Archivio per la categoria: Epruno – Il meglio della vita (ilsicilia.it)

Vadi Contessa

Carissimi, non sono amico di Dolce o di Gabbana, ho molti amici ma purtroppo loro non sono tra questi.
Non sono un danaroso cliente di Dolce & Gabbana, sono un normale cliente che compra, semmai i loro profumi e allora me lo dite perché “cazzo” dovrei stare in un evento privato a tavola insieme a miliardari che non conosco, io che sono a mala pena un impiegato pubblico?
Eppure la notizia che in città ci fosse un evento (privato) di tale importanza, ha fatto impazzire tutti coloro abituati a sentirsi “qualcuno” e immagino soprattutto le loro compagne che avranno assillato costoro affinché si facessero valere per avere un posto a loro riservato.
Sappiamo tutti, non solo gli operatori del settore che c’è chi fa di tutto per imbucarsi negli eventi, anche in quelli strettamente privati essendo fuori luogo, pur di strappare un selfy e per una notte, da impiegato, sognare seduto accanto alla Contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare.
Io immagino la scena, in un salone con tavoli composti di miliardari russi, cinesi, arabi con mise lussuose e di alta moda e un tavolinetto in un angolo, con loro (gli scrocconi) mentre qualche invitato sta a chiedersi, da quando tanta democrazia nei confronti della servitù.
O meglio immagino scene di “scrocconi” più fortunati seduti in quei due posti rimasti liberi in un tavolo da dieci, quelli per intenderci dove finiscono gli ospiti che s’integrano male con il resto degli invitati (in genere quelli con i quali non vorresti mai sedere).
Immagino anche le discussioni imbastite in una lingua inglese stentata facendo convenevoli del tipo: “Lei da dove viene? Dall’Oman? Ci devono essere delle belle spiagge lì da Voi. Con mia moglie abbiamo deciso che quando coincideranno le nostre ferie prima o poi visiteremo il Suo paese.”.
Oppure “Ah, il paese è proprio tutto Suo? Certo un bel lavoro deve essere il Vostro. Io non mi posso lamentare, lavoro per la pubblica amministrazione che non è proprio tutta mia, ma è come se lo fosse. Sono dirigente di un ufficio ben avviato, con tanto personale.”
Il tutto nella speranza che a tavola non servano le “stronzette lumachine”.
E’ così che incidentalmente scopri che il mondo va fuori da quel “cato” dove avevi vissuto fin a quel momento e che si potesse viaggiare garantendosi dei lussi senza necessariamente in missione a spese del contribuente.
Comprendi che quando “il mondo” passa dalle nostre latitudini tutte le piccinerie provinciali alle quali si era abituati, diventano ridicole.
Comprendi che non ci si “autoproclama autorità” sol perché si mette in croce l’organizzatore di un evento per farci avere il biglietto d’ingresso omaggio nelle prime file riservate.
Capisci che “autorità” comporta un “protocollo e un cerimoniale” (quello vero, governato da una legge che stabilisce finanche le priorità dei posti a sedere).
Capisci che o si ha un ruolo e quindi saranno gli altri ad avere il piacere di invitarti oppure sei “fuori luogo” e come scrissi qualche settimana fa, o “si è” o “non si è”, non esistono vie di mezzo come c’insegna la “rana di Fedro” e a poco, servono gli auto attribuiti titoli di “Dottore” senza aver senza aver conseguito una laurea.
Chi frequenta le vere capitali mondiali sa delle frequenze di questi “eventi riservati” in locali in o contesti di grande prestigio e allora perché tutte queste polemiche rispetto alla impenetrabilità e riservatezza dell’evento?
Dobbiamo a mio parere esser grati a “uno di noi” che con il suo talento ha fatto fortuna ed è tornato qui (investendo risorse personali) nelle stesse location ormai arcinote per il business delle “serie di mafia, antimafia e squadre di polizia”, per non parlare una volta di mafia ma per presentare a danarosi amici e clienti personali le bellezze di Sicilia a partire dalle piante di limoni, dall’essenza bella e meravigliosa di questa nostra sicilianitudine. Nella speranza che certe opportunità si ripetano se vogliamo crescere e vogliamo essere degni di questi titoli che con periodicità ci vedono capitale di qualcosa, dobbiamo crescere noi individui imparando a convivere a “alta quota”.
Dedicato a Fantozzi. Un abbraccio Epruno.  

(Articolo pubblicato su www.ilsicilia.it 11/7/2017)

