiatura del violino, una cosa facile e quasi naturale.
Il conte di Nogent, nel far visita a mademoiselle e passando per caso sotto le finestre delle cucine, disse alla principessa che tra i galoppini si trovava uno che aveva talento e mano. Il ragazzo compiva allora tredici anni. Mademoiselle lo fece uscire dalle cucine per accoglierlo nei suoi appartamenti, da dove la sua figura poco gradevole l’aveva in un primo tempo fatto allontanare. Durante i sei anni in cui Lully rimase in questa casa fece dei progressi straordinari, specie nello studio del violoncello. Studiò il clavicembalo e la composizione con Métru, Gigault e Roberday, organisti allora molto celebri a Parigi. Appena Lully cominciò a possedere qualche conoscenza nel campo musicale, si mise a comporre e le sue arie non tardarono ad essere notate. Una rimarchevole circostanza, poco onorevole in verità per lui, aumentò la sua reputazione di compositore. l’aver messo in musica una satira contro la sua padrona, mademoiselle de Montpensier, cosa che gli procurò il bando dalla casa in cui aveva vissuto fino ad allora. Obbligato quindi a cercarsi si presentò all’orchestra di corte, e fu accolto come garzone d’orchestra, benché già componesse arie e sinfonie notevoli, il re stesso ebbe voglia un giorno di sentire Lully che suonò in sua presenza con un tale successo che una nuova banda di dodici violons fu formata e messa sotto la sua direzione e la si chiamò banda dei petits violons. Tutti i violinisti che si fecero un nome in quest’epoca e in quella immediatamente successiva, uscirono dall’orchestra di Lully. Nonostante ciò, egli cercava di trovare dappertutto dei protettori, facendosi sentire nelle riunioni importanti dei grandi personaggi della corte e componendo dei brani di limitata estensione che egli stesso cantava. Il suo successo, del resto, era assicurato, dal momento che era piaciuto al re Luigi XIV. Nominato quindi dal re sovrintendente delle musica, smise di suonare per dedicarsi alla composizione. Ma ciò mi spinge a farvi attenzionare questo compositore è certamente l’episodio della sua fine che fu causata da un avvenimento che potrebbe sembrare ridicolo se non avesse avuto così gravi conseguenze per lui: stava provando un Te deum per la convalescenza del re, verso la fine del 1686, quando , battendo la misura col suo bastone, (in quell’epoca la piccola bacchetta del direttore d’orchestra veniva sostituita da un pesante bastone) si ferì l’estremità di un piede per la distrazione. Nel giro di qualche tempo il suo medico gli annunciò che la natura della ferita esigeva l’amputazione del dito. Lully si rifiutò. Più tardi, lo stesso medico gli disse che era necessario amputare il piede, trovando nuova resistenza da parte sua, infine, gli prospettò la scelta tra il perdere la gamba o la vita. A questo punto, Lully si sarebbe forse deciso a subire l’operazione, ma, per sua sfortuna, sopravvenne un ciarlatano che promise di guarirlo salvandogli la gamba. Ebbe dapprima qualche miglioramento, ma fu solo effimero e temporaneo, la cancrena fece progressi rapidi, bisognò rassegnarsi a morire, cosa che Lully fece con la compostezza abituale delle genti del suo paese, confessò i suoi peccati e cantò una frase melodica di una sua composizione su queste parole: Il faut mourir, pécheur. Il faut mourir (Morir bisogna, peccatore. Morir bisogna). Poco dopo spirò, il 22 marzo 1687. (liberamente tratto da Wikipedia)
La Pasqua è preceduta da un periodo preparatorio di astinenza e digiuno, della durata di quaranta giorni, chiamato Quaresima che inizia il Mercoledì delle Ceneri; l’ultima settimana del tempo di quaresima è detta Settimana Santa, periodo ricco di celebrazioni e dedicato al silenzio ed alla contemplazione. Comincia con la Domenica delle Palme, che ricorda l’ingresso di Gesù in Gerusalemme; qui fu accolto trionfalmente dalla folla che agitava in segno di saluto delle foglie di palme. Per questo motivo nelle chiese cattoliche, durante questa domenica, vengono distribuiti ai fedeli dei rametti di olivo benedetto (segno della passione di Cristo).
