Lo chiamavamo sputa in cielo
È ovvio che non si chiamasse così però per noi confidenzialmente era da sempre sputa in cielo. Un bimbo particolare, non nascondo che tutti coloro che avevano l’età per stare in piedi erano da subito cooptati nella squadra di calcio della zona, persino i più scarsi che come al solito, venivano messi in porta.
Da piccoli si aveva un’idea del pallone molto particolare e confusa, a partire dal fatto che parlare di “pallone” era già un lusso visto che si giocava per strada con qualunque cosa potesse ricordare la forma sferica.
Se poi qualcuno riusciva ad ottenere in regalo dai propri genitori l’acquisto di un pallone (come il Super Santos o ancor peggio il San Siro) la cosa si faceva seria, benché questi palloni di plastica leggeri decidevano di prendere arbitrariamente le traiettorie e i ragazzi “in campo”, più che seguire schemi calcistici, si trasformavano in serpentoni di bambini all’inseguimento di un pallone e correvano minacciosi nella direzione della porta dove per pronto accomodo l’involontario portiere si scostava lasciandoli passare per paura di essere travolto.
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Eh, sì dottore sa cosa penso? Leviamoci mano. Anche quest’anno si avvicina l’anniversario, anche quest’anno è naturale che, mentre si staranno preparando i soliti noti, i soliti spettacoli, la solita commozione, le tante manifestazioni, sa che le dico, io ho deciso di levarci mano.
Come si dice dalle nostre parti, sa benissimo che, quando si discute con qualcuno argomentando e questo qualcuno si rifiuta di sentire le argomentazioni, o peggio non arriva a comprendere le motivazioni altrui, arriva un momento in cui ci si guarda negli occhi e ci si dice leviamoci mano.
Riflettevo sui pochi giorni di distanza che ci fossero tra il “Festino” e “Via Damelio” e atteso che ad oggi si continui ancora a girare in tondo sulle responsabilità e su i mandanti del nefando attentato, di una cosa mi sono convinto traguardando le manifestazioni commemorative attraverso quelle pagane, chi ha deciso, chi ha partecipato, chi ha spalleggiato un attentato come quello era con tutta probabilità a festeggiare affidandosi alla “Santuzza”, la quale per costoro avrebbe dovuto proteggere non le vittime, ma i colpevoli, perché questa città è un grande minestrone dove alla fine siamo tutti accanto.
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Carissimi, che noia questi ingegneri!
Stanno sempre lì a dirti quello che si può fare e quello che non si può fare, quando sarebbe più facile giocare d’azzardo e fare tutto, contando sulla percentuale di quante volte può andar male.
Questi noiosi calcoli che stanno alla base di tutte le risoluzioni di questi noiosi ingegneri, interminabili tabulati, grafici, formule per giungere a ciò che più semplicemente si può fare.
Poi che ce ne facciamo di questi noiosi personaggi, “nemici da cuntintizza”, regaliamogli il timbrino con un numeretto e diciamogli solamente: “firma qua”!
Non si sa mai, conserviamole queste carte se un domani dovesse andar male per qualunque imprevisto dettato dal fato.
Intanto, invece di ascoltare queste noiose cassandre, andiamo su “YouTube” ci sarà un tutorial su tutto e quindi in fondo “siamo tutti ingegneri”, possiamo diventare tutti ingegneri seguendo quelle spiegazioni in “chiaro inglese” lette con la cadenza dall’indiano simpaticunazzo di turno, loro si che sono utili ed essenziali, sempre allegri e no “questi noiosi ingegneri”.
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Carissimi
L’umanità è fantastica, c’è chi è convinto che una cosa la si faccia da sola, permettendosi di continuare a fare l’attendista, del resto, se hai un problema umano, vuoi che non si risolva?
Il segreto e fare in modo che il nostro tempo, con il tempo degli accadimenti e della natura, coincidano.
Immaginatevi che grande delusione si possa provare morendo e lasciando la maggior parte dei progetti che avevamo messo in itinere, ancora a fare.
