Archivio per la categoria: Epruno – Ad Honorem

A 321 anni ….oggi ….. Dall’Attasso!!!

Jean-Baptiste Lully o Giovanni Battista Lulli (Firenze, 28 novembre 1632Parigi, 22 marzo 1687) è stato un compositore italiano naturalizzato francese.

Si firmò sempre Lully, sebbene nella lingua del suo paese natale, la y non esistesse. Senza dubbio adottò questa ortografia sentendo il suo nome pronunciato alla francese, ovvero, con l’accento sull’ultima sillaba. Nacque nel 1632 a Firenze o nei dintorni di questa città. Suo padre era garzone di mulino. Lully arrivo in Francia poiché Mademoiselle de Montpensier aveva pregato lo chevalier di Guise di partire per l’Italia allo scopo di ricondurre con sé un piccolo italiano “se ne avesse incontrato qualcuno grazioso”. Senza dubbio il bambino era piaciuto allo chevalier per la gaiezza e la vivacità, giacché era “lariu”. Infatti, quando mademoiselle lo vide (aveva 12 anni), non gli trovò posto migliore delle sue cucine, lo chevalier, nel presentarlo, non avesse fatto menzione dei talenti che possedeva quel ragazzo, il quale aveva infatti ricevuto lezioni da un monaco francescano che gli aveva insegnato a suonare la chitarra. Non appena installato nelle cucine, lo si vedeva raccattare le casseruole di ogni forma e grandezza, disporle convenientemente in scale musicali e poi, servendosi di un mestolo, eseguire bizzarre armonie da carillon con l’improvvisata orchestra. Lo studio della chitarra, gli resero l’apprendere la diteggiatura del violino, una cosa facile e quasi naturale.

clip_image002[5]Il conte di Nogent, nel far visita a mademoiselle e passando per caso sotto le finestre delle cucine, disse alla principessa che tra i galoppini si trovava uno che aveva talento e mano. Il ragazzo compiva allora tredici anni. Mademoiselle lo fece uscire dalle cucine per accoglierlo nei suoi appartamenti, da dove la sua figura poco gradevole l’aveva in un primo tempo fatto allontanare. Durante i sei anni in cui Lully rimase in questa casa fece dei progressi straordinari, specie nello studio del violoncello. Studiò il clavicembalo e la composizione con Métru, Gigault e Roberday, organisti allora molto celebri a Parigi. Appena Lully cominciò a possedere qualche conoscenza nel campo musicale, si mise a comporre e le sue arie non tardarono ad essere notate. Una rimarchevole circostanza, poco onorevole in verità per lui, aumentò la sua reputazione di compositore. l’aver messo in musica una satira contro la sua padrona, mademoiselle de Montpensier, cosa che gli procurò il bando dalla casa in cui aveva vissuto fino ad allora. Obbligato quindi a cercarsi si presentò all’orchestra di corte, e fu accolto come garzone d’orchestra, benché già componesse arie e sinfonie notevoli, il re stesso ebbe voglia un giorno di sentire Lully che suonò in sua presenza con un tale successo che una nuova banda di dodici violons fu formata e messa sotto la sua direzione e la si chiamò banda dei petits violons. Tutti i violinisti che si fecero un nome in quest’epoca e in quella immediatamente successiva, uscirono dall’orchestra di Lully. Nonostante ciò, egli cercava di trovare dappertutto dei protettori, facendosi sentire nelle riunioni importanti dei grandi personaggi della corte e componendo dei brani di limitata estensione che egli stesso cantava. Il suo successo, del resto, era assicurato, dal momento che era piaciuto al re Luigi XIV. Nominato quindi dal re sovrintendente delle musica, smise di suonare per dedicarsi alla composizione. Ma ciò mi spinge a farvi attenzionare questo compositore è certamente l’episodio della sua fine che fu causata da un avvenimento che potrebbe sembrare ridicolo se non avesse avuto così gravi conseguenze per lui: stava provando un Te deum per la convalescenza del re, verso la fine del 1686, quando , battendo la misura col suo bastone, (in quell’epoca la piccola bacchetta del direttore d’orchestra veniva sostituita da un pesante bastone) si ferì l’estremità di un piede per la distrazione. Nel giro di qualche tempo il suo medico gli annunciò che la natura della ferita esigeva l’amputazione del dito. Lully si rifiutò. Più tardi, lo stesso medico gli disse che era necessario amputare il piede, trovando nuova resistenza da parte sua, infine, gli prospettò la scelta tra il perdere la gamba o la vita. A questo punto, Lully si sarebbe forse deciso a subire l’operazione, ma, per sua sfortuna, sopravvenne un ciarlatano che promise di guarirlo salvandogli la gamba. Ebbe dapprima qualche miglioramento, ma fu solo effimero e temporaneo, la cancrena fece progressi rapidi, bisognò rassegnarsi a morire, cosa che Lully fece con la compostezza abituale delle genti del suo paese, confessò i suoi peccati e cantò una frase melodica di una sua composizione su queste parole: Il faut mourir, pécheur. Il faut mourir (Morir bisogna, peccatore. Morir bisogna). Poco dopo spirò, il 22 marzo 1687. (liberamente tratto da Wikipedia)

