Archivio per la categoria: Epruno – Il meglio della vita (ilsicilia.it)

Grazie a Dio è Venerdì Jean-Jacques

Carissimi,

Uno degli errori dei giorni d’oggi è quello di sentire soltanto ciò che vogliamo sentire estrapolando da contesti ben più complessi, stralci attraverso i quali costruiamo le nostre verità.
Sono stato un attento ascoltatore della crisi politica appena conclusasi, come ogni volta ho voluto ascoltare le notizie (in verità molto poche e sempre le stesse) attraverso diversi canali d’informazione, molto diversi alcuni tra di loro e ho privilegiato quelli che trovavo più lontani dal mio pensare perché sono ancora tra chi vuole capire ciò che accade e non c’è occasione migliore che sentire le ragioni della controparte, prima di farsi una propria idea.
Ho seguito la politica sui mezzi di comunicazione informatica fino al suggello dell’esito della crisi attraverso la piattaforma Rousseau e mi sono posto una serie di domande sulle piattaforme social, principalmente su quella che conosco meglio e da tempo e adopero con più frequenza Facebook.
Prima considerazione.

Un sistema apparentemente democratico che si nasconde dietro questionari preconfezionati per qualsivoglia reclamo, la stragrande maggioranza dei casi che non va a buon fine, affidato ad un computer e non ad un interlocutore che vi risponde, lo vedo come un punto debole.
Si, lo sapevamo che “un gioco nato per deridere una fiamma profumiera” non poteva diventare una cosa seria se non uno dei tanti strumenti per acquisire le nostre informazioni, la nostra identità, ma avremmo accettato di prestare il nostro bagaglio di foto, di pensieri, di contatti se avessimo scoperto che davanti ad una richiesta di reclamo, saremmo stati rimandati da scheda a scheda con messaggi di scusa e di temporeggiamento standard senza giungere ad alcuna soluzione? Leggi il resto dell’ articolo »

Il legame con le tradizioni

Carissimi,

ho già scritto in passato di Ignazio tornato nella sua terra dall’emigrazione per venire a ricoprire un posto da custode-portiere di uno stabile con tutte le garanzie sindacali. Ebbene quando il taxi lo lasciò davanti il suo nuovo domicilio lui era vestito ancora con i costumi tradizionali bavaresi, un pantaloncino e calzettoni di lana spessi, le bretelle sulla camicia quadrettata e soprattutto quel cappello verde con le piume.

Era la fine degli anni 70 ma ricordo che in strada tutti si fermarono a guardarlo e lui si diede una orgogliosa area teutonica acquisita con anni di mortificazione e sacrifichi che qui non sarebbe servita più a nulla. Anche il vecchio Cav. Saputo sedutosi a riposare qualche minuto nella bottega del fruttivendolo, sollevando il volto dai pugni congiunti che tenevano fisso il bastone, disse: “Ma che arrivò carnavele? Ma chistu a cu appartieni?”

Provate a chiedere agli inglesi il motivo per cui la Regina quando va nella camera dei Lords, seduti con i loro vestiti tradizionali, manda un messaggero anch’egli in costume d’epoca a chiamare i “Commons” (i Parlamentari della camera dei comuni tra i quali i ministri e il primo ministro) e costoro dietro lo “Speaker” in silenzio la raggiungono rimanendo costipati in piedi in fondo alla sala ad ascoltare il discorso di “Sua Graziosa Maestà”.
Provate ad andare in chiesa il giorno di festa tra i Ladini delle Dolomiti e verrete catapultati in una atmosfera che si ripete la stessa da secoli apprezzabile dai variopinti costumi e l’esaltazione di una comunità montanara. Leggi il resto dell’ articolo »

Andare in Vacanza anche da Facebook

Carissimi
A che servono le ferie da quando portiamo con noi l’Iphone o l’ipad?
A che servono le ferie da quando esistono le tv con il decoder satellitare?

Ricordo i tempi in cui si partiva, si abbracciava la mamma dicendole “sto tornando” e si portava con sé uno zaino con solo appuntato lo scudetto dell’Italia e la scritta “Italy” e più arditi “Sicily”.