L’Ombra

Carissimi, l’estate è forse il momento nel quale un po’ tutti fate attenzione al sole sicuramente per gli effetti che esso produce sulla temperatura e sull’irraggiamento delle vostre giornate balneari.
Il sole, non vorrei sconvolgervi, per fortuna c’è tutto l’anno, lui sta fermo lì ma noi che gli giriamo intorno con la terra lo vediamo sorgere e tramontare ogni giorno dell’anno, spostandosi leggermente sull’orizzonte.
Esistono delle dovute eccezioni pre-galileitiche (ma ancora presenti) di soggetti convinti che il sole e tutti gli astri girino intorno a loro e producendo nel sottoscritto ben altri tipi di rotazione di attributi.
Certo se io mi sentissi il centro dell’universo, sarei sempre allegro e felice, costoro no, se ci fate caso sono sempre incazzati, qualunque cosa si dica o si scriva, credono sempre sia riferita a loro e guai a contraddirli, perché nel loro cervello, grande o piccolo che sia, hanno sempre ragione e immaginate quanto danno possano fare.
Chi sono costoro?
Sono i “nani”, non quelli a cui la natura ha negato lo sviluppo fisico, ma esseri umani che risentono inconsciamente della rotazione astrale ritenendo di essere loro stessi il sole.
Un “personaggio” del secolo scorso, in periodi di vacche grasse affermava: “Quannu u suli spunta, spunta ppi tutti”.
In molti hanno tentato di interpretare tale frase, dando valenze e interpretazioni le più bizzarre, ma nella saggezza popolare, il sole è lì, in alto e irraggia tutti senza fare distinzioni.
Ma quando il sole è basso cosa accade?
Quando il sole è all’alba o al tramonto, cosa succede? Amici miei, qui nascono i problemi.
Esiste una cosa che da sempre si contrappone al sole che noi chiamiamo “ombra” e che andiamo cercando specialmente nei “momenti caldi” per trovare riparo, ma quest’ombra è fatta da ostacoli che si contrappongono “all’irraggiamento solare” e credetemi, anche il più piccolo oggetto produce una sua ombra e se un “piccolo oggetto” sta a ridosso di un “oggetto più grande”, l’ombra dell’oggetto più grande contiene e protegge l’ombra dell’oggetto più piccolo e questo come direbbe Zichichi “è scienza”.
Quindi riflettiamo bene su questo fenomeno, c’è chi produce ombra e “sinni pria” e c’è chi si rifugia dentro l’ombra altrui e ne trae ristoro, concetti di una semplicità estrema.
In questa grande armonia del creato, in cui il sole sorge, giunge all’apice e poi tramonta, purtroppo dicevamo, ci sono i “nani”, coloro che approfittando dell’angolatura dell’irraggiamento solare all’alba e al tramonto, giocano a far sembrare la loro “ombra” e di conseguenza la loro statura, più alta del reale, ma per far in modo che tale effetto riesca, devono stare attenti ad attorniarsi di oggetti più bassi che possano si approfittare dell’ombra senza mai mettere in discussione “la millantata altezza”.
Qualcuno a questo punto mi dirà, ma stai spiegandomi il concetto di “mediocrità”?
Il teorema poteva esser dimostrato in tanti modi, ma una cosa è certa non siamo allo zenit per cui quel mitico sole avrebbe irraggiato tutti e non so se siamo all’alba di una nuova era o al tramonto di una grande civiltà, so solo che questo periodo è tempestato di “nani” e le loro ombre lunghe scompariranno a mezzo giorno, nel punto di massima altezza del sole o non appena questo sarà andato a coricarsi dietro l’orizzonte, facendo spazio alla luna permettendo senza ombra di scoprire la vera altezza e il valore delle cose.
Un abbraccio Epruno.
(Articolo pubblicato su www.ilsicilia.it 1/7/2017)

Che è Successo?

Carissimi, a bocce ferme diventa un po’ più facile parlare di cosa è successo nelle ultime settimane e probabilmente di cosa accadrà nelle prossime settimane, poiché un editorialista che si occupa di satira e non ambisce a fare discorsi seri quali quelli sul calcio o sulla politica, ha il dovere di non parteggiare per nessuno ma limitarsi a descrivere ciò che vede lasciando agli altri gli spunti di riflessione.
Innanzi tutto, che cosa è successo? Nulla, assolutamente nulla, completamente nulla. Scusatemi a onore del vero, ora che ci penso, una cosa è accaduta e non di poco conto, il mio profilo di facebook, di messenger e la mia casella postale si sono svuotate di messaggi elettorali, eccezion fatta per qualche rarità che ha la buona creanza di ringraziare.
Ma dicevamo, cosa è successo? Nulla, a dire il vero nulla. Qualcuno potrebbe dirmi: “Ne sei sicuro? Ti sei dimenticato di avere un nuovo sindaco”. Non è che me ne sia dimenticato, come potrei farlo, direi piuttosto che mi sono affezionato al mio sindaco come si fa con una persona di famiglia, o meglio che convive con la tua famiglia da circa trenta anni e tu lo chiami “zio”. Io che non sono suo “nipote” sono contento (almeno per lui), figuratevi quanto sono contenti i suoi “nipoti stretti”. Il mio rapporto con la figura del sindaco e la stessa che i cittadini di Crongoli ormai hanno con il loro sindaco, il quale non può dimettersi per statuto e così la sua presenza è data come un fatto assodato, ma come sapete, quella è gente semplice.
Domani quando uscirò per la prima volta dopo una lunga degenza andrò da un buon ottico perché sento la necessità di cambiare occhiali e dovrò essere quanto più attento alla graduazione poiché con grande modestia ammetto che ciò che mi si è propinato essere bello e perfetto, io a occhio nudo non sono arrivato a percepirlo, ma se la maggioranza afferma ciò, non può che aver ragione. Nessuno mi paga per fare il bastian contrario per partito preso, anzi l’invito è di rimanere “sereno” e quando in Italia da qualche tempo t’invitano a “stare sereno” si prova sempre un certo disaggio.
Un tempo ero preoccupato per i miei giovani che andavano via, oggi sentendo uno spot elettorale di uno dei candidati al ballottaggio a sindaco per la città di Genova ho sentito una dichiarazione contro tendenza: “I nostri giovani che vanno via, speriamo si specializzino fuori per tornare qui con la loro esperienza a cambiare la città.” Fantastico, me li sono immaginati i nostri ragazzi che s’inseriscono nelle università o nella realtà produttive americane o londinesi, o del nord dell’Europa, decidere a un certo punto di tornare per migliorare la nostra città e magari tornare per togliere il posto al figlio di un barone che in questi anni ha fatto di tutto per costruire un sistema che ti mettesse la valigia in mano.
Ma poi scusatemi perché preoccuparsi dei giovani che vanno via, un certo ricambio adesso c’è. Chi controlla i viaggi con i gommoni l’ha capito. Mentre all’inizio giungevano soltanto poveri disperati anziani, malati, donne e bambini, adesso giungono giovani “picciottoni” belli fisicamente pronti per rimpinguare i vivai delle squadre di calcio e quelli che non sanno toccare un pallone?
Niente paura, per loro c’è un’altra organizzazione più importante che non si può dire perché affermano che non esista più, lei sa come e dove piazzarli e nella peggiore delle ipotesi, un i-phone e un cappellino per la questua organizzata non si negano a nessuno.
Quindi, dicevate che è successo? E cosa deve succedere. Dal terrazzino difronte, pregno dell’odore di gelsomino con il suo bicchierino di rosolio in mano Don Fabrizio si solleva il cappello a mò di saluto e mi sorride. Lui è tranquillo, perché allora devo perderla io la tranquillità? Un abbraccio Epruno.

