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Ma cu mu purtaru, i muorti?

Carissimi

“Ma cu mu purtaru, i muorti? …”

Da queste parti, abbiamo dato ai “morti” (i nostri defunti) anche questa incombenza, di mettere tra i nostri piedi persone indesiderate che ci creano problemi o che ci danno dispiaceri e fastidi.

Purtroppo i morti sono morti e quando noi ne evochiamo la loro figura nelle nostre preghiere sappiamo bene che facciamo riferimento ad assenze che hanno lasciato un vuoto spesso incolmabile nella nostra vita e per la quale cerchiamo lungamente di elaborarne il lutto.

Siamo speciali anche in questo alle nostre latitudini, cercando di tenere in vita tradizioni che consentono almeno per un giorno di ricongiungersi con chi non c’è più, trascorrendo una giornata al cimitero sulla tomba come se costoro fossero ancora vivi, qualcuno addirittura imbandendo un vero e proprio pranzo (oggi usanza scoraggiata dalle norme), chiamando finanche dolci tipici del periodo con appellativi che esorcizzano la morte.

Qui dove le nostre nonne le ricordiamo sempre vestite a nero per il susseguirsi dei vari lutti, non abbiamo mai avuto bisogno di affidarci all’invito di Ugo Foscolo a perpetrare la presenza dei nostri cari che non ci sono più mediante il loro ricordo.

Qui che abbiamo un rapporto particolare con la morte e il mistico religioso a tal punto di vedere nella esposizione dei cenacoli pasquali nelle chiese dei sepolcri, facendo all’anagrafe morire Nostro Signore un giorno prima.

Qui che il lutto e le strisce nere sono state da sempre accettate quali normali e naturali passaggi della nostra esistenza avremmo dovuto ragionare e maturare per tempo quello che molto spesso è stato la perdita del valore dell’esistenza umana, il valore della vita.

Tanto rispetto per i morti e quasi nulla la considerazione per ciò che la vita umana rappresenta, anche attraverso la sua qualità e aspettativa di vita.

Siamo stati la terra dove si sono perpetrati efferati delitti e siamo la terra che convive con tanti morti viventi, trascurandoli e voltandosi dall’altro lato.

Quanti ultimi scansiamo ogni giorno? Quanta falsa partecipazione? Quanta falsa costernazione? E dire che per loro (ancora vivi) potremmo fare qualche cosa.

Dobbiamo necessariamente attendere che la gente muore per poterla ricordare ed onorare.

Dove siamo, dove eravamo quando costoro ci chiedevano silenziosamente aiuto. Dov’era la nostra sensibilità. Siamo strani, abbiamo ben conservato il nostro abito del lutto e la “maschera tragica” pronta a fare il nostro dovere, ma non siamo in grado di vedere per la sua vera ragione la morte perché non siamo in grado di apprezzare il vero valore di una vita.

Il progetto della vita è qualcosa che mi intriga tanto perché ho sempre pensato assurdo e bestiale mettere fine ad una vita (quando sento parlare di omicidi, di incidenti mortali) senza aver pensato per un istante che questa è il risultato di un lungo progetto, nato nella quasi totalità dei casi da un atto d’amore ed atteso per nove mesi, partorito e cresciuto con tanto amore e seguito in tutte le tappe della propria crescita.

Una vita umana non è una fotografia dell’ultimo istante, essa è un album di fotografie di una intera esistenza. Anche dietro alla vita più scellerata ci saranno stati istanti d’amore.

Ecco perché trovo insignificante e spesso di pessimo gusto, le esposizioni di mummie, l’esposizione della morte, di contenitori che furono corpi oggi devastati dal tempo, fatta nei secoli dalle nostre parti.

So di turbare la sensibilità di qualcuno dicendo che anche i cimiteri altro non sono che villaggi di morte il più delle volte maggiormente rappresentate dal ricordo, da foto e da storie nelle lapidi più che dall’ostinazione di preservare ossa raccolte e spesso vilipese nel tempo.