Gli ultimi giorni della Settimana Santa segnano la fine del tempo di Quaresima e l’inizio del Triduo Pasquale. Durante il Giovedì Santo, di mattina si svolge la Messa del Crisma, in cui il Vescovo consacra gli Olii Santi (Crisma, Olio dei Catecumeni ed Olio degli Infermi), i quali serviranno durante tutto il corso dell’anno rispettivamente per celebrare le cresime e i battesimi, ordinare i sacerdoti e celebrare il sacramento dell’Unzione degli Infermi; l’Ora Nona del Giovedì Santo conclude il tempo di Quaresima, ed il Triduo Pasquale inizia la sera del giovedì, con la Messa in Cena Domini; questa fa memoriale dell’Ultima Cena consumata da Gesù nella sua vita terrena, nella quale furono istituiti l’Eucarestia e il ministero sacerdotale, e fu consegnato ai discepoli il Comandamento dell’Amore (Gv 13,34). Durante questa Santa Messa si svolge la tradizionale lavanda dei piedi e vengono ‘legate’ le campane (le campane non possono suonare dal Gloria della messa del giovedì sera al Gloria della Veglia di Pasqua). In questo giorno è inoltre tradizione, non certificata dalla dottrina, compiere il cosiddetto giro “delle sette chiese”, andando ad adorare i sepolcri allestiti in sette chiese vicine.
Il Venerdì Santo non si celebra l’Eucarestia: la liturgia è incentrata sull’adorazione della Croce e la Via Crucis.
Il Sabato Santo, unico giorno dell’anno in cui non si amministra la Comunione salvo come viatico, è incentrato sull’attesa della solenne Veglia di Pasqua che si celebra fra il tramonto del sabato e l’alba del Nuovo Giorno. Inoltre il Sabato Santo è l’unico giorno dell’anno senza alcuna liturgia, ed è perciò detto “aliturgico”. Non soltanto non può essere somministrata la Comunione, ma non si celebra nemmeno la Messa, e, di solito, nelle chiese i tabernacoli sono spalancati, e privi del Santissimo. Che viene conservato in sacrestia. Gli altari sono spogli, senza fiori e paramenti, e un senso di lutto pervade tutta l’area del tempio.
La Veglia pasquale si compone di quattro fasi:
[…] Il più intimo tra i sostenitori italiani della ex first lady non è Walter Veltroni, né Francesco Rutelli
[…] L’amico italiano di Hillary si chiama Leoluca Orlando.
[…] Leoluca l’ha chiamata per sostenerla e lei, ripartita alla grande, lo ha ringraziato con una e-mail a dir poco calorosa: «Caro Leoluca, tu e io abbiamo sorpreso molta gente. Nei giorni dopo l’Iowa, mi sono rivolta a te e ti ho chiesto di stare dalla mia parte. Quando più ho avuto bisogno di te mi sei stato vicino con grande onore. From the bottom of my heart, grazie».
Un’amicizia nata quando Hillary era alla Casa Bianca e Orlando sindaco.
[…] (Evidenziazioni in rosso di Fry Simpson.)
Ma
Guardate, infatti, cosa mi ha scritto proprio oggi:
Dear Daniele (Fry Simpson blogger),
From Oklahoma,
It’s not over yet. Votes are still being counted and we may not know the full results until tomorrow. But I wanted to make sure I thanked you for all you have done because, yet again, your support has given us the momentum tonight.
Thank you,
Hillary Rodham Clinton
Inutile dire che è una mail preconfezionata 😀
Per riceverne una ogni giorno basta iscriversi sul sito di Hillary Clinton.
Un apposito software personalizzerà l’intestazione col nome che avete inserito nel campo “First Name” e vi invierà la mail del giorno.
Mail in cui Hillary vi dirà che senza di voi non ce l’avrebbe fatta e smancerie del genere. Che vi chiamiate Leoluca Orlando o Vito Catozzo, riceverete la stessa identica mail con la sola intestazione “personalizzata”.
PERLE DI SAGGEZZA
“La cosa che mi ha sempre choccato è che quando il lavoro è inutile te lo pagano benino,
appena fai qualcosa di interessante fatichi a farti pagare!!”
Amici, quanti di noi sognatori hanno amato tanto questo film, non per niente diretto da Francis Ford Coppola ed interpretato dall’allora sensualissima Kathleen Turner ed Nicolas Cage (nipote all’anagrafe di Ford Coppola). Tra gli altri interpreti un giovane Jim Carrey.