Poi, l’epopea, un biglietto “interail”, la tessera “CTS” e via verso le capitali europee. Si stava fuori 15gg. senza sapere un “cribbio” di ciò che nel frattempo accadeva in Italia, si telefonava a casa da una cabina stradale due, tre volte al massimo e con pochi gettoni per dare “prova di esistenza in vita”. A casa, il viaggio veniva preso con grande tensione, accadeva un terremoto in Giappone e si attendeva con ansia la telefonata da Londra per chiedere se lì andasse tutto bene. Oggi siamo costantemente geo-localizzati e continuamente collegati.

Eppure oggi, fare vacanza vuol dire anche difendersi da ciò per un paio di settimane. Tenere spenta la TV in camera in albergo? (è istintivo accenderla) Anche nel peggiore dei circuiti satellitari, almeno l’ammiraglia Rai1 la trovi al canale 500 e rotti. Dimenticare il telefonino? (Anatema, Apriti cielo). Leggi il resto dell’ articolo »

Palermo dai Capelli Rossi

Conoscevo una Signora che abitava in zona, una gran bella donna che non passava inosservata e andava in giro con il suo maggiolino cabriolet nero, occhi chiari e capelli naturali rosso fuoco.
Questa donna aveva molto cura del suo aspetto e spesso si trasformava nella ricerca di un nuovo look sempre più piacevole e interessante. Ero ancora studente delle medie e come altri ragazzi all’epoca giocavo a pallone per strada, bastava uno slargo o nel nostro caso un marciapiede un po’ più largo e quello diventava il nostro San Siro e se poi c’era una saracinesca che poteva fare da porto, non solo il sogno ma il miracolo era fatto, accompagnato dalle bestemmie di chi abitava sopra e sentiva quel fastidioso rumore del pallone che sbatteva sulla lamiera ad ogni goal.

Stavo per strada e di vista conoscevo tutti coloro che abitavano nella zona così come la Signora dai capelli rossi (non si chiamava Anna ma era conosciutissima in città) e compresi successivamente crescendo, il rispettoso lavoro che lei facesse, offrendo “professionalmente” a pagamento presso il suo studio, non in zona, prestazioni sessuali.
Dicevo non in zona perché la Signora era una inquilina in un palazzo della zona dove abitava quando non esercitava e se non fosse stato per il suo look spesso appariscente sarebbe stata una delle tante persone che abitavano in zona. Compresi ripensando a Lei a distanza di anni, l’importanza che per certe professioni assume l’apparire, il dover sembrare sempre una novità, il dover lottare con il tempo che avanza e fronteggiarlo con intelligenza e creatività. Leggi il resto dell’ articolo »

Abbiamo Tutti Bisogno di Riflettere

Carissimi,
È in questo periodo che prendiamo in mano gli scatoloni con vecchi ricordi o foto del passato con l’ambizione di fare spazio ma poi non buttiamo nulla. Mettere ordine nella nostra vita (quanto meno la buona intenzione) ci rilassa, ma poi finiamo per farci prendere da quel legame morboso che abbiamo con il passato.
Se solo sapessimo vivere il rapporto con il passato con la giusta lucidità eviteremmo che questo rimanga costante nel nostro presente soltanto per danneggiare il nostro futuro.
Il passato non torna, le minestre non si riscaldano pretendendo che queste mantengano lo stesso sapore dell’istante della loro preparazione, le belle esperienze geo localizzate e temporalmente fissate, non saranno mai le stesse.
Ecco perché, lo dico apertamente, ma lo avrete capito già tutti, io non credo nei “ritorni al futuro” specialmente in amore e in politica, sto tentando ancora di comprendere cosa spinge la massa ad affidarsi ad un usato sicuro per poi lamentarsi in continuazione.
Forse la paura del futuro? La paura di crescere? La paura del nuovo? La paura del diverso? Insomma, la paura?
Il passato ci coccola perché ne cambiamo gli esiti, ricordando cosa ci fa comodo e seppellendo ciò che ci ha ferito.
Non riusciamo ad essere onesti neanche con noi stessi. Il prossimo sbaglia perché è umano e sbaglia sempre allo stesso modo, sia che esso è sottoposto davanti a piccole cose o davanti a grandi problemi.
Quante volte ci è capitato di essere traditi nei nostri affetti, non necessariamente in situazioni sentimentali ma anche nelle semplici amicizie. Leggi il resto dell’ articolo »