Ecco perché mi sento di amare la vita, non avendo più nulla da fare davanti alla morte, poiché qualunque sia la nostra convinzione religiosa, la vita e la morte sono due condizioni incompatibili di dimensioni assolutamente diverse ed intangibili.

Bisogna pertanto mostrare il nostro affetto e la nostra presenza in vita in quanto dopo, qualunque manifestazione, anche la più sentita non serve a niente se non per fomentare rammarichi di istanti sprecati che sarebbero potuti valorizzarsi accanto alla persona che ci ha voluto bene ed alla quale abbiamo voluto bene e di cui oggi ne celebriamo l’assenza.

Ecco perché più che commemorare per un giorno i defunti (che sono abbondantemente presenti costantemente nel mio cuore e nella mia mente) io celebro per gli ulteriori 364 giorni dell’anno la vita e la disponibilità, senza preconcetti, con approccio di grande apertura verso il mio prossimo, verso qualcosa che è viva e vive nella mia stessa dimensione.

Un abbraccio, Epruno.

Epruno a Cuore Aperto: Leggendo Epruno 7

Dov’è Crongoli?

Questa è la seconda domanda che normalmente chi mi conosce e non mi vede da anni, mi fa, segno che in qualche modo anche se distrattamente in questi venti anni si sarà imbattuto in ciò che il venerdì scrivo, attraverso i vari strumenti della comunicazione che in questi anni ho percorso.

Non è semplice passare dal rapporto “uno-tanti” dove non sai quanti siano e chi siano come accade nelle partecipazioni radiofoniche o nella web editoria al rapporto “uno-pochi” dove difronte a te fisicamente c’è gente che è venuta a vederti e ascoltarti, nel buio di una sala.

Io me la sono cavata bene per due motivi, la passione liceale per la recita a teatro anche se mi sono dovuto cimentare in quelle poche esperienze fuori da quelle della filodrammatica di parrocchia con mostri sacri quali il Peer Gynt di Henrik Ibsen o il Crogiolo di Arthur Miller, non male per un ragazzino diciottenne.

Ma non nascondo che devo molto anche all’esperienza professionale del mestiere che ho fatto nella vita e mi ha portato spesso su una pedana, su un palco a dover parlare a centinaia di persone, dover fare il formatore, dover fare il conferenziere, dover accettare le ospitate a volte anche in TV le quali mi hanno certamente disinibito.

Si accende una luce, sei in onda e poco importa dove e come.

Questa lotta ancora in atto tra un professionista di una materia alquanto seria e razionale e lo scrittore dilettante per passione di editoriali e brani che scavano in fondo al comportamento umano attraverso gli strumenti della satira, mi ha permesso di smussare gli spigoli e le asperità che in questi ultimi anni mi si sono presentati.

Epruno ha aiutato l’ingegnere e di contro l’ingegnere si è servito di Epruno anche nel ricoprire ruoli di una certa autorevolezza.

Epruno mi ha permesso di conoscere tanti altri velati Epruno in molte persone che pur avendo un ruolo a volte alquanto serio, trovavano quella parentesi nella propria giornata per perseguire il proprio sogno, la propria passione e allora ecco che si sono create delle affinità elettive, grandi rapporti che hanno bruciato fiamme consistenti ma che come tutte le grandi fiamme si sono spesso esaurite in poco tempo.

Diceva Nino Manfredi nel film Nell’anno del Signore, interpretando Pasquino, che “diventare Pasquino non è difficile, il difficile è rimanerci” e così con le dovute proporzioni essendo Epruno stato in certi periodi un Pasquino dei giorni d’oggi, ha dovuto constatare che in molti aleggia questo spirito nascosto che se stimolato viene fuori per poi essere riassorbito dalla propria razionalità e seppellito dal contegno o dalla vergogna di mettersi a nudo con la paura di rimanere scoperto e senza scudi di protezione. Potrei farvi tanti nomi di amici autorevoli che in passato hanno voluto “cazzeggiare seriamente” insieme a noi, ma guardiamo sempre al presente e soprattutto siamo curiosi per ciò che verrà.