La trovata spettacolare e quella della nostra protagonista Peggy madre matura che accompagnando la figlia ad una festa da ballo, dopo uno svenimento a seguito di un improvviso malore, si risveglia adolescente, a rivivere le vicende di quell’età con la maturità dei giorni d’oggi!
Meraviglioso, rivevere le decisioni importanti della nostra vita avendo alle spalle almeno quarant’anni di esperienza! Ritornare al liceo ed avere la dovuta sicurezza che pervade chi ne ha viste tante. L’approccio con l’altro sesso senza timidezza o con la dovuta timidezza per chi di noi si è fatto schifiare. Avere l’avventura della propria vita che aveva lasciato il rammarico per non averla colta. Ritornare indietro quella volta che avevamo voltato le spalle senza più rivederla o rivederlo.
Non approfittare di quella circostanza per mortificare colui che non lo meritava. Affrontare gli esami con la sicurezza di chi oggi esamina gli altri. Insomma mettersi nelle condizioni di poter barare per una volta, con il superpotere di chi ha “l’esperienza” e di chi magari ha avuto solo una occasione ed ha sbagliato, oppure di chi continua ad avere la stessa occasione e coerentemente la sbaglia, fin quando non è più tempo!!!! E come Moretti, superati i 40 anni, guardiamo quel metro per capire dopo i primi 40 centimetri, rispetto alle nostre aspettative di vita, quanto ci rimane. Ma pensiamo anche ai metri altrui ed a tutti quelli che non hanno raggiunto tali aspettative e diventa sempre più pesante vedere le foto di gruppo di giventù e vedersi spegnere alcuni volti!!! Per questo apprezziamo di più Peggy Sue, perchè a quell’età non avevamo la consapevolezza che “ogni lasciatà era persa”, a maggior raggione che non esistevano deterrenti quali “la sindrome di immuno deficenza”, perchè di essere “immuni non nè avevamo consapevolezza” ma di esser “deficenti” nelle nostre azioni, quello lo sapevamo ma non avevamo il coraggio di ammetterlo. Ed allora useremmo lo stesso questo super potere per tornare indietro e sbagliare, a continuare a non concederci a chi tanto ci piaceva o tornarare indietro, con l’esperienza di oggi, per farci inserire in quell’elenco di colei o colui che era stato con mezza città, ….. l’altra mezza ……. ed oggi vive nel rispetto smemorato di tutti. Un abbraccio dal “profumiere” Epruno!!!!!
Da bambine la mamma ci portava in un bagno (WC) del ristorante o della stazione, puliva la tavolozza, ne ricopriva il perimetro con la carta igienica e poi ti spiegava: ‘MAI, MAI e poi mai appoggiarsi sulla tazza’ e poi ci mostrava ‘la posizione’ che consiste nel chinarsi sulla tazza facendo come per sedersi, ma senza che il sederino venisse a contatto con la tavolozza.
‘La posizione’ è una delle prime lezioni di vita di una bambina, importantissima e necessaria e deve accompagnarci per il resto della vita. Ma ancora oggi, da grandi, ‘la posizione’ è terribilmente difficile da mantenere quando ti scappa forte forte. Quando ‘devi andare’ nel bagno di una stazione di servizio o di un ristorante, ti ritrovi con una coda di donne che ti fa pensare che dentro ci sia Brad Pitt. Allora ti metti buona ad aspettare, sorridendo amabilmente alle altre che aspettano anche loro con le gambe strette e le braccia incrociate (che è poi la posizione ufficiale di ‘me la faccio addosso’). Finalmente tocca a te, ma arriva sempre la mamma con ‘la bambina piccola che non può più trattenersi’ e ne approfittano per passare avanti tutte e due! A quel punto controlli sotto le porte per vedere se ci sono gambe. I due bagni sono tutti occupati. Finalmente se ne apre uno e ti butti addosso alla persona che esce. Entri e ti accorgi.. che non c’è la chiave (non c’è mai ..mai!!) .