Per un ingegnere è un paradosso, mentre in politica non è così.
Il politico ha un grande culo e grazie a questo ha un continuo rapporto di avvicinamento con la realtà che è del tutto unico e ve lo dice uno che è consapevole di non aver capito mai nulla di questa “scienza” che si chiama politica.
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Carissimi
Ci ho pensato molto prima di mettere qualche cosa per iscritto che riguardasse la dipartita dello “zio Silvio” come lo chiamavo io.
Sono certo che un argomento del genere che sul web è stato alquanto divisivo troverà modo di essere oggetto di discussione per i miei contatti e di ulteriori offese su un personaggio che in qualche modo ha di fatto caratterizzato la storia degli ultimi anni del nostro paese e non solo.
Ho appreso con sorpresa, malgrado le voci che erano circolate sulla sua condizione di salute, la scorsa mattina attraverso un tweet, della scomparsa del Cavaliere.
Credevo che anche questo ricovero fosse uno dei cosiddetti tagliandi e del resto ero anche confortato dal contemporaneo ricovero in ospedale di Sua Santità.
No, questa volta, anche una persona come lo “zio Silvio” che ne aveva viste e ne aveva fatte di cotte e di crude, era arrivato il capolinea e come ha avuto modo di dire ieri il prelato nel rito ambrosiano, “alla fine è stato un uomo” e quindi come tutti gli uomini doveva necessariamente passare per quelle che sono le regole della natura, si nasce, si muore, specialmente se si ha una certa età e specialmente se si è pieno di acciacchi.
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Carissimi
C’era una volta Me, così potrebbe iniziare come tante “favole” il racconto della mia vita.
Si, perché la mia vita è una favola (come sono certo la vita di molti di voi) e giunti al quarto che conta si potrebbe non solo iniziare a metterla per iscritto, ma iniziare a pensare pure chi te la possa pubblicare.
Ci saranno di certo strafalcioni grammaticali, l’uso improprio di virgole e virgolettati, l’inizio di frasi con “ma” e tante di quelle imprecisioni da penna rossa che darebbero lavoro ai “correttori”, quelle figure mitiche che iniziarono con le bozze e finirono con le vite altrui, proprio quelle “vite degli altri” di cui mi sono pregiato di scrivere e portare in “scena” in un reading di “Leggendo Epruno”.
Reading di Leggendo Epruno, si una lettura corale inventata nel momento in cui ho iniziato a contare i miei passi e prendere appunti sulle sensazioni e infine ho avuto non solo il coraggio di metterle su foglio, ma chiedere a qualche amico …… “scusa le leggeresti?”
Infine, mi sono seduto nell’ultima fila per osservare le espressioni di chi benevolmente o perché stanco degli inviti si era seduto ad “ascoltarmi”.
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Intendiamoci te ne vai sui social ma scopri che ci sono sempre le stesse persone, non perché ci sono solo è sempre le stesse persone ma perché, circostanza vuole che l’algoritmo ti faccia evidenziare i post fatti dalle stesse persone con cui più sei in contatto o che di fatto, “amici degli amici”, potresti conoscere ed essere quindi tuoi contatti.
Se ci fosse un algoritmo anche nella vita che ci permettesse di incontrare sempre le stesse persone, potrebbe essere una bella cosa, purtroppo no, non c’è natura né “intelligenza artificiale” che tenga, non è così che va la vita giornalmente e pertanto siamo costretti all’incontrario di tanti “nani da giardino”, così io chiamo le “teste di pazzo”, quelle le quali se la suddetta “intelligenza” dovesse prendere piede e sopravvento, potremmo dormire sogni tranquilli.
Perché i nani da giardino? chi sono i nani da giardino? perché nani? o perché da giardino?
In Germania sono una tradizione ed in tedesco si chiamano “gartenzwerg”, li metti lì mimetizzati tra le foglie nelle piante del giardinetto di casa (si, perché da quelle parti hanno il giardinetto di casa qui facciamo finta che si mettano nel balcone) e quando incontri il loro sguardo che ti mette allegria, ti convinci che ti portino bene e scaccino qualunque “avversità” e ti risolvano problemi.