Non si finisce per essere Epruno perché si ha tanto tempo da perdere e non si ha nulla da fare, questa è la risposta che si danno i mediocri, posso dire che più la mia vita si è riempita di impegni professionali, più in me è nata l’esigenza di ritagliare dal mio esiguo tempo libero e perché no anche dal mio sonno, spazi per scrivere, per descrivere e a volte denunciare attraverso uno stile ironico leggero e molto personale ciò che quotidianamente ci accade.

Ecco Leggendo Epruno fa forza su questo coinvolgimento dell’attimo, ferma questo bel momento condiviso senza ambizione di voler cambiare nulla o di ergersi a momento di valore artistico, produce adrenalina nell’istante anche nei lettori da me coinvolti per leggere i miei testi che solo sul palco avranno la contezza globale dell’evento, proprio come il pubblico, avendo a differenza di quest’ultimo almeno conosciuto il proprio brano da leggere, la propria parte.

Per chi non ne ha visti neanche uno fino ad oggi, posso dare alcune cifre per fornire un’idea dell’impegno creativo.

Il format originale (insisto nel dirlo che si è evoluto nel tempo) consta di 15.000 parole divise equamente tra una narrazione che fa da filo conduttore (che quest’anno parlerà di Crongoli) letta mirabilmente come sempre da Mario Caminita, noto Dj, presentatore e voce radiofonica ma soprattutto Amico, incontrato circa dieci anni e complice ideale in questi progetti e 12 brani, in parte scritti per l’occasione e in parte presi dalla mia scrittura settimanale, correlati con l’argomento principale che quest’anno sarà la “semplicità”.

A leggere questi brani saranno Amici lettori dilettanti, come sempre, tranne una eccezione l’attrice Stefania Blandeburgo anche qui frutto di un rapporto di stima personale che per una serata giocherà insieme a noi e come sempre in quelle rare occasioni negli ultimi tempi, essendo una di noi.

Completano la lista Carmelo Castronovo, Fabio Cocchiara, Gaetano Perricone, Manfredi Agnello, Maurizio Salustri, Nadia Spallitta, Silvia Testa, Tiziana Caccamo, Tommaso Gioietta, Tony Paladino, Totò Cianciolo.

Anche per questa edizione sono riuscito a convincere e coinvolgere il “disegnatore” Franco Donarelli (anche egli ingegnere guarda caso) che ha rappresentato Crongoli in 20 splendide tavole originali che saranno di certo il valore aggiunto della serata.

Oltre ad aver scritto tutti i testi e creato il multimediale che sostiene il format, curerò la regia (parola grossa), mentre ci saranno veri professionisti alla regia audio e luci quali Roberto Fontana di AVL Produzioni e il suo staff.

Se in fine mettete il tutto dentro un contenitore magico come il Real Teatro Santa Cecilia di Palermo riconsegnato da pochi anni alla città e alla Fondazione The Brass Group avremo l’onore di “cazzeggiare seriamente dove gli altri lavorano”.

Come al solito l’evento è in unica serata, chi vorrà condividerlo con noi non dovrà fare altro che andare direttamente su http://www.bluetickets.it/ o attraverso il sito della Fondazione The Brass Group e presentarsi domenica 28 Ottobre in teatro perché alle ore 18.00 si comincerà puntualmente ……

Per tutti gli altri, potrete continuare a leggermi fin quando avrò voglia di scrivere, il Venerdì. Che volete è gente semplice.

Un abbraccio, Epruno

Il Dirottamento dell’Autobus

Chi ricorda i tempi dei “Gufi” rammenterà il brano sul dirottamento del 18 e non DC8 come frequentemente accadeva di quei tempi.

Analoga esperienza ho fatto io oggi ma non sul 18 ma sul 102 perché da noi gli autobus iniziano con il 100.

Accade che un motorista come il sottoscritto, in una giornata di pioggia, dovendo recarsi al lavoro per partecipare a un evento pubblico, nel ruolo, scelga di non avventurarsi come sempre sulla sua moto incurante dell’acqua che cade dal cielo e di non sottoporsi agli schizzi di fango provenienti dalle auto che ti corrono accanto.