Va bene …non importa… Ti serve un gancio ..ovvero qualcosa dove appendere la borsa e il soprabito (e non c’è mai !). Ispezioni la zona. Il pavimento è pieno di acqua (speriamo sia acqua) e non osi poggiarla lì, per cui te la appendi al collo ed è pesantissima, piena com’è di cose che ci hai messo dentro, (la maggior parte delle quali non usi, ma le tieni perché non si sa mai). Ma torniamo alla porta… Dato che non c’è la chiave, devi tenerla con una mano, mentre con l’altra ti abbassi i pantaloni e assumi ‘la posizione’… A Ahhhhhh..ahhh. finalmente…
A questo punto cominciano a tremarti le gambe… perché sei sospesa in aria, con le ginocchia piegate, i pantaloni abbassati, il braccio teso che fa forza contro la porta e una borsa di 5 chili appesa al collo. Vorresti sederti, ma non hai avuto il tempo di pulire la tazza né di coprirla con la carta. Dentro di te pensi che non succederebbe nulla se ti mettessi seduta, ma la voce di tua madre ti risuona in testa ‘non sederti mai su un gabinetto pubblico!’: Così rimani nella ‘posizione’, ma per un errore di calcolo un piccolo schizzetto ti va sulle calze!!! Fortunata se non ti bagni le scarpe. Mantenere ‘la posizione’ richiede concentrazione e addominali. Cerchi il rotolo di carta igienica maaa,…. cavolo…! Non ce n’è…! (mai). Allora preghi il cielo che tra quei 5 chili di cianfrusaglie che hai in borsa ci sia un misero kleenex, ma per cercarlo devi lasciare andare la porta.
Ci pensi su un attimo… non hai scelta !
E non appena lasci la porta, qualcuno la spinge e devi frenarla con un movimento brusco: un momento!! ‘O-CCU-PA-TOOO!!!’, continuando a spingere la porta con la mano libera, A quel punto dai per scontato che tutte quelle che aspettano fuori abbiano sentito e adesso puoi lasciare la porta senza paura, nessuno oserà aprirla di nuovo (in questo noi donne ci rispettiamo molto) e ti rimetti a cercare il kleenex. In questo preciso momento si spegne la luce automatica (e ora dove sarà l’interruttore ?) Riaccendi la luce con la mano del kleenex, perché l’altra sostiene i pantaloni, conti i secondi che ti restano per uscire di lì, sudi perché hai sù il soprabito che non hai potuto appendere, il dolore al collo per la borsa, il sudore che ti scorre sulla fronte, lo schizzo sulle calze… il ricordo di mamma che “le sue chiappe non hanno mai toccato la tavolozza di un bagno pubblico”, dal momento che ‘non sai quante malattie potresti prenderti qui’.
Sei esausta. Quando ti metti in piedi non senti più le gambe. Ti rivesti velocemente e soprattutto tiri lo sciacquone! Se non dovesse funzionare… preferiresti non uscire mai più da quel bagno! Oddio che vergogna!
Finalmente vai al lavandino. È tutto pieno di acqua e non puoi appoggiare la borsa, Te la appendi alla spalla. Non capisci come funziona il rubinetto con i sensori automatici e tocchi dappertutto finché riesci finalmente a lavarti le mani in una posizione da gobbo di Notre Dame per non far cadere la borsa nel lavandino. Il rotolo asciugamani è vuoto o la carta non scorre e finisci per asciugarti le mani scuotendole! Esci passando accanto a tutte le altre donne che ancora aspettano con le gambe incrociate e non riesci a sorridere, dal momento che ti guardano rancorose perché pensano che hai passato dentro un’eternità.
Esci e vedi tuo marito o il tuo ragazzo che è già uscito dal bagno da un pezzo e gli è rimasto perfino il tempo di leggere la Divina Commedia.
Perché ci hai messo tanto?’- ti chiede irritato.
Dategli una borsata su quella faccia da ebete.. oppure fategli un mesto sorriso..tanto cosa volete che ne sappiano gli uomini dell’universo femminile….
La drammatica crisi in atto riporta la Cina al centro dell’attenzione internazionale a meno di di cinque mesi dai Giochi Olimpici. Il comitato olimpico si oppone “a ogni tentativo di strumentalizzazione politica dei Giochi perché ciò andrebbe contro il vero spirito della manifestazione”. Il portavoce Sun Weide ha dichiarato: “Abbiamo ricevuto un enorme sostegno da parte della comunità internazionale. L’Olimpiade rappresenta un sogno per tutti i cinesi e anche per le popolazioni del Tibet”. Nelle scorse settimane personaggi dello spettacolo e del cinema americano avevano invitato gli atleti a boicottare le Olimpiadi per le posizioni delle autorità cinesi sul tema dei diritti umani e sulla crisi del Darfur. Il regista Steven Spielberg, che avrebbe dovuto partecipare all’organizzazione delle cerimonie di inaugurazione e chiusura, ha rinunciato per protesta all’incarico. (da gazzetta dello sport)