Carissimi
Mentre ognuno si chiude su stesso e difende quella sola idea o risorsa che possiede, solo chi ha dimostrato nei secoli creatività può oggi avere il coraggio di uscire la testa fuori dal fango che ci ha ricoperto tutti, per tirare fuori altre idee, altre risorse affinché con il dovuto ottimismo, accompagnato da una dose di prudenza, si possa guardare al futuro.
Non può una prima seria difficoltà mettere in crisi un progetto, non può una errata idea di comunità distruggere il sogno, di grandi pensatori, di creare un’unica famiglia europea che mutualizzi gli sforzi, difenda la pace, crei una generazione senza frontiere.
Alle prime difficoltà abbiamo “richiuso le frontiere”, abbiamo pensato agli egoismi nazionali, abbiam mandato all’aria i principi di solidarietà e ci siamo fatti trascinare in un conflitto fornendo armi, in una via che rischia di essere di non ritorno, invece di sforzarci sopra ogni sforzo di diventare operatori di pace costringendo i contendenti a sedersi ad un tavolo e dichiarare tregua.
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Carissimi
Mi trovo in una ipotetica stazione di metropolitana dove avendo aspettato per tanto tempo il mio treno, abbondantemente in ritardo, una volta sopraggiunto e vistolo stracolmo di gente, tanto che le portiere fanno difficoltà ad aprirsi, decido di non prenderlo, rischiando e a questo punto scommettendo sull’arrivo del treno successivo che una volta scaricato il ritardo sul precedente, dovrebbe essere più vuoto, o moderatamente pieno come da prassi garantendo a