Allora. Il panico. Che fare?

un giorno di ordinaria follia

Prendere l’automobile, non se ne parla se non si è disposti a fare come Douglas (in “Un giorno di ordinaria follia”) e lasciare l’auto in mezzo al traffico non appena giunti alla zona pedonale e consegnare le chiavi al vigile in servizio all’incrocio.

Andare a piedi, sarebbe una malsana e poco salubre idea, ascoltare chi ti dice: “Io vado a piedi al lavoro e mi tengo in forma”. A costoro direi: “Ma hai mai fatto caso al feto di sudore che emana il tuo corpo quando giungi in ufficio”?

Non venitemi a dire che voi in ufficio oltre agli armadietti personali avete il ricambio e soprattutto la doccia con relativi spogliatoi?

Non restano che i mezzi pubblici, memori di chi ci fa la morale giornalmente dicendoci che usa questo servizio che è comodissimo.

Bene, perché fare i “sconza iuocu”, i “nemici da cuntintizza” e così sotto la pioggia e con l’ombrello ho deciso di raggiungere la nostra Gare de l’Est, la nostra Victoria Station o più in piccolo la nostra Shottentor U-Bahn, la Stazione Notarbartolo dove purtroppo l’unico treno utile per la stazione centrale era appena partito e abituato male con le metropolitane del nord Europa mi sono dovuto arrendere all’idea che il prossimo convoglio sarebbe passato mezz’ora dopo e per giungere a destinazione avrei dovuto attendere altri 23 minuti, totale più di cinquanta minuti.

Non me lo sarei potuto permettere e malgrado avessi trascorso tutta la mia adolescenza sull’autobus, il solo pensiero di affidare sotto la pioggia, il raggiungimento della mia meta a questo mezzo pubblico mi terrorizzava fortemente.

bus

C’era poco da fare o bere e bagnarsi o affogare.

Raggiunta la fermata di via Libertà a piedi e sotto la fastidiosa “pioggiolina nzuppa viddrani” non vi nascondo di aver avuto un mancamento quando a Piazza Croci ho visto due gradevoli vigilesse con la loro macchina messa di traverso, deviare il traffico da via Libertà e alla mia domanda “perché?”

La risposta è stata: “corteo”.

Ora in moto ciò mi accade una mattina si e una no, ma gli autobus? Rassicurato dalle stesse che il mezzo pubblico avrebbe anch’esso seguito la deviazione, mi reco nella prima fermata della piazza, dove altra gente si “rummuliava” per l’accaduto, ma quando a un certo punto in lontananza ho visto un autobus superare lo sbarramento e introdursi in via Libertà ho temuto i nuovi Vespri Siciliani, in quanto la gente in attesa con me alla fermata si e messa a correre per ritornare verso via Libertà e aggredire verbalmente le due vigilesse al grido di “ma comu iu a finì” o “non c’è più serietà” e ammetto che anche io mi sono lasciato prendere da questi moti che se fomentati rischiavano di giungere fino a palazzo di città.

vigilesse

 Solo la professionalità e la freddezza delle vigilesse è riuscita a sedare la folla gridando che trattavasi di un mezzo fuori servizio e proprio mentre ci si stava calmando ecco che il 102 sopraggiungendo alle nostre spalle, invece di entrare in via Libertà (chiusa) girava verso la Piazza Croci e conseguentemente tutta la folla urlante invertendo il senso di marcia si è affannata a ritornare alla fermata di prima, me compreso, per prendere al volo l’autobus dove nel mentre i passeggeri si erano messi ad urlare visto il tracciato mutato.

Persino tre turisti che seguivano su un navigatore satellitare il percorso del bus sembravano cadere dalle nuvole, fin quando l’autista dal suo posto di guida ci ha urlato: “Tranquilli l’autobus è stato dirottato causa una manifestazione su via libertà”.

Eravamo nel pieno di un dirottamento. Una rubiconda matrona intenta ad aggiustarsi il prosperoso petto con entrambe le mani, ha esclamato: “Vo viriri che nni puortano a Cuba!

Tra le risate di tutti un vecchietto con la coppola e l’espressione di colui che ne sa tante, le rispose: “Se a Via Cuba! Signora stamu iennu a stazione ma dobbiamo fare u giru du Foritalico. Fussi a prima vuota!”

