Carissimi,
Sapete come accade spesso quando in un contesto circoscritto ci si trova a perdere tempo nell’attesa di qualcosa e si sente la necessità di parlare con qualcuno, anche con lo sconosciuto che è seduto accanto a voi, pur di avere qualcuno che ascolti i nostri pensieri a voce alta.
È capitato anche a me e pur di non parlare da solo, non sono pazzo, odiando il telefonino, ho iniziato a parlare seduto in quella panca mentre accanto a me, con la sua bocca stretta a salvadanaio, il mio vicino mi guardava e “tistiava”, trovando ogni tanto il coraggio di aprir bocca per dirmi… A virità!
Mi sentivo un opinionista e avrei voluto che quel momento non terminasse mai perché ne avevo di cose da dire, ce ne erano cose che secondo me non funzionavano, eppure guardavo il mio uditore, (avvolto da quel suo vecchio cappotto, le scarpe grandi e usurate, una faccia con la barba dura non fatta da almeno un paio di giorni, i suoi capelli scuri, spettinati e chi sa quanti pensieri per la testa di bollette scadute, di figli irrealizzati, di matrimoni andati a male e di tanta, tanta precarietà), ogni tanto stringere quelle sue labbra sottili, voltare lo sguardo verso di me spalancando gli occhi, sollevando le spalle e ripetere… A virità!