Anch`io lo conoscevo

 

Commento al pdf nr. 25 per Giuseppe. Scusa per l`invio via e-mail , ma non sono riuscito a postarlo sul blog a causa dell`antispam.
Anch`io lo conoscevo molto bene, con quei capelli da artista sempre in cerca di ispirazione, con quel suo passo felpato che te lo trovavi davanti senza accorgertene, con quei suoi modi da gentiluomo d`altri tempi a cui sembrava quasi mancasse il cilindro e il bastone da passeggio quando si inchinava a salutare qualcuno.A volte tornando a casa lo incontravo vicino il passagio a livello ,ormai in disuso, di via Malaspina e si facevano due chiacchere fino alla piazzetta in fondo alla via Aurispa , dove lui abitava, fermandoci per delle buone mezz`ore quando mi parlava di una nuova canzone o di una poesia.
Una volta mi mise in mano, pregandomi di leggerlo, un romanzo che aveva scritto per un concorso di nuovi scrittori.Si intitolava ” 9 mesi nello spazio”, l`ho letto, non sto qui` a raccontarvi la trama o la bravura di Giuseppe, ma l`entusiasmo e il credere di fare qualcosa che agli altri possa quantomeno interessare era radicato in lui.A distanza di anni ho appreso, grazie ad “Epruno”, della sua morte e di quello che “gli hanno fatto fare “.
A prima vista non sapevo che effetto mi hanno fatto quei video, ma riguardandoli bene , ho visto nei suoi occhi il volersi scusare di essere li e fare quello che ( volente o nolente ) stava facendo. Ieri sono stato al funerale della mamma di in mio conoscente. Siamo stati accolti nella camera ardente da un cerimoniere con dei modi affettati e asettici, da sembrare un politico in cerca di voti.Dopo aver fatto le condoglianze ai familiari ci siamo accomodati a dei tavolini e ci e` stato servito del caffe` e dei biscotti.Il tutto era contornato da un sottofondo musicale che infondeva la pace interiore.

Eravamo in ‘ 12 ” E AVEVI TIMORE A DEGLUTIRE IL CAFFE` PERCHE POTEVI DISTURBARE TANTO ERA IL SILENZIO. La diretta interessata era in una stanzetta attigua , come a non volerci ricordare perche` eravamo li`, e se volevamo potevamo andare a renderle l`ultimo saluto, sempre sotto la vigilanza del solerte cerimoniere. Mi sembrava la scena di un film. Mi e` venuto di pensare che i Nostri funerali sono piu` umani e veraci. Sara` vero ? Ma tanto al morto che gliene importa se esterioriamo dei sentimenti che non sono veri o che lasciano il tempo che trovano.Non sono stato al funerale di Giuseppe, non dico che avrei voluto esserci, ma spero che qualcuno gli abbia almeno detto ” Riposa in pace” e abbia avuto qualche fiore e non soltanto i pomodori che la vita gli ha dato. Ciao Giuseppe………….

Da Antonio da Rotterdam

Io lo Conoscevo Bene………(dal pdf 25)