Ho capito che questo sarebbe il mio primo e anche se sfortunato, ultimo uso dei mezzi pubblici, giunto lo stesso in ufficio bagnato fradicio ancor peggio che se avessi usato come sempre la moto.

Ora infine mi chiedo: ma con tutta questa grande zona pedonale, c’era bisogno di chiudere ulteriori strade per fare svolgere un corteo e danneggiare l’uso dei servizi pubblici? Lo so, siamo a Palermo!

Un abbraccio, Epruno.

Adesso, Leggendo Epruno 7

 

Domenica 28 Ottobre 2018 ore 18.00 al Real Teatro Santa Cecilia Palermo

Siamo al 7° episodio di “Leggendo Epruno” dedicato in questa occasione a “Crongoli”, un paesino di montagna povero posto a 1.100 m. sul livello del mare e fatto di gente semplice, circa 170 anime, tra uomini ed animali, dove si applica la “democrazia diretta” e non c’è bisogno di un organo di governo, di un referendum, ma basta il bar di Franco dove si passa il tempo a discutere di grandi temi che affliggono il piccolo centro con molta praticità e soprattutto risolutezza, essendo sempre pronti a litigare ogni qual volta il sindaco, l’unico istruito, al suo ritorno dai viaggi a Palermo, usi un termine a loro sconosciuto e per questo reputato offensivo.

Attraverso Crongoli e le umane vicende dei suoi abitanti, gente semplice, l’autore osserva e ironizza i comportamenti umani, e scherza sulla politica dei giorni d’oggi con misura e mai irriverenza, concedendosi spazi di ironica presa d’atto di come si sia perso con il tempo il piacere della semplicità.

Gli stralci utilizzati nella “narrazione” presi da un libro mai completato, ma pubblicati nel tempo sui social, hanno sempre trovato il successo tra chi conserva un senso di malinconia per il tempo che fu e chi cerca un’oasi di rifugio tra gente semplice per una vita semplice.

Il format originale ormai consolidato si snoda attraverso 12 “quadri di narrazione”, con sottofondo musicale e immagini, ognuno accompagnato da brani buona parte inediti e scritti per l’occasione da Epruno, divenuti dei “pensieri” (già mai delle verità assolute).

Come nei precedenti incontri di “Leggendo Epruno” accoglieremo il consiglio di Erasmo da Rotterdam (nominato eprunista ante litteram ad honorem) divenuto il motto Eprunico “chi sembra saggio fra voi, diventi folle per essere saggio” e misureremo la nostra “pazzia”.

Ci concederemo le consuete stravaganze ironiche insieme a momenti seri, con la certezza dataci da Erasmo che “trattare argomenti leggeri in modo da creare l’impressione che si è fatto tutto fuorché parlare a vanvera è invece l’apice della finezza briosa.

Leggendo Epruno è una occasione d’incontro degli amici ed estimatori dell’autore, rappresenta un periodico momento d’incontro per la community mediatica e basa la sua unicità di genere nella volontaria partecipazione dilettantistica dei lettori.

Come ogni anno Mario Caminita sarà la voce narrante e quest’anno avremo il gradito ritorno alla lettura di una brava attrice e amica eprunista Stefania Blandeburgo (non sarà l’unica sorpresa della serata). Completeranno la squadra Carmelo Castronovo, Fabio Cocchiara, Gaetano Perricone, Manfredi Agnello, Mario Caminita, Tony Paladino, Libero Tormento, Maurizio Salustri, Nadia Spallitta, Renzo Botindari (Epruno – autore dei testi), Silvia Testa, Tiziana Caccamo, Tommaso Gioietta, Totò Cianciolo. Impreziosirà il tutto le vignette di Franco Donarelli, la regia audio e luci di Roberto Fontana (AVL Produzioni) e dei tanti amici a partire da Maria Luciardello che in sala ci daranno un prezioso aiuto.

Cosa Fotograferà John?

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Carissimi

“Ti scatterò una foto. Ricorderò …”.

