Carissimi
Mi è cambiato il barbone sotto casa e non penso sia stato il Gattopardo per i suoi subdoli scopi politici, lui (non ne conoscevo il nome) non c’è più nella rientranza della vetrina, la notte.
Temo il peggio, poiché c’è stato tanto freddo e una temperatura straordinariamente bassa per le nostre latitudini, vi basti pensare che sta piovendo in questi giorni, dopo tanta siccità e non vorrei che la sua salute non ce l’abbia fatta a superare le nottate tra i cartoni per strada la notte.
Invisibili di giorno, ancor più di notte, che fine fanno costoro quando muoiono, chi ne reclama le spoglie, chi ne verifica l’identità?
Siamo giunti al 2025, il primo quarto dell’anno 2000 che la mia generazione già guardava come “futuro” nel quale tutti saremmo stati bene grazie al progresso, nel quale si sarebbero già realizzate le cose più impensabili, eppure la mia città non ha ancora una metropolitana come quella pensata a Londra nel 1860, la mia regione non ha un ponte sullo stretto neanche un “simil” Golden Gate (1937) o ponte di Brooklin (1883), ma ne dibattiamo anche da un bel po’ di tempo.
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Carissimi
Da dove si ricomincia se vogliamo dare soluzione di continuità?
Questo come dettovi è per me un anno importante perché coincide con il venticinquesimo anniversari dell’inizio di questa mia attività “narrativa a mezzo di settimanali editoriali” che ha raccontato di tutto e di tutti, anche contro corrente, anche contro il “potere del momento” in grande libertà di pensiero senza necessariamente prostrarsi per captatio benevolentiae poiché non avrebbe avuto alcun senso, sarebbe stata una perdita di tempo.
Io parlo dell’uomo (Diogene cercava l’uomo illuminando il suo percorso attraverso la sua lanterna …….. e chi sa cos’altro da quell’uomo), io mi sono divertito a sottolineare gli aspetti curiosi dell’essere e a cercare spunti che potessero migliorare questa nostra società attraverso il miglioramento di noi stessi.
Giunti ad una età maggiore di quella di Diogene, impariamo che non bastano le lanterne e neanche le lucciole (aimè), la tanta acqua che è passata sotto i ponti ci ha svelato che il pensiero si costruisce attraverso la formazione e l’indottrinamento e per questo essenziale è stato tenersi lontano dai cattivi maestri, da coloro che formano le menti altrui a proprio servizio, dalle false religioni, da chi vuole colmare vuoti della propria esistenza attraverso l’aiuto di chi ci chiede di dargli in prestito il nostro cervello.
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Carissimi
Eccoci giunti alla fine questo anno bisestile accompagnato da tutte le dicerie malpensanti su di esso e su tutte le nefaste situazioni che da solo si porta con sé.
Sarà Capodanno, cosa faremo a Capodanno sarà il tormentone per tanta gente, usciti fuori da una festa religiosa che è diventata la festa della famiglia, stonati e satolli ci vediamo catapultati verso la fine dell’anno senza neanche accorgercene, ma vorremo comunque brindare all’arrivo di un nuovo anno.
Certo è curioso pensare che miliardi di persone possano avere aspettative in contemporanea dal passaggio di un anno, pur consapevoli di parlare di due giorni consecutivi uno ingaggiato in un anno e il seguente nell’anno successivo, sappiamo tutti che trattasi di convenzioni, legate a fatti astronomici e soprattutto a calcoli matematici, ma ognuno faccia come gli piace, crediamoci.
Noi occidentali siamo sempre presuntuosi e convinti di esser obbligatoriamente il centro del mondo, il fulcro delle attenzioni, abbiamo iniziato noi con il “Dio lo vuole” convinti di essere i privilegiati ad avere un contatto diretto con Dio in un epoca nel quale non esistevano neanche i telefonini, e abbiamo tentato di imporre le nostre regole, utilizzando il calendario Giuliano, ma non perdete tempo a cercare chi fosse questo Giuliano che legò la conta del nostro tempo al calendario solare basato sul ciclo delle stagioni, lui in realtà era un astronomo greco dal nome Sosigene di Alessandria e il suo calendario fu promulgato da Giulio Cesare (ecco da chi prende il nome), nell’anno 46 a.C.
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Carissimi
Proverò a telefonare a Giovanni. E’ in momenti come questi che preso anche dalle emozioni tornando verso casa il mio primo pensiero è “adesso telefono a Giovanni, ne parlo con lui e commentiamo”, qualche volta magari per parlare delle quotidiane delusioni, qualche volta per renderlo felice degli straordinari successi da me ottenuti, qualche volta così, solamente per farmi strapazzare dai suoi giudizi sempre disinteressati e mossi dal solo affetto, convinto che chiusa quella telefonata l’indomani mattina ci risentiremo come se nulla fosse successo.
Telefonerò a Giovanni perché solo con lui ne posso parlare, Telefonerò a Giovanni perché è a lui che posso strappare un sorriso fidando sulla sua memoria. Telefonerò a Giovanni perché il suo punto di vista di una persona più grande è più che mai scevro da qualunque condizionamento ed è spesso tante volte viscerale, ed è proprio quello che mi ci vuole poiché lui è in condizione di dire quello che io vorrei dire ma che ancora non ho la dovuta esperienza di poterlo fare.
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Carissimi
Oltre al sogno, il viaggio e la pazzia che stanno alla base della filosofia di vita di Epruno, da qualche tempo mi sono ritrovato ad apprezzare e auspicare la normalità.
Aprivamo con il partner del serio cazzeggio, dieci anni fa le trasmissioni settimanali radiofoniche e ci chiedevamo: “cosa è successo questa settimana?” La risposta a volte provocatoria era …… “nulla”.