Stavo per fare la solita rassegna di filmati di yuo-tube da allegarvi, quando ad un certo punto mi sono imbattuto in una pagina che ha attirato la mia attenzione ed aperto lo scrigno dei ricordi. Chi lo avrebbe mai immaginato che il mitico “Giuseppe” sarebbe stato un personaggio “CULT” del WEB e così ho cominciato a leggere una serie di blog che parlavano di lui. Ma io lo conoscevo bene, ed in qualche modo ho contribuito allo sviluppo di quella che è stata la sua seconda vita. Lo vedevi arrivare da lontano con quel suo procedere con una andatura alla Renato Pozzetto, una figura imponente, quegli occhioni azzurri in quel faccione triste, un libro sotto il braccio e si avviava la domenica, verso le 11.00 in direzione della sua prima ribalta, la messa domenicale celebrata da Padre Paletti, un francescano fascistone pieno di se che recitava le sue prediche ed il caro Giuseppe faceva da introducer leggendo le letture sacre. In quel tempo, Giuseppe per vivere (sopravvivere) lavorara c/o due signorine anziane che gestivano una copisteria, come dattilografo, ricopiando documenti con una vecchia macchina da scrivere.
Giuseppe era più grande di me, ed anche se sembrava indatabile, lo doveva esser di molto più grande, poiché mi raccontavano che mio padre lo conoscesse da tempo, dalla fermata dell’autobus che entrambi prendevano insieme per andare a lavorare, e mio padre era morto quando io avevo dodici anni. Ma questa vita semplice, subisce uno scossone quando in città TGS decide di produrre una trasmissione di un presentatore catanese, Gianni Creati, chiamata “Il Pomofiore”. Questa trasmissione, liberamente tratta dalla Corrida di Corrado, lanciava dilettanti allo sbaraglio dividendo la serata in due classifiche, i vincitori dei “fiori” (i più bravi), ed i vincitori dei “pomodori” (il più scarso tra gli scarsi), entrambi venivano fatti bersaglio in scena dei fiori o dei pomodori lanciati dal pubblico. Giuseppe decise di mettere a frutto la sua dote di compositore di canzoni, a tutti fino a quel momento nascosta, tirando dal cassetto brani da lui composti (più che altro pensati) non credo sapesse scrivere la musica, semmai si sarà fatto aiutare da qualche altro artista come lui, per mettere su spartito le sue composizioni quali “Marinà Marinarella”, “In te la Caramella” e “RAI1, RAI2 e RAI3” con le quali per tre settimane vinse alla grande la classifica essendo inondato da quantità industriali di pomodori, da gente che ovviamente non aveva capito il suo talento, e che Giuseppe faceva sul serio e che aveva partecipato per vincere la “classifica dei fiori”. Il nostro amico però seppe cavalcare l’importanza di esser diventato un personaggio televisivo e che da quel momento tutta Palermo sapeva chi fosse Paviglianiti. Di li cominciò la svolta della sua vita e siccome, purtroppo gli eroi non son tutti giovani e belli, ma soprattutto fortunati, Giuseppe perse il “posto di lavoro”, le signorine non potevano permettere che nella loro rispettabile ditta, ci fosse un impiegato diventato un “clown televisivo”, Padre Paletti non gli fece più leggere le sacre letture in chiesa e ironia della sorte, conobbe una compagna, così secca e malaticcia che forse sarebbe stata anche lei in gioventù una ragazza normale, ma gli acciacchi ed i tanti problemi, non gli facevano giustizia. I fratelli di lei, anche con le minacce e non solo, non videro l’ora che qualcuno si sposasse quella povera donna, e costrinsero Giuseppe ad un non allegro matrimonio, che si sarebbe concluso da li a tre anni con la prematura scomparsa di lei. Non passò molto tempo che Giuseppe perse anche l’unica persona che provvedeva al suo sostentamento, la madre, e da quel momento ci perdemmo di vista. Ma la mia frequentazione di Giuseppe è legata al suo momento migliore, poiché avendolo visto al “Pomofiore” ed essendo io in quel periodo liceale invaghito dell’idea di fare teatro, scrissi
una commedia che vedeva come protagonista questo talento naturale e diedi modo di inserire quella che a mio parere era la sua canzone più bella “Marinà, Marinarella”. Conservo ancora gelosamente i copioni dattiloscritti dallo stesso Giuseppe, ma una serie di concomitanze vollero che quella commedia non venisse mai rappresentata e di ciò restano solo nei miei ricordi, un copione, una locandina di scena e tante risate.
Ma quell’esperienza servi probabilmente a convincere Giuseppe che la recitazione doveva essere certamente la sua strada, ed in tal senso l’incontro di Ciprì e Maresco che c/o l’emittente locale della nostra zona “ITC”, dell’allora Berlusconi delle nostre parti, il compianto Sig. Manzo (che aveva trasformato la sua attività di produttore di insegne pubblicitarie, nel business della TV locale—oggì il figlio più grande Gianni è un giornalista di RAI3) iniziarono a produrre “Cinico TV” e Giuseppe, insieme a Giordano, il
ciclista Tirone, i fratelli Abbate ed altri derelitti “veri”, diventò una star di questo circo di “circonvenuti” facendo la fortuna dei due “registi”. Giuseppe in queste “cartoline in bianco e nero” appariva sempre con il solo pantalone dal quale trabordava una pancia enorme ed appariva sempre con una espressione triste non so quanto sceneggiata o dovuta al fatto che stesse già veramente male. Gli unici copioni prevedevano poche parole, ma soprattutto tanti, tantissimi peti.

E fu così che l’arte creativa di Giuseppe si sviluppo nel campo dell’aerofagia, e come disse il grande Shakespeare “Tanto Rumore per Nulla”.
Questa gallina dalle uova d’oro aiuto il successo di Ciprì e Maresco che lo vollero nel loro film “Totò che visse due volte” e con il quale, chi lo avrebbe mai detto, Giuseppe Paviglianiti fu ospite in concorso al “Festival del Cinema di Venezia” e poi a “Cannes”. Sono queste le ultime notizie che avevo di lui, fino a quando due anni fa, a Panare, incontrando il mio amico Paolo, fotografo di scena di Ciprì e Maresco, non seppi tra un discorso e l’atro che Giuseppe era morto nel 2000. Il resto è cronaca di ieri, quando navigando su internet ho trovato questi commenti nei blog.