Pensavo a questa frase fermando la mia moto, per permettere l’attraversamento di un gruppo allo “stato brado” di croceristi in pantaloncini tutti dotati di macchina fotografica a tracolla.

Pensavo ad una visione cartesiana fotografata della mia città in un preciso istante, legato alle poche ore di permanenza di un crocerista, sceso dalla nave tra una colazione e una “pizza marghereta” ciclicamente offerta sul “ponte 11” da un pizzaiolo rigorosamente mauriziano.

Mi rivedo io calato in uno dei quei viaggi organizzati in epoche e contesti particolari. Era caduto un muro da poco e la parte est era tutto un cantiere, ma percepivo chiaramente l’atmosfera di qualcosa che stava crescendo a Berlino, dopo averne viste tante.

John ha poco tempo e scende dalla nave tenendo i soldi nelle mutande perché per anni gli hanno raccontato che questa è la città del padrino e che si spara per strada, ti scippano e ti violentano addirittura sulla scaletta della nave se non stai attento.

I suoi preconcetti vengono confermati all’uscita del porto quando viene “allapazzato da apini-taxi”, carrozze, gente che offre tour magnifici, ma con tutte le accortezze lui preferisce fermarsi per una foto davanti alla lapa tutta agghindata con decorazioni siciliani riconducibili al compare Turiddu mascagnano con coppola e baffi (gli manca solo la lupara), poi spintosi nel suk, la grande taverna a cielo aperto del centro pedonale, trova i magneti con l’omino con la coppola e il mitico grembiule da cucina con la foto del padrino.

Tutto ciò gli basta per confermare le sue certezze poiché con tutta probabilità lui non arriverà alla cattedrale

perché a piedi è distante e fa caldo, e non spenderà un euro per un biglietto di qualunque bene artistico-monumentale visitabile, è sfuggito all’intruppamento “istituzionale a pagamento extra” e ha poche ore se vuole tornare sulla nave e trovare una sdraio libera, perché il barista di Bali lo aspetta sul ponte a bordo piscina per servirti un altro spritz.

In questo preciso istante cosa fotograferà se non la superficiale evidenza di cantieri o di immondizia non raccolta, cose che con tutta probabilità ci saranno in tante altre città ma che qui rimangono più evidenti poiché alimentate da preconcetti.

Mi perdonerete ma con le dovute proporzioni con Berlino e Barcellona, non riesco a vedere ancora un progetto città e una reale rinascita se non attribuita a tutti coloro che vogliono di volta in volta tirare la corta coperta dalla loro parte. Allora cosa fotograferà John?

Vedo solo qualche realtà isolata dal resto del contesto che vive spesso di luce propria.

Vedo distintamente una cosa non raccontata, il ritorno di un’attenzione turistica non dovuta ad una nostra capacità di attrazione, ma alla paura che il terrorismo internazionale ha creato nelle location dei nostri competitor, una volta ritornati dopo che li avevamo fatti scappare sta a noi ora seppur con un procedimento inverso strutturarci affinché non se ne rivadano un’altra volta.

Io e chi di voi si è tolto gli occhiali abbiamo visto soltanto cose presentate come grandi innovazioni che domani finiranno per esser cancellate con un colpo di spugna, con un provvedimento spot, nulla ancora di seminato in loco che domani darà i frutti di un cambiamento, soltanto gli effetti di un cambiamento globale che come mode e tendenze giunge fino a noi per condizionarne costumi ma come tutte le mode si esaurirà.

La mia città come la mia terra non avranno mai una vera identità in grado di fare sistema davanti ai grandi obiettivi e i grandi appuntamenti, lo scrivevo quando c’era la “palude” e lo scrivo ora che c’è la “visione”, percepisco tanto egoismo in tante minuscole fazioni.

Saremo sempre terra di conquista e di sperimentazione per idee altrui confezionate chi sa dove? Saremo come sempre spettatori di sperimentazioni che nulla hanno a che vedere con una governance autoctona e una reale programmazione.

Ecco John, durante la sua crociera senza saperlo, fotograferà l’egoismo, la mediocrità e anche un pizzico di cattiveria che bloccano questa terra da secoli.