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Carissimi
Non riesco a scegliere quale possa essere l’evento o l’accadimento che meriterebbe di esser commentato con voi, miei cari 24 lettori, visto il proliferare di situazioni degli ultimi giorni. Vi avrei voluto parlare della polemica sui ritardi del PNRR e della mia certezza che fin quando non rivedremo l’organizzazione della pubblica amministrazione, più vocata a creare comitati di controllo che postazioni tecniche di lavoro, resterà una delle tante occasioni mancate, ma avendo perso l’attimo fuggente anche questa notizia è apparsa subito superata.
Avrei come sempre potuto parlare di come proliferano gli scavi ed i ripristini fatti male in città e con esso le nuove buche e gli avvallamenti, creino costantemente pericoli per la cittadinanza, ma sembra che senza risorse economiche, anche queste siano andate in prescrizione.
Vi avrei voluto parlare della pandemia “finita” così come era iniziata con un annuncio in “tv” (piango per coloro che non avevano una televisione), ma per commentare ciò ci vuole “gente ca sinni sienti”, e scusate, ma io personalmente sono ancora sotto l’influenza dei postumi e potrei apparire inusitato nei commenti.
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Cumuli rifiuti a Ballarò
Mettiamoci d’accordo per una volta per tutti, Palermo è sporca o sono sporchi i palermitani?
Affacciato di prima mattina a guardare la mia bella via alberata ho visto una operatrice ecologica, ma chiamiamola pure spazzina, non è parola d’offesa per un dignitoso lavoro che ripuliva con la grande scopa marciapiedi e caditoie con tanta professionalità e amore pari a quello che avrebbe adoperato per il decoro di casa propria, e credetemi non è la sola e non è il solo caso, purtroppo poco dopo il marciapiede sarebbe ritornato ad essere ricettacolo di sporcizia indotta.
Quanto sopra dovrebbe indignare chiunque ami avere la propria casa pulita e di conseguenza l’estensione della propria casa, marciapiedi e strade che si condividono con la collettività, in quanto cosa di tutti.
Ma io non ho dimenticato il periodo negativo del lockdown dove costretti a casa dovevamo sentire Barbara D’Urso che ci dava lezioni su come si lavano le mani, poiché ciò mi terrorizzò, abituato come ero a lavarmi le mani a prescindere da pandemie e da sempre, ogni qual volta toccavo qualcosa e non come da prassi mi auguro, in occasione dei passaggi dal wc o prima di sedermi a tavola.
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Carissimi
Credetemi, percepisco anche io una certa stanchezza non tanto muscolare o articolare, quella la do per scontata dovendo fare i conti con l’età che avanza, ma mentale dovuta alla circostanza che il ruolo di Cassandra non mi si addice ma di certo quando ci sono “Elene di Troia”, di mezzo, il palermitano (e non solo) “strammia”.
Ora capire quale è la sostanza del contendere in questo momento primaverile che attrae in questa città è ancora parzialmente velato e pertanto imprudente da svelare con certezza, ma diventa sempre più interessante comprendere quale “idea” di città vogliamo consegnare ai posteri, quale progetto di città stiamo sognando per poterla realizzare un giorno.
Io pure avendo degli ottimi strumenti di lettura e occhiali di tutte le graduazioni, mi perdo, poiché malgrado i numeri dei lettori, mi danno soddisfazioni (essendo passati dai 24 ai 25, numero caro al Manzoni) mi sa che quando parlo di città, o sono incompreso o risulto per essere poco interessante ed è come se i miei concittadini avessero perso qualunque interesse per questa nostra realtà dopo essersi fatti ammaliare per anni da una “visione” (personale) e oggi essersi rassegnati al fatto che dopo un personaggio divenuto storia di questa città non ci potrà essere un futuro.
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