Questa volta, la mia panchina, posta davanti al belvedere su quelle serene vallate madonite a Crongoli, era parzialmente occupata, dal mio amico, il Popè di Myconos, Aristos Napazza, intento a meditare e pregare con il suo lungo rosario di legno, il quale appena vistomi fece cenno di sedermi accanto a lui. Il belvedere e l’unica cosa di pregio presente nella povera Crongoli, un patrimonio naturale e meta di arrivo di tutte le passeggiate, dette in dialetto “passiate”, una sorta di struscio interminabile intercalato da discorsi persi, per paesani e i forestieri nelle giornate di bel tempo.
Un croce in alto, ricorda il punto dal quale i paesani, si dice, gettarono nello strapiombo il Senatore Burbazza il giorno in cui sopraelevò abusivamente la sua casa in paese, occultando per sempre l’irraggiamento diretto della piazza, vista l’altezza delle montagne che circondano il paesino e che da allora, per strane concomitanze geografico-astrologiche, fece sì che la piazza restasse in ombra per tutto l’anno, tranne il 29 di Febbraio.
Che volete, è gente semplice anche, se ufficialmente si parlò di suicidio, benché da allora nessuno si azzarda più a pensare opere abusive.
Mi sedetti accanto al Pope che per me rappresentava una figura di riferimento culturale, con il quale poter parlare di tutto. Conobbi Aristos cinque anni fa qui a Crongoli in Ottobre, in occasione dei tradizionali “lavori dell’Ubalda“, una sorta di “fiera delle vacche” mista a proiezioni cinematografiche e dibattiti su temi di grande interesse ……. mi sedetti e passarono circa dieci minuti di meraviglioso silenzio prima che io mi voltassi verso il Pope chiedendo: “Aristos, ormai ci conosciamo da un po’ di tempo, eppure non ti ho mai chiesto che cazzo ci fa un Popè in un paese spopolato con una sola chiesetta e per di più cattolica?”
Lui sorrise con quella lunga barba bianca ingiallita in parte a causa delle tante sigarette e mi rispose: “Lunga storia. Italiani, Greci una faccia, una razza!”
E io “Aristos, per favore ……. Ora ti metti a utilizzare i luoghi comuni con me?
E qui iniziò a raccontare la storia di un giovane pieno di speranze che non si piegò alla repressione dei colonnelli in Grecia e scappo a Palermo dove venne a studiare all’università come tanti giovani connazionali. Dai suoi racconti, Palermo era una città magica e piena di vita, di tante pulsioni intellettuali e di tante iniziative culturali, era la città che diede i natali a tanti intellettuali, giornalisti, artisti che trovarono poi fortuna altrove. Palermo era la città dei grandi eventi, era la città che si immaginò Woodstock organizzando Palermo POP70 e 71, vedendo tutti i grandi artisti che avrebbero fatto la storia della musica, lì in quella stessa Palermo del sacco che mischiava i cementi dei basamenti fondali con sventurate vittime di nascoste guerre di mafia. Palermo era anche la città dove si spariva e fu così che minacciato di morte dagli emissari del suo paese, Aristos Krjstojanis scomparve rifuggiandosi in un paese Abresh dove si inventò sacerdote e visto i suoi modi effeminati oggetto di continuo sfottò, sposò il suo soprannome “una pazza”, come nuova identità “Napazza” e si era divenuto dal nulla, Aristos Napazza.
Ma si racconta, che fu la sua natura , a metterlo nei guai, venendo fuori, quando Aristos fu sorpreso in un “atto d’amore” con un giovane che come lui condivideva gli stessi orientamenti sessuali. Ciò gli costò la cacciata dalla comunità. Caduto nel frattempo il regime in Grecia, potè tornare in patria, dove prese questa volta realmente i voti, ma crescendo e da anziano sacerdote, senti sempre il richiamo della Sicilia e di un luogo dove fuggire periodicamente, per trovare un po’ di pace interiore.
Fu così che giunta l’età della pensione anche per lui, scoprì Crongoli, un po’ come accadde a tutti noi non congolesi perdendosi un giorno in una strada inerpicata tra le montagne delle Madonie, attraversando un inusuale banco di nebbia. Il fascino di questo posto povero in mezzo a gente semplice e ospitale fece, si che Aristos lo scegliesse per vedere i rimanenti tramonti della sua vita.
La sua storia mi fece riflettere, probabilmente un misto di verità e cazzate, come quelle di tutti i “santoni” ma sta di fatto che costui, invece di fuggire in Atlantide, come molti, era rimasto come tutti noi qui a vedersela fino alla fine. Si, noi che avremmo potuto essere Peter Pan ancora per un altro po’, invece di fuggire siamo rimasti qui, non so per quale vigliaccheria o per quale amore.
Teniamo ancora una valigia piena di ricordi, conservata e nascosta bene sotto il letto, e come qualcuno disse “ci compiaciamo forse di esser stati degli eroi” e certamente per qualcuno lo siamo stati, ma quasi sempre fummo e siamo rimasti dei Gattopardi e ce ne rendiamo conto ogni qualvolta aperta quella valigia, troviamo dentro le foto, o quando, nel desiderio di vivere una “città soltanto normale”, ci lasciamo buggerare da realtà virtuali, fatte di città capitali che non esistono o meglio non esistono più, e chi sa,…… ma non sta più a me dirlo …….. se mai esisteranno ………..
Rimasi con gli occhi gonfi di lacrime di commozione a sentire questa bella storia, quando mi accorsi che nel raccontare Aristos, aveva poggiato la sua mano sinistra, sulla mia gamba destra, fu allora che voltatomi verso di lui, atteso qualche secondo, dissi spontaneamente e forse in modo irriverente “Aristos ….. eh ….. i manu du caliaturi!
” E lui fattasi una crassa risata disse: “Vedi Epruno, i preconcetti? Tu sei come tutti. Sempre ammesso che io sia, come dite voi “frocio” e quindi mi dovessi sentire dentro, donna, ……. per voi omofobi è prassi che il diverso vada con tutti e non abbia i propri gusti, come li ha un uomo, o una donna? “tranquillo, sono passati quei tempi e quelle giovani pulsioni. Oggi sono un vecchio uomo e se poi la vogliamo dire tutta, non saresti stato il mio tipo! Nzepete!”