Un abbraccio, Epruno.

“No, non lo Dire per Favore”

Carissimi, cosa accade quando vi giunge la notizia più ferale tra tutte le notizie?
Nessuno spera di vivere un giorno più angosciante di questo? Eppure malgrado siete stati cresciuti con gli insegnamenti di sani, morali e basilari principi, mai e poi mai a vi sarete augurati di ascoltare certe frasi del tipo: “Avrei una comunicazione da farti…”
Questo è il momento in cui a tavola ad esempio piomba un imbarazzante silenzio e finanche la TV decide in autonomia di abbassare il proprio volume. So che avete compreso benissimo di cosa sto parlando.
Già dalla partenza della frase chi è con voi presente a tale comunicazione è consapevole di cosa sta per succedere a tal punto che a molti vorrebbe da esclamare, “no, non lo dire per favore” e invece più per saggezza che per pudore continuerete a ripetervelo mentalmente, anche se c’è sempre il più sprovveduto degli uditori cui scappa l’esclamazione: “Noooooooooo!”.
Ma io dico, cosa porta un individuo normale, con una vita insignificante fatta di monotone abitudini, a fare certe scelte? Ma soprattutto chi lo porta a comunicarlo agli amici e ai parenti rovinandogli la giornata? E dire che siamo solo all’inizio.
Quanto questo vostro conoscente o familiare starà per dirvi, non solo cambierà definitivamente la sua vita, ma finirà per condizionare le vostre vite, amicizie che romperanno, promesse di matrimonio che verranno ritirate, speranze di carriera andranno a farsi benedire, aspirazioni costruite come tanta pazienza che si frantumeranno.
In un istante e in mezzo a tanta sorpresa, piomberà l’imbarazzo e la prima domanda che vi farete è: “E adesso che faccio? Come glielo dico?”.
Inevitabilmente spunterà un sorriso sulle vostre labbra proprio mentre il solito sprovveduto di prima proverà a dire uno stentato: “Complimenti”.
Mentre il vostro amico si avventurerà in un mondo attraverso la realtà aumentata fatta di un’autostima portata fino al livello maniacale, attorniato da tutti quelli che ipocritamente gli daranno le pacche sulle spalle per incoraggiarlo e si convincerà che quanto comunicatovi non solo è stato giusto ma era quasi scontato, voi rimarrete soli nella penombra con la testa fra le mani e in preda allo sconforto nel pensare: “Ma a questo coglione come ci venne in mente di candidarsi?”
Più lui stringerà mani, offrirà al bar, incontrerà persone e si convincerà che ogni persona incontrata sarà un voto in suo favore, più voi prenderete consapevolezza di essere nella merda e dire che voi prima che ciò accadesse avevate guadagnato la stima del candidato prossimo vincitore sicuro del vostro personale appoggio e che alla luce di quanto accaduto vi ha tolto finanche l’amicizia su facebook.
Il vostro amico candidato sfigato avrà un po’ di tempo in più per accorgersene ed esattamente lo farà il giorno dopo le elezioni, quando scoprirà che neanche la moglie lo ha votato, che avrà accumulato un mare di debiti consolandosi con la vostra costante presenza, l’unico fedele e sicuro supporter che di contro non ebbe il coraggio di assecondare questa nefanda idea votandolo.
Pertanto se qualcuno che non vedete da qualche tempo o ancor peggio non si fa vivo da periodi immemorabili vi dovesse cercare per comunicarvi qualcosa rispondetegli subito: “Non lo voglio sentire …..”.
Un abbraccio, Epruno.