A Volte ti Stupiscono

Carissimi
Entro in una piccola panetteria, arcaico locale demodé, ucciso dai nutrizionisti da talk-show e messo al bando da chi fa religione della prova costume, da chi vive tre mesi all’anno nuda arrostita sotto raggi U.V.A. che provocano tumori alla pelle, per poi sbiancare in meno di dieci giorni e trovo una lavagna piccola, in alto, con scritto con il gessetto “Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni” e sotto ovviamente la firma Oscar Wilde.
Mi viene naturale chiedere alla signorina che dietro il bancone mi stava pesando i due bocconcini ancora border-line, la dose di un pusher, non ufficialmente messi all’indice, ma certamente tollerati meno dell’uso delle pasticche allucinogene o delle bottiglie di birra nelle varie taverne, da bere appozzando senza bisogno di bicchieri: “signorina chi ha scritto questa frase?”
A quel punto esce un omino dalla stanza dei forni, tutto imbrattato di farina il quale mi risponde: “Oscar Wilde”. Io replico: “lo sapevo, ma volevo intendere chi materialmente avesse scritto e appeso quella frase sulla lavagna”. L’omino orgogliosamente mi fece cenno di averla scritta lui e di seguito iniziò a declamare le lodi di Wilde, della personalità dello scrittore e della bellezza delle opere.
Un panettiere che a Palermo, in una città vocata “all’usato sicuro” non mi parlava con frasi fatte e slogan letti dai titoli del quotidiano locale, ma addirittura mi lodava il “ritratto di Dorian Grey”.
Il suo incontro mi aveva acceso la giornata, questa terra aveva ancora speranze e non perché il “cazzaro” di turno mi volesse vendere la fontana di trevi, non perché cinquanta pensionati benestanti mi riempissero la mostra “del nulla” chiamandomela arte, non perché qualcuno volesse convincermi che tutto era risolto, che non cerano più problemi, che non c’era la mafia, che non c’era la povertà, che non c’era l’immondizia, ma perché avevo trovato un “uomo comune” che custodiva una media cultura personale, magari scolastica e che pensando ancora con la propria testa trovava l’ironia di utilizzare un aforisma celebre per giustificare la vendita del pane o dei biscotti, tutti alimenti ipercalorici messi al bando da coloro che si ubriacavano accompagnandoli con i “dietetici stuzzichini”. Leggi il resto dell’ articolo »

Vai a Fidarti dell’Apparenza

Carissimi

Entro in una piccola panetteria, arcaico locale demodé, ucciso dai nutrizionisti da talk-show e messo al bando da chi fa religione della prova costume, da chi vive tre mesi all’anno nuda arrostita sotto raggi U.V.A. che provocano tumori alla pelle, per poi sbiancare in meno di dieci giorni e trovo una lavagna piccola, in alto, con scritto con il gessetto “Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni” e sotto ovviamente la firma Oscar Wilde.

Mi viene naturale chiedere alla signorina che dietro il bancone mi stava pesando i due bocconcini ancora border-line, la dose di un pusher, non ufficialmente messi all’indice, ma certamente tollerati meno dell’uso delle pasticche allucinogene o delle bottiglie di birra nelle varie taverne, da bere appozzando senza bisogno di bicchieri: “signorina chi ha scritto questa frase?

A quel punto esce un omino dalla stanza dei forni, tutto imbrattato di farina il quale mi risponde: “Oscar Wilde”. Io replico: “lo sapevo, ma volevo intendere chi materialmente avesse scritto e appeso quella frase sulla lavagna”. L’omino orgogliosamente mi fece cenno di averla scritta lui e di seguito iniziò a declamare le lodi di Wilde, della personalità dello scrittore e della bellezza delle opere.