Giuseppe Paviglianiti da Cinico Tv all’ossario comune nel cimitero dei Rotoli di Palermo (http://sentenzadimorte.wordpress.com) Ciprì e Maresco dovrebbero mettersi una mano alla coscienza, i resti mortali di Giuseppe Paviglianiti ora sono finiti in un ossario comune perché nessuno ha pagato la concessione. I due registi dopo che per anni hanno abusato della figura del Buddha di Palermo si sono dimenticati che la loro popolarità è dovuta anche alle performance del mitico Paviglianiti “Certamente”. Riposa in pace Giuseppe.”

 

Catarella ed “Ubi Mario, Mino cessa!!!!!”

ansa_7727621_03450Dottori! Stamattina tilifonò gente che addimandava di lei pirsonalmente di pirsona! I nomi ce li scrissi in questo pizzino” E gli porse un foglietto malamente strappato da un quaderno a quadretti.

E tua sorella tilifonò?” spiò, pericolosamente gentile, Montalbano. Catarella prima s’imparpagliò, poi sorrise.

Dottori, vossia vuole babbiare? Mè soro spossibilitata a tilifonare è.” “E’ monca?

Nonsi, dottori, non è monaca. Non gli viene di tilifonare in quanto che non c’è, pirchì io sono figlio unico e mascolo di mè patre e di mè matre.” Il commissario abbandonò la partita, sconfitto. (… tratto da Il ladro di merendine).


“Pronti, dottori? E’ lei pirsonalmente di pirsona?”

“Si, Catarè”

“Che faceva, dormiva?”

“Sino a un minuto fa sì, Catarè”

“E ora inveci non dorme cchiù?”

“No, ora non dormo più, Catarè.”

“Ah, meno mali.”

“Meno mali perché, Catarè?”

“Pirchi accussì non l’arrisbigliai, dottori.”

O spararlo in faccia alla prima occasione o fare finta di niente. …

image “… Catarè, ragionando, si fa per dire, come usi tu, se ammazzano qua a Vigàta un turista di Bergamo, tu che mi dici?

Che c’è un morto a Bergamo? ...”

Il Ladro Di Merendine

imagePicciotto interessante questo Sanfilippo. ci sono testimoni ? ” Fazio mi mise a ridere . ” Ha gana di babbiare, dottore ? ” Montalbano tagliò il quadratino di carta e cominciò a sentire il prurito in tutto il corpo .

Catarella aveva scritto i numeri in modo tale che il tre poteva essre un cinque o un nove, il due un quattro, il cinque un sei e via di questo passo . ” Catarè, ma che numero è ? ” ” Quello, dottori . Il nummaro di Cacono . Quello che c’è scritto c’è scritto .

image “… fra giorni arriveranno modernissimi computer, ogni commissariato ne sara’ dotato.

Ha voluto da ognuno di noi il nome di un agente particolarmente versato in informatica.

E io gliel’ho fatto ….. Catarella !

Addio Lucianone……..

Anche le persone immense e mitiche già in vita, ci lasciano e così è stato per Luciano Pavarotti. Ma uomini come Pavarotti, grazie anche ai mezzi di comunicazione dei nostri tempi non moriranno mai nella nostra memoria, avendo affidato la loro voce e la loro immagine ad importanti registrazioni.
Girare il mondo e trovare una foto familiare in una vetrina di qualche negozio di dischi, dire di venire dall’Italia e sentirsi dire Pavarotti, scoprire che quella stima che ci sembrava solo nostra era invece condivisa in tutti gli angoli del globo. Sentirsi importanti perché connazionali di una persona importante, che sapeva prendersi anche quei momenti di “ferie” dal suo personaggio da “Epruno ad Honorem” (vedi foto) e fare con tanto divertimento cose che non ti aspetti da un mostro sacro come lui. Grazie a Pavarotti si è potuto fare diffusione anche
verso i non melomani, delle pagine più belle ed orecchiabili della musica lirica, ma si sono fatte anche manifestazioni umanitarie come “Pavarotti and friends”. Ci mancherà il suo “ingombro” ma è bello pensare ad un posto da qualche parte dove un domani ritroveremo Lui e gente come Lui!!!!

TOTO’ SCHILLACI

2007/07/19,20:23

Senza nome1

TOTO’ SCHILLACI

– Ti faccio Sparare!

– Si….. Ruba le

EMMANUEL KANT

EMMANUEL KANT

Non cercare il favore della moltitudine:

raramente esso si ottiene con mezzi leciti e onesti.

Cerca piuttosto l’approvazione dei pochi;

ma non contare le voci, soppesale.