“Non si può dire che le ultime ore non siano state prodighe di eventi”

http://ilgiornaleoff.ilgiornale.it/2017/02/13/285633/

Tradizionale Discorso di Fine Anno di Epruno alla Nazione

maxresdefaultBuongiorno! Benvenuti nell’ultimo giorno dell’anno.
Eccoci nuovamente al 31 Dicembre, stiamo per entrare nel 2017, un anno che desta sospetti perché si presenta con il numero 17 alla fine, ma siamo abituati ormai a non dare più tanta importanza ai numeri e a comprendere che da qualche tempo ogni anno è attassato.
Cosa è successo nel 2016? Direbbe un comico siciliano: “Una beneamata min ….”, si poiché il grande sforzo dedicato in tutte le direzioni e in progetti di cambiamento alla fine ha partorito il nulla. E’ stato l’anno della sconfitta per gli uomini soli al comando che forti del loro apparente consenso si sono lasciati prendere da tentazioni autoritarie snobbando e spesso mortificando le minoranze e chi non la pensava come loro, anche quando i principi di base potevano anche esser condivisibili nel merito, ma la forma lasciava comunque a desiderare.
Davanti a queste grandi sconfitte non si può godere ma si può soltanto dire “che peccato”. Ci ritroviamo a raccogliere i resti dei caduti in battaglia, guerre che si sarebbero potute evitare se l’ambizione e i consiglieri fraudolenti non avessero vanificato i grandi progetti e le buone ambizioni. Quando si sale si abbandonano gli amici, gli unici in grado di dirci la verità in faccia e ci si attornia di cortigiani novelli Jago li solo per succhiarci il sangue e vivere da saporfiti fin quando abbiamo successo e pronti a cibarsi della nostra carogna come iene sulla preda, alla nostra caduta. Come vedete è l’uomo che non cambia, è l’uomo che non impara e alcune volte diventa troppo tardi scusarsi in una società come la nostra che va a una velocità supersonica.
Sarà l’anno quindi delle grandi votazioni ma non dei cambiamenti, ci verranno proposti tanti cloni, ma non ci saranno novità e i volti nuovi, saranno personaggi con una storia alle spalle e una plastica facciale che ne ha reso irriconoscibili i noti lineamenti.
La tentazione del burattinaio esisterà ancora, non è ancora tempo di rivoluzioni, non c’è ancora la giusta dose di pulizia intellettuale, pertanto la qualità della vita andrà difesa ancora soltanto da ognuno di noi nel proprio piccolo. Non vi chiedo di fare gli aventiniani come me spesso deluso dalla nefandezza umana, poiché io ho giocato e avendo giocato con le regole, ho perso a volte perché non ero il più forte, molto spesso perché mi hanno truccato le regole barando, ma voi, molti di voi devono ancora iniziare a giocare e avete l’obbligo di giocare e mettervi in discussione, ci sarà tempo per riposarsi in aventino.
A me, non resta che vivere il desiderio di ritornare ad essere un Dantes fin quando la memoria mi sosterrà e lo farò non per soddisfare desideri personali, ma per smascherare e pulire il mondo da certi soggetti che ci sporcano il futuro e il futuro non ci possiamo permettere di farlo perdere, perché non ci appartiene, esso è dei nostri figli, il nostro presente è già il futuro del nostro passato.
Resistiamo quindi e lottiamo anche per quest’anno per difendere la pulizia dei nostri ideali, il perdono e la giustizia vera lasciamola al nostro creatore. Buon Anno …..

Trattare cose serie

images (2)“Trattare cose serie in modo vuoto e superficiale è il colmo della cialtroneria; trattare argomenti leggeri in modo da creare l’impressione che si è fatto tutto fuorché parlare a vanvera è invece l’apice della finezza briosa……chi sembra saggio fra voi, diventi folle per essere saggio”
(Erasmo da Rotterdam – Pensatore – Eprunista ante litteram)

La propaganda del nulla

nulla_a_optDa lontano tutto sembra così piccolo e tutti così piccini. Non dovendo nulla a nessuno viene facile pensare di smettere di fare gli eroi per alimentare il nulla. La chiave di questi malesseri va cercata nel nulla che da qualche anno ha invaso la città e le nostre vite. Quando il nulla e i suoi profeti scompariranno ritorneranno a fiorire i fiori i fiori e finalmente sarà nuovamente primavera, ma una vera primavera e tutti, dico tutti, anche gli ultimi e chi verrà sconfitto, torneranno a sorridere. Smettetela di pensare che il diavolo e il male si rappresentano con le corna, spesso anche attraverso il nulla.