Un panettiere che a Palermo, in una città vocata “all’usato sicuro” non mi parlava con frasi fatte e slogan letti dai titoli del quotidiano locale, ma addirittura mi lodava il “ritratto di Dorian Grey”. Leggi il resto dell’ articolo »

Rimembranze in un caldo giorno di luglio

Carissimi,

vedo quella mia panchina che mi aspetta per sedermi e rilassarmi definitivamente ma voglio resistere perché c’è ancora tempo e voglia per fare ancora qualcosa.
Più giungono segnali inquietanti e più la voglia di fare aumenta, poiché mi rendo conto che l’unica risorsa che sta venendo a mancare è “il senno”!
Ho speso tante energie per mettere insieme gente “positiva” di qualunque estrazione e colore convinto che dall’unione di positività potessero nascere cose belle per tutti e purtroppo mi scontro quotidianamente con la “gramigna della mediocrità” di chi infama, dileggia, calunnia con l’unico scopo di sminuire agli occhi del prossimo il valore dell’interlocutore poiché non ha la forza di alzarsi al suo livello per competere e visto che il sistema è costruito “al ribasso” tali negatività e nefandezze si evidenziano.
Siamo sempre di più coloro che pensano che questa mentalità ci porterà all’autodistruzione poiché la società non si può reggere attorno ad unica “intelligenza deviata” e tanti cretini di supporto, tanti cerebrolesi plaudenti, tanti “mono neuroni” elegantemente vestiti e a volte anche con un “bel culo”.

Come volete che mi senta in una giornata come questa pensando a quel boato che mi fece sobbalzare dal letto, appena rientrato dal mare, stesomi per qualche minuto a riposare. Leggi il resto dell’ articolo »

Prendiamo Consapevolezza

Carissimi
Cambiamento non necessariamente significa miglioramento.
Ecco perché i due termini devono essere espressi congiuntamente per dare una idea completa di quanto noi vogliamo descrivere (cioè “cambiare in meglio”).
Siamo rimasti in pochi a esprimere concetti liberi da preconcetti e slogan e questo già dovrebbe esser un serio argomento di dibattito, qui continuiamo a volare basso, o meglio continuiamo a dare l’impressione di volare basso per evitare di essere intercettati dai radar dei facinorosi e dei prezzolati amanti della polemica ad ogni costo. Qui vogliamo cazzeggiare.
Ma anche per cazzeggiare seriamente dobbiamo avere dei punti fermi per impostare un dibattito dialettico e il primo assioma è certamente quello che aldilà delle aspirazioni e degli interessi di Peppino Garibaldi, noi non siamo mai stati un “popolo” perché il voler ricondurre al sogno geografico dell’impero romano, l’unione di stati feudali cresciuti all’ombra dei propri campanili e dire di colpo voi siete una nazione è stato un fallimento. Ancora oggi ritroviamo diversità non soltanto comportamentali man mano che passiamo da un territorio geografico della nazione ad un altro, riconducibile a regni o granducati pre-risorgimentali.
Altro assioma è quello che da sempre questo insieme di persone che chiamiamo italiani sono divisi in due fazioni di pensiero e su qualunque argomento ci si divide al 50% e risulta impossibile, faticoso e oltremodo inutile tentare di convincere l’interlocutore, un po’ come nel gioco dello “zero-per” dove se si sa giocare non vince nessuno.
Ecco perché in alcune parti di questo paese (e mi riferisco alle mie parti) non si può mai fare sistema davanti ai grandi problemi e fare squadra, poiché ognuno si trincera dietro il suo schieramento d’interesse e da lì non si muove, fino al punto di negare l’evidenza. Leggi il resto dell’ articolo »

Che cosa è la libertà?

Carissimi,

Aveva per suo conto già risposto Giorgio Gaber, ma penso che la libertà sia qualcosa di veramente relativo, diversamente non sarebbero stati in tanti a scrivere su ciò.
Ognuno ha le sue libertà, poche volte legate al pensiero, molte volte legate allo spazio, tante altre volte legate alle abitudini. Fare i fattacci propri è sinonimo di libertà?
Ricordo ancora le belle frasi dell’educazione civica che ci ricordavano “la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri?”. Bello a risentirlo. La mia mente va al vero periodo di grande libertà inconsapevole, l’adolescenza e il successivo periodo universitario, quanto eravamo belli ma in pochi sapevamo che cosa la vita ci avesse riservato per il futuro e vivevamo alla giornata e costrizione diventava il dover studiare e andare a scuola, libertà per noi erano le vacanze estive. Visitare i paesi stranieri ci dava l’idea più completa del concetto di libertà.