Dall’Alba al Tramonto

Carissimi, rimango sempre positivamente impressionato dalla visione dell’alba e da quello che chiamo impropriamente “saluto al sole”. Uno spettacolo sempre uguale, eppure siamo noi che cambiamo giorno dopo giorno perché a differenza di quanto ci vogliano far credere gli intensi programmi ginnici o i trattamenti di bellezza, diventiamo ogni giorno più grandi e se non vi fa paura la parola, “invecchiamo”.
Chiudiamo subito qualunque parentesi circa distinzioni tra età biologiche e quanto altro. Concentriamoci davanti a quel numerino del contatore che cadenza la nostra età, un dato oggettivo che legato alla rotazione degli astri ci permette di stabilire quante volte abbiamo vissuto il prefissato giorno dell’anno che vide la nostra nascita.
A questo numero sono indubbiamente legati tanti obblighi sociali, quale l’istruzione primaria, una volta il servizio di leva obbligatorio, l’età minima per l’acquisizione della patente, l’età che ci dà il diritto di votare, per dirne alcune, quindi aldilà del fatto che ci si senta giovani dentro, rassegnatevi, s’invecchia anagraficamente.
Arriva il momento in cui anche nel lavoro giunge la così detta età pensionabile e malgrado leggi e leggine tendono a spingere verso l’alto questo limite d’età, essa arriva e bisogna prenderne atto.
Non bisogna aspettare che siano i colleghi ad organizzarti la festa per la pensione o la partita d’addio e regalarti il mitico orologio “porta attasso” (statisticamente non si sopravvive di molto a tale regalo), ma giunge un momento in cui tutti ti vogliono fare capire: “fuori dai coglioni”!
Scusate il francesismo, scusate la crudezza ma è così! Anche i nostri tempi di reazione mentale non sono quelli del giorno in cui prendemmo servizio, non ci sono coloranti per capelli che reggono, non c’è esperienza che possa stare al passo del ritmo forsennato digitale che ha accelerato qualunque processo lavorativo.
Voi mi direte: “Allora che si fa? Ci si suicida?”
Ma quando mai, esiste una risorsa importantissima quella di “godersi la vecchiaia”, una nuova inesplorata e fantastica esperienza nella quale a fronte di altre risorse che sono diminuite, ne esiste una preziosissima che è aumentata smisuratamente, il “tempo libero”.
Ora spiegatemi, perché fare l’errore di voler rientrare nel “mondo del lavoro” dalla finestra?
Comprendo che la nostra società, alle nostre latitudini deve fare ancora molto per la terza età, ma in alternativa al godimento dei nipoti e dei giardinetti (visto che cantieri ne esistono sempre di meno), perché ostinarsi ad ambire a cariche di governo della collettività?
Se il nostro cervello è già “utilizzato abbastanza” per rispettare i ritmi dei processi produttivi come può essere competitivo nel governare le strategie della globalità dei processi produttivi altrui?
Quindi, eccezion fatta per i vari “circoli” che hanno una vocazione sociale e una forma di autogoverno interno, le associazioni di pensionati, ex combattenti fino ad “esaurimento” che aprono le sfilate gioiose per le commemorazioni, è illogico e a volte mortificante continuare a imporre la propria presenza fidando sul rispetto di quello che fummo.
Oggi anche per fare il capo condominio, ruolo in passato destinato al “rincoglionito ragioniere” più anziano del palazzo, ci vogliono studi, competenze e dinamicità che richiedono il più delle volte risorse mentali fresche.
Ho sempre guardato con ammirazione quelle coppie di croceristi straniere che si dedicano al turismo della terza età o tutti coloro che finito il ciclo lavorativo si sono dedicati agli hobbies della loro vita.
Pertanto non dobbiamo meravigliarci quando la nostra nazione arranca nel rimettersi economicamente in piedi per tornare ad essere competitiva come trenta anni fa, poiché i nostri leader essendosi ostinati nel riproporsi hanno anche loro trenta anni in più e mentre nella migliore delle ipotesi la nostra classe dirigente ha mediamente settanta anni, abbiamo visto gente come Blair, Obama, Macron andare alla guida delle loro nazioni a quaranta anni. Ci sarà una differenza.
Quindi, se continuiamo ad andare sempre in meno a votare scegliendo di contro l’usato sicuro, il problema è nostro. Continuiamo a bruciare generazioni.
Un abbraccio, Epruno.