In verità, non volevamo dare spazio al dibattito politico che spesso non produce nulla se non un artificioso contraddittorio e ci rifugiavamo nella convinzione che la risposta esatta fosse “nulla”, ma oggi ancor di più, nel mio intento di garantirmi una personale qualità di vita (almeno per me), il sognare che non sia successo nulla equivale a dire che quanto accade mi sta bene, mi soddisfa.
Pertanto, eccomi in moto per strada per affrontare gli attraversamenti del mio quotidiano.
Anche se Benigni non l’avesse indicato come piaga di questa terra, noi che ci abitiamo sappiamo bene che “il trafffico” è il momento nel quale i palermitani di ogni censo, messi insieme per strada decidano di fare ognuno i “cavolacci propri” dando sfogo al loro carattere e se a questo aggiungiamo delle scelte imbarazzanti da parte di chi governa le strategie della cosa pubblica eccoci nel pieno “burdello”.
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“Sicilia solatia duro paese
cui regnarono guitti e malacarne
cui tenne pure il “Tappiator Cortese”
re della strada e re della pochezza.”
Carissimi
Giovanni Pascoli mi perdonerà per questa parafrasi di una sua bella poesia ma oggi mi sono trovato a pensare a questo personaggio che nella mia infanzia mi impressionò tantissimo e che io soprannominai il “Tappiator Cortese” poiché era una persona veramente solare, gioviale e conduceva una bella vita molto al di sopra delle sue possibilità, benché le sue possibilità fossero pari a zero ed era molto gentile con noi ragazzi che giocavamo sul marciapiede.
Era veramente uno spettacolo vederlo arrivare con macchina sempre diverse, tra le più belle e sportive che non duravano nelle sue mani più di 15 giorni. Come potevamo noi capire quale meccanismo stesse dietro a questi eventi?
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Carissimi
La vita è una grande commedia e toccherà a noi prendere consapevolezza di che tipo di attore siamo stati alla fine di un impegnativo percorso.
Ognuno di noi recita, qualcuno tra i più fortunati a soggetto, tutti gli atti di certo seguono un copione sempre lo stesso scritto da altri, scritto tanto tempo fa e riempiono la loro bocca di frasi di altri e finiscono molto spesso per fare le comparse nella vita altrui, o ancor peggio le comparse nella propria vita, essendo di corredo o arredo a contesti familiari e lavorativi che di certo potrebbero andare avanti anche senza la loro presenza, in quanto “nessuno è indispensabile a questo mondo” (una delle più grosse bugie venduta al prossimo per tenerlo buono e tranquillo).
Saremo capo compagnia di filodrammatiche di parrocchia ed emergeremo solamente perché il resto della compagnia e di certo mediocre, come potremmo essere grandi attori talentuosi in contesti sottostimati ma la sostanza non cambia, la vita è sempre una commedia.
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Carissimi
Come si può guardare avanti quando non abbiamo mai chiuso i conti con il passato?
Questa domanda la riproporrei a tante situazioni di natura generale o personale. Ho sempre dato tanto importanza alla memoria, ma oggi mi rendo conto che questa sia rimasta patrimonio di pochi, quasi a giustificare l’andamento del gambero e la mancanza di una prospettiva di qualità, affidata a gente di testata qualità e non di costruita esperienza curricolare.
Vi fu un tempo in cui a dirigere stabilmente l’Orchestra Sinfonica Siciliana, oggi F.O.S.S. era un certo Sergiu Celibidache (Sergio per i locali, dal 1960-61) stabilitosi a Palermo, comprando casa a Lipari, prediletta nei momenti di riposo, che nei quasi venticinque anni della direzione porto l’orchestra al primo posto in Italia e tra le più grandi nel mondo.
Dicendo ciò faccio solo un esempio di eccellenza artistica in un campo a me molto vicino quale quello della musica classica, ma in molti campi vedevamo esercitare i “grandi” che a loro volta finivano per fare scuola.
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Carissimi
Esistono due realtà, la prima quella che sta nella nostra mente, quella che ci immaginiamo o quella che auspichiamo, la seconda realtà è quella che accade giornalmente.
Mi viene di pensare a ciò ogni qualvolta perdo tempo a guardare le trasmissioni televisive politiche (o meglio quelle dove dietro l’intrattenimento si occulta la propaganda politica) dove per tanto tempo si discute con convinzione sull’esito scontato di competizioni elettorali che alla fine finiscono per avere un risultato completamente opposto a quello auspicato per un sacco di mesi-
Mi viene di pensare costoro sono realmente dilettanti.
Costoro fanno parte, dicono, a scuola di pensiero che crede ancora oggi di influenzare gli esiti elettorali con le chiacchiere e le discussioni, l’offesa e il ridicolizzare l’avversario, non solo all’interno del nostro territorio ma a volte anche in paesi lontani.
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Carissimi
“Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”.
Adesso che avete capito il mio livello di cultura posso fare il Ministro della Repubblica?
Oggi a quanto sembra non basta più il selfie, l’immagine da ovunque, i nastri tagliati e le interviste le ospitate televisive, ma in alcuni casi occorre anche mostrare di avere studiato.
Adesso che il titolo di studio, come abbiamo visto nei nostri precedenti discorsi, va via con il pane e viene regalato come supplemento del giornale sportivo, non sembra essere più di moda la laurea per ricoprire ruoli apicali, ritornando di fatto a quanto accadeva nel dopoguerra quando un titolo di ragioniere rappresentava una carta vincente da spendere per arrivare ai vertici della società.
Oggi hai la laurea o non hai la laurea, se vuoi fare il ministro, devi fare vedere che hai studiato e che qualche cosa ti è rimasta nella mente.
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