Ricordo ancora l’impressione che mi fece la prima volta Amsterdam, agli inizi degli anni ’80, l’incontro in una capitale del nord di altri giovani coetanei di altre nazioni, il dormire negli ostelli della gioventù nei cameroni con 16 letti a castello, in quelle notti passate a tentare di prender sonno tra il russare del gigante teutonico, il fetore dei calzettoni dell’inglese “sciarriato con l’acqua” e quel fumo nell’aria che da bacchettone non sapevo cosa fosse ma mi sarei dovuto chiedere il perché di tanta allegria al risveglio.
Libertà per me significava poter lasciare lo zaino con i miei vestiti e gli effetti personali ai piedi della branda, la mattina, il ritornare la sera e ritrovare il tutto.

Che dire delle meravigliose ragazze, tutto ciò che era biondo era meraviglioso, anche se nelle gambe tenevano peli simili a quelli di uno stopper di terza categoria. Quei sorrisi angelici che ti facevano innamorare a prima vista e ti davano la soddisfazione di una conquista inaspettata ed eri nella mente tua fidanzato e non vedevi l’ora di tornare a casa per far vedere la foto, se la macchina fotografica avesse impresso il tutto regolarmente nel rullino. E che dire delle lettere nelle quali descrivevi le tue giornate e ti attendevi risposte altrettanto articolate, fino a quando nella terza risposta non apprendevi che l’angelo biondo non voleva più esser disturbata e scoprivi che il ragazzo in viaggio aveva lasciato per venire con te, non era neanche il fidanzato, perché il fidanzato era un serio ricercatore universitario con il quale stava da anni con il placet delle faglie.

Oggi con l’esperienza degli anni avresti capito che il volto angelico stilnovista nascondeva una “nave scuola” che aveva visto più passeggeri di una ONG nel canale di Sicilia, ma pensi a lei con affetto, perché si voleva divertire come te e ti aveva regalato emozioni in libertà facendoti crescere. E dire che qualche sospetto l’avresti dovuto avere se il giornale dell’ostello ti informava che prima di fare sesso dovevi usare il preservativo da ritirare gratuitamente alla reception e se cercavi droga dovevi stare attento a dove la compravi e da chi e io che la domenica prima stavo in chiesa a cantare in coro “al tuo santo altar”.

Tanta libertà al tempo mi sconvolse, vedere le donnine dietro le vetrine a luci rosse chiamarti invitandoti ad entrare, un altro mondo rispetto alla prostituzione al tempo esercitata nelle case chiuse (aperte in clandestinità) nelle catapecchie del centro storico. Eppure riflettendoci oggi a distanza di 35 anni penso che quella libertà, fosse frutto di tanta organizzazione alle spalle e molto meno ipocrisia. Mi spiego meglio, per lo sprovveduto bacchettone italiano il primo pensiero era quello che li si potesse fare tutto ciò che si volesse fottendosene del tutto, poi riflettevi ai messaggi del bollettino che ti suggeriva: “Vuoi farlo? Fai attenzione, bada alle conseguenze e memorizza questi indirizzi di servizi sanitari all’occorrenza”. Stessa cosa per la prostituzione con i quartieri a luci rosse presidiati dalla polizia e le signore periodicamente controllate da un servizio medico. Altro che grande bordello, lo zaino restava lì davanti la brandina senza che nessuno toccava nulla.

Questa atmosfera di “grande libertà disinibita” ci poteva turbare, potevamo non condividere ma il tutto era sotto controllo, e questa sensazione l’ho ritrovata in altri paesi dove per strada non incontravo mai una pattuglia di polizia, ma se venivo pizzicato a sbagliare non c’erano giustificazioni che bastassero, dovevo pagare.
Qui nel nostro paese “poco serio” quanto sopra non potrebbe mai avvenire, poiché ci piace fare chiacchiere finanche in parlamento e ci conviene fare tutto ipocritamente di nascosto e poi “baciare le pile per essere il cattolico dell’anno”.

Un abbraccio, Epruno