(Pubblicato il 16/6/2017 su www.ilsicilia.it)

Dormite Tranquilli

Carissimi, siamo alla vigilia del grande concorso e quando a Palermo di questi tempi c’è un “vero” concorso ci si mobilita in tanti.
La mattina di lunedì, all’alba, quaranta persone sapranno di esser state dichiarate vincitrici di questo mega concorso e una città intera tirerà un sospiro di sollievo, gli altri componenti delle 18 liste circa, rimarranno delusi, magari non tutti se consideriamo coloro che come sempre accade sono stati candidati contro voglia e magari non avranno preso neanche il proprio voto.
Ci saranno tanti sognatori da svegliare, coloro che più mani stringevano e più le loro ambizioni salivano. Ci saranno conti da pagare, numeri di creditori nel telefonino a cui non rispondere, ci saranno strade da evitare per non incontrare il tipografo che ci cerca per recuperare il credito. Ci sarà gente che da questo momento dovrà mettersi a dieta fino alla prossima competizione elettorale, dopo aver presenziato a tutti i banchetti possibili, di qualunque schieramento.
Finalmente torneremo dentro i seggi per potere dire la nostra.
Potremo dividerci nel gradimento di ciò che ci è stato proposto da coloro che hanno cercato di propinarci al meglio la realtà, ma ci saremo guardati dalle magie degli illusionisti che hanno tentato di venderci un sogno?
Personalmente non credo a chi promette stravolgimenti e un mondo diverso attraverso le elezioni poiché questi cambiamenti radicali avvengono soltanto attraverso le rivoluzioni e con bagni di sangue, così ci ha insegnato la storia.
Pertanto, scordatevi l’idea che chi giunga nella “stanza dei bottoni” abbia l’ambizione di cambiare le regole (contro il proprio interesse) per far stare meglio tutti. L’ultima volta a mia memoria che le intelligenze e le energie migliori si sedettero per fare qualcosa di positivo per la collettività avvenne all’epoca della scrittura della costituzione e ancora oggi ne stiamo a parlare, ma costoro non vennero fuori da un semplice scrutinio, ma guarda caso dopo una guerra civile a seguito di una guerra mondiale che stravolse le gerarchie sociali e ridistribuì le ricchezze e i privilegi.
Sarà un pessimo risveglio per la città?
Continueremo ad avere un sindaco che dopo averlo saputo fare, farà squadra e soprattutto come lui auspica stravincerà al primo turno?
Vincerà il suo clone giovane (fisicamente) che dopo averlo portato già al ballottaggio cinque anni fa allungherà l’attesa del verdetto di altre due settimane, oppure sarà qualche altro?
Avranno successo le scelte romantiche di una politica che non c’è più legata ai simboli e alle battaglie ambientali, o le sempre di moda “ex Jene” oggi spendibili in qualunque ruolo, dal calcio alla politica, oppure sarà qualche altro?
Certo il rischio che finendo la campagna elettorale, finisca la magia della favola e che superata la mezzanotte tutto tornerà ad esser come prima che la bacchetta magica facesse la sua magia è grosso.
Mi dispiace pensare a carrozze che torneranno ad essere zucche e a maggiordomi che torneranno topini. Ma soprattutto mi dispiace pensare al principe azzurro che si richiuderà nel suo palazzo a fare feste con gente del suo rango lasciando cenerentola al suo destino, quello di sposare qualcuno a servizio come lei.
Si sa, le favole sono un sogno ma poi ci si risveglia.
Ma tornando a quanto sopra, voi direte: “qualche altro chi?”
Ovviamente l’uomo in giallo, ma in quel caso come direbbero a Roma so “ca…” poiché ……
Ma questa volta sono io che non vi voglio rovinare il sonno.
Il momento elettorale ci permetterà di decidere soltanto tra gruppi che si candidano a gestire il potere, ecco perché questi periodi elettorali non mi entusiasmano e difficilmente mi vedono partecipe, poiché mi sembrano un dejà vu.
E i Gattopardi ce li siamo dimenticati?
Non preoccupatevi sono già dietro le porte dei nuovi futuri assessori (presi dalla società civile), pronti ad offrire i propri servigi, per mantenere i loro privilegi, garantendo la continuità e il vero governo burocratico delle cose, pertanto comunque avrete deciso di votare, dormite tranquilli.
Un abbraccio, Epruno.

(Pubblicato il 9/6/2017 su www.ilsicilia.it)

Arriva Dopo

Carissimi, certe volte si giunge al punto che anche noi “blogger–editorialisti del venerdì” (proprio per non buttarsi giù con il termine “della domenica”) dobbiamo mantenere il nostro ruolo per il quale ci è stata data la fiducia e soprattutto voce.
Giunge però un momento nel quale, seduti davanti la nostra “Lettera 22” degli anni 2000, cominciamo a tirare fuori un fiume di parole che cavalcano il sentimento del momento, esternando tutta la rabbia, tutto il disaggio e tutte le perplessità che ci affliggono.
Ma se uno ha una rubrica dal titolo “Epruno – Il meglio della vita – cinque minuti settimanali di allegria con …..” ci sarà un motivo?
Credetemi, per chi mi conosce ancora poco, il nome della rubrica è quanto mai vicina al mio credere e al mio modo di essere.
Sono una persona serissima al lavoro, magari tormentata “generazionalmente” nella mia indole privata, ma di contro altamente ironica e coinvolgente nei rapporti umani, sempre pronto a trovare l’aspetto divertente nelle cose.
Purtroppo ci sono certi momenti in cui anche io devo segnare il passo e ciò accade proprio quando tenti di far ridere qualcuno, non necessariamente facendo il “piacione” e incontri quello sguardo altrui di “cane bastonato” che con gli occhi ti dice: “Ma chi ci ridi? …… “
Ci vorrebbe poco a strappare un sorriso, come fanno i monologhisti di mestiere, ad esempio con vecchi cavalli di battaglia, dissacrando e sbeffeggiando con luoghi comuni, il potere politico con il rischio però di risultare banale.
Fare dell’ironia è tutt’altra cosa, dire cretino a qualcuno avendolo fatto passare per un genio è tutt’altra cosa, il messaggio ironico “arriva dopo”, a volte anche a seguito di imbarazzanti silenzi.
Prescindendo dai contenuti, i messaggi che diamo hanno un effetto diverso a seconda dell’interlocutore che li riceve, possiamo essere molto seri e far ridere come di contro possiamo scherzare e di fatto terrorizzare che ci ascolta, altre volte diciamo la verità e nessuno ci prende sul serio poiché abbiamo usato l’ironia.
Si cerca ispirazione a tavolino per poi in un attimo trovare comicità nelle cose più impensate, in ciò che hai davanti agli occhi costantemente, il genere umano con i sui pregi e sui difetti.
Basta quindi nel tuo quotidiano immergerti tra la gente e raccogliere le espressioni e l’ironia popolare più pura che anche se proferita dalla persona più ignorante è la sommatoria della tanta saggezza popolare tramandata oralmente.
Come già sapete, quando voglio ritrovare la serenità e la semplicità, decido di regalarmi uno spazio per me nell’antica bottega del mio barbiere, uno spazio arredato in modo essenziale ma funzionale, dove è facile ritrovare oltre a quei bottiglioni di lozioni colorate anche e soprattutto una dose industriale di “discorsi persi” tra astanti delle più svariate estrazioni sociali e culturali, perché dal barbiere si è tutti uguali.
Così questa settimana, in crisi d’ispirazione turbato forse da vicende personali, proprio quando avevo perso le speranze, ecco che tra una sforbiciata e un’altra, quel “genio” di Salvatore rimasto muto tutto il tempo, approfittando di un momento in cui siamo rimasti soli nel locale, mi domanda:
“Dottore scusi se mi permetto, ma lei è l’unico di cui mi fido!
Chi cosa è questa palude che dicinu alla quale rischiamo di tornare?
Sta cosa m’impressiona e più a sientu, più la notte non ci dormo.
Io di nicu e nicu iucava a Valdesi e me Nannu mi dicia che prima era tutta una palude e io sta cosa di i sabbie mobili, m’avi a cridiri, a nuotte ancora ma nsuonnu.”
Salvatore terrorizzato da una tale parafrasi elettorale?
Ho capito, non avete neanche bisogno di parlare, immagino comunque i vostri occhi, se è arrivata, o se come spesso accade, “arriverà nelle prossime ore” a seconda lettura, non esitate a commentare (astenersi perditempo e pasdaran elettorali), o a contattarmi per mettere quel pigro pollice blu.
Un abbraccio, Epruno.

(Pubblicato il 2/6/2017 su www.ilsicilia.it)

La Memoria

Carissimi, emozionatomi come sempre in una settimana come questa ho avuto modo di tornare a riflettere sulla necessità di conservare la memoria degli eventi e delle persone.
Non nascondo che come ogni anno, di getto in quegli istanti, ho scritto qualcosa che non potrò pubblicare poiché frutto di forti emozioni riproponendomi come sempre di utilizzare questi testi in occasioni in cui, spenti i riflettori e le passerelle, si potrà raccontare e sensibilizzare senza il rischio che qualcuno veda dietro ciò ricerca di visibilità.
Personalmente sono convinto che gli “attori in senso lato” venuti da fuori, seppur onestamente contriti, potranno tentare di immaginare, ma non potranno mai vivere tali emozioni con il fuoco della sicilianità (positivo o negativo) di chi in questa terra c’è cresciuto e ci vive.
Come affermava al giornalista il “venditore di pipittoni del Giuliano di Rosi”: “ma lei da dove viene? Allora che ne può capire?”
Non voglio essere così rigoroso con costoro, ma pur concordando con il Foscolo e i suoi cipressi, devo ammettere che è nella natura umana, di certa umanità, il perdere la memoria di alcuni fatti per andare avanti.
Chiariamoci, non parlo delle stragi o delle nefandezze della storia, queste per fortuna le si tramanda di padre in figlio e poco potrà l’intervento dei media nel condizionarne il ricordo nell’epoca del web.
Parlo di ciò diciamo, di ciò che sentiamo, delle esperienze vissute.
Non pretendo che si sia tutti danteschi nel mantenere coerenti posizioni ma è giusto che in quella sorta di “curriculum soppiantato dalle partite di calcetto” resti traccia della storia delle persone, senza necessariamente attendere i mielosi “coccodrilli” all’atto della nostra dipartita.
Certo sarebbe bello un mondo in cui imperi la coerenza, in cui esistano le bandiere, in cui è la ricerca dell’affermazione dell’identità ad avere il sopravvento e non la ricerca del sopravvento a dettare l’identità.
Dopo la geografia, ci siamo giocati anche la storia e non siamo più in grado di distinguere una bandiera da una “pezza tergi polvere”, volete che in tutto ciò si possa mantenere la memoria di una coerenza umana?
Ciò che preoccupa è il rapporto con la “verità”, non quella assoluta, ma quella che ognuno si scrive per darsi ragione e se è vero che la “storia” la scrivono i vincitori è altrettanto vero che la storia con la “s” minuscola, verità contingente, non può essere scritta dal vincitore del momento prendendo a riferimento a un breve lasso temporaneo.
Oggi non c’è bisogno di tenere i mitici armadi metallici chiusi a chiave con i dossier per poter dire: “Buono a sapersi”.
Oggi basta digitare su un motore di ricerca il nome e cognome di un individuo e dopo una semplice precauzionale scrematura delle fonti attendili, tirare fuori dal web foto, filmati, notizie, dichiarazioni e quant’altro e qualora non doveste trovare nulla allora sarebbe ancora più preoccupante.
Quindi come si può artefare la cronaca, come si possono ricostruire verginità senza il rischio di sottoporsi al pubblico ludibrio?
Basta un filmato dalle teche di youtube per sconfessarci e allora comprenderemo quanto è triste la natura umana e ci ricorderemo del difficile “mestiere del campare” e arriveremo a giustificare e guardare con simpatia l’attempata meretrice che di notte nel centro città, qualunque sia il clima, cambia il suo look e il colore delle sue parrucche per apparire una appetibile novità, appena giunta in città.
Pertanto fortunati coloro che al mercato dotati di memoria potranno dire al loro “ex-mulo”: “Bastiano fatti accattare da chi nun ti canusci!”
Un abbraccio, Epruno.

(Pubblicato il 26/5/2017 su www.ilsicilia.it)

Il Vestito Nuovo

Carissimi, provate andare a comprare un vestito, quello che vi fa fare figura e vi fa stare comodi perché lo indossate con soddisfazione.
Penso che ognuno di voi da questo punto di vista abbia le idee chiare, condizionato nel suo giudizio dal proprio gusto, certamente dalle mode (non trattandosi del vestito della tradizione o della cerimonia) e ne sono certo anche della qualità delle stoffe e del lavoro sartoriale di confezionamento.
Ecco, spiegatemi adesso perché se siete in grado di avere le idee chiare su ciò che volete al momento di vestirvi, la stessa cosa non accade nel momento in cui vi dovete comprare il vostro futuro e soprattutto quello delle vostre generazioni che verranno. Perché la stessa ricerca di qualità che fate nel vostro abbigliarvi non la utilizzate nella vostra vita, nel vostro modo di essere, nel vostro modo di giudicare le cose e permettete agli altri di scegliervi l’abbigliamento, spesso standardizzato e tutto uguale, sicuri che il suggerimento datovi è il “meno peggio” di quanto vi potesse accadere.
Il “meno peggio”, siamo entrati nell’era del “meno peggio”, ci basta dire che tutto ciò che di nuovo ci si propina potrebbe essere peggiore per toglierci qualunque stimolo a cercare il meglio o anche cose nuove.
Ci hanno tolto la felicità e poi ci accusano di essere lugubri perché non applaudiamo a tristi spettacoli circensi dove gli stessi clown e le ballerine hanno 80 anni in media e adesso ci tolgono anche la voglia di sperimentare e di sognare cose nuove e perché no, di fare “nuovi errori” sempre che l’errore di per sé effettuato nella ricerca di novità sia un errore imperdonabile.
Cristoforo Colombo cercò una nuova via di navigazione per le Indie e per dimostrare che fuori dalle Colonne d’Ercole non c’erano le fiamme dell’inferno, ebbene sbaglio e scopri le Americhe, perché non poteva immaginare che a metà strada di questo nuovo percorso fatto dal lato opposto per giungere alle Indie c’erano di mezzo le Americhe.
Volete dirmi che questo fu un errore imperdonabile o volete ricordarvi che ciò diede vita all’era moderna? Certo se siete anti americani nessuno vi toglierà dalla mente che quello fu un errore imperdonabile ma se siete persone scevre da faziosità e con un minimo di apertura mentale sarete in grado di giudicare quali vantaggi per il mondo antico diede quella casuale scoperta, non ultimo quello che oggi a distanza di settanta anni, ci ha evitato di marciare in tutto il continente ancora con il “passo dell’oca”, poiché nel nostro caso non ci sarebbe mai stato alcun 25 Aprile, con tutto ciò che ne derivò.
Io non ho paura dei cambiamenti, ho paura dei “fottipopolo” e di quelli che nei bagni di folla mi distraggono richiamandomi l’attenzione sulle loro mani pulite mentre “il compare” da tergo mi possiede innaturalmente.
Io non cerco l’usato sicuro, io cerco di non perdermi un’altra generazione così come si è persa la mia nell’attesa che qualcuno ci dicesse: “è il vostro turno”. Io non ho la pazienza di attendere che le “regine centenarie” muoiano per farsi da parte, perché così facendo i nostri giovani ne avranno di tempo a farsi le valige e ad andare in giro per il mondo da migranti di lusso per affermarsi, mentre da posti ancora più poveri continueranno a giungere gommoni pieni giovani disperati per sostituirli.
Desidero che la gente riprenda coscienza dei suoi diritti camminando per strade piene di buche o salendo su autobus di servizi pubblici inadeguati o attraverso quartieri che non attendano la festa per mostrare il loro aspetto lindo, che i servizi pagati alla fonte attraverso i prelievi fiscali siano realmente resi senza solleciti. Io non voglio vivere in città fantastiche, sarei già emigrato da anni, ma voglio vivere nella città dove sono nato e pretendo che questa sia “normale”, “giusta” e “sicura”.
Io voglio scegliere e non voglio addormentarmi davanti ad un soporifero programma tranquillizzante con in mano un cambia canale rotto ad arte e con un solo tasto che funzioni.
Un abbraccio, Epruno.

(pubblicato il 19/5/2017 sul sito www.ilsicilia.it)

Ma siamo certi di volere il “cambiamento”?

Carissimi, non esiste comizio dall’invenzione della democrazia che non inizi con l’affermazione retorica del candidato di turno: “basta è ora di finirla”. Ma siamo certi di volere il “cambiamento”? Tutti si riempiono la bocca con la parola “cambiamento”, ma alla fine lo vogliamo veramente un “cambiamento”? Sappiamo le conseguenze di un “cambiamento”?
La parola “cambiamento” serve riscuotere applausi, per attirare la rabbia degli scontenti e per coalizzare quelli che oggi vengono definiti populisti. In un certo senso vi capisco, mi metto nelle vesti di un padre di famiglia che deve assicurare il futuro ai propri figli, costui saprà battersi per una giustizia e l’applicazione della meritocrazia o si darà da fare per arrivare al potente di turno che gli possa garantire una corsia preferenziale per i propri ragazzi?
In un mondo giusto i nostri figli valgono tanto quanto i figli degli altri, come dice qualcuno “uno vale uno” e non ci saranno più furbate di pseudo-cooperative-associazioni che attraverso corsi di formazione creeranno precari senza pre-valutazioni (tranne la conoscenza o la colorazione politica) che alla fine verranno stabilizzati, mentre c’è chi ancora fa la fila e spera nei concorsi volendo fare valere il merito. Per farvi un esempio, immaginate per strada le macchine incolonnate procedere a bassissima velocità ma con un traffico veicolare che scorre, ognuno sa che il transito a velocità media di quel percorso duri 30 minuti e di conseguenza potrà organizzare la propria attività sapendo che dovrà impiegare mezz’ora per strada.Immaginiamo parimenti una strada giornalmente davanti i nostri occhi, dove nessuno sta in colonna, dove ognuno tenta di coprire lo spazio creatosi in un istante, dove si utilizzano illegalmente le corsie preferenziali, dove le motociclette sgattaiolano facendo la gincana tra le auto e dove ai semafori si trova di tutto, dall’ipermercato alla questua istituzionalizzata.
Quanto tempo è possibile stimare per la percorrenza di tale tratto di strada se si aggiunge a tutto ciò il tizio idiota che lascia la macchina in doppia e tripla fila restringendo la carreggiata?
Certo mi convinco sempre di più che un mondo con le regole giuste non conviene a tutti, a partire da chi trova comodo non cercare un parcheggio e lasciare l’auto in doppia fila. Per cambiare ci vuole coraggio, non ci vuole egoismo, non sempre serve eroismo e quando serve bisogna avere la forza di fare scelte giuste e non scelte che ci lascino tranquilli.
Così è quella politica con la “p” minuscola, l’arte del compromesso che ti fa accettare cose non universalmente corrette al fine di raggiungere un tornaconto, così spazzati gli ideali se devo fare una puntata, preferisco farla su chi sta vincendo e non certamente per chi fa dei bei discorsi che mi convincono di più ma che non ha nessuna chance di vincita. Secondo alcuni le scelte “romantiche” creano soltanto le minoranze e oggi non vi è posto per le minoranze perché chi vince, grazie a queste cattive regole, prende tutto.
Non pensate che il vostro disagio sia frutto di una posizione di nicchia, oggi il mondo è diviso a metà e se una cosa è giusta secondo il 50% dei votanti che sono abbondantemente al di sotto della metà della popolazione, non è detto che sia giusta in assoluto, ma potrebbe essere soltanto la verità del vincitore. Malgrado quanto sopra e fin quando ce lo permetteranno, giunge il momento che la parola torna alla gente che ha dovuto fare battaglie epocali per avere l’universalità del voto e che di contro in grandi numeri percentuali si astiene dal far valere un diritto.
Non voglio personalmente più sentire di “voti inutili”. I voti come le opinioni sono tutti utili e se le cose a nostro parere non vanno è nostro dovere cercare di cambiarle, se a nostro parere vanno bene le si mantengono, ma in entrambe i casi sarà una espressione della volontà popolare a decidere il tutto e non c’è nessuno che dovrà offendersi. Sorridiamo di più, togliamo offese e volgarità alle nostre campagne elettorali, questo modo di far politica delegittimando, coprendo di merda l’interlocutore e soltanto squallido. Questo creare frasi fatte da ripetere in coro verso il “non noi” a lungo andare ha fatto perdere di credibilità il sistema.
Inizio io nel darvi uno spunto, comunque andranno le prossime elezioni, a giudicare dai manifesti per strada, avremo il nostro consiglio comunale pieno di modelle elette nel partito del Photoshop.
Un abbraccio, Epruno.

(pubblicato il 12/5/2017 su www.ilsicilia.it )

Non siamo un paese serio

Carissimi, non siamo un paese serio, siamo di contro una nazione fantastica.
Siamo come una donna di facili costumi, stupenda ma tutto fuorché seria.
Non siamo abituati alle regole, le confezioniamo per disattenderle, violandole o derogandole e mettendole subito in contestazione e poi ci meravigliamo che questa “cosa” (che viene da chi sa quale mondo lontano dell’universo) che si chiama “politica” ci sconvolge per la sua poca affidabilità.
La politica? Vogliamo dire che è tutta colpa della politica? Ma la politica chi la fa?
Ad esempio, da qualche tempo abbiamo scoperto il gusto delle “primarie”, i partiti organizzano al proprio interno queste mini consultazioni scrivendo e tassando i propri votanti (quindi attraverso uno strumento democratico indiscutibile), ottenuti i risultati che danno un vincitore (chiunque esso sia e qualunque sia l’entità del suo successo) c’è già chi decide di non accettarne l’esito poiché non è coincidente con quello desiderato da una sparuta élite che va in tv a fare opinione.
Per quale motivo contestare gli esiti soltanto perché si è perso? Ma in quale paese civile, stabilite prima le regole, si contesta l’esito finale di una corretta e democratica competizione?
Odiamo i leader ma ne sentiamo il bisogno per deresponsabilizzarci lasciando a loro le decisioni e gli eventuali insuccessi. Cerchiamo sempre un balcone sotto al quale affollarci e ripararci per qualche tempo.
I nostri leader di contro risentono di quest’ambiente poco serio e provano continuamente ad andare ben oltre il loro mandato tanto che una volta giunti al successo (specialmente negli ambiti locali) si sentono già padroni della “cosa pubblica” e pur non essendoci nel nostro ordinamento il concetto dello “spoils system”, decidono di cambiare i vertici di ogni realtà a partecipazione pubblica mettendo alle loro guide uomini del proprio “cerchio magico“, pestando sotto i piedi i criteri della meritocrazia e i valori di un’amministrazione partecipata e condivisa.
Chi si candida dovrebbe farlo per mettere le proprie qualità a disposizione della collettività e per amministrare la “comunità”, purtroppo si finisce spesso per farne un mestiere, il proprio unico mestiere.
Ogni governate è uso celare l’incapacità di raggiungere i propri obiettivi additando chi l’ha preceduto quale colpevole di tutto ciò che non funzionerà e dietro alla pesante eredità tramandatagli.
All’estero, quando un leader perde le elezioni va a casa e passa il suo tempo a fare conferenze in giro per il mondo e a scrivere libri di memorie.
In Italia ciò non succede perché alle urne non perde mai nessuno.
Alle elezioni non vi sono mai sconfitti poiché grazie alla buona abitudine di frazionarsi in partitini che cambiano periodicamente nome e al voto organizzato in periodi diversi per nazionali, regionali e comunali c’è sempre chi dice, anche se palesemente battuto: “se confrontiamo i dati con le precedenti regionali in cui il PX era consociato con il PY e il movimento WX, sommando i singoli voti ottenuti, si nota che il risultato può esser considerato più che lusinghiero”.
Verrebbe da dire: “ma c’è o ci fa?” Inoltre: “ma ci credono proprio così stupidi?”
Vi sembra un paese serio? Un abbraccio, Epruno.

(pubblicato su www.ilsicilia.it il 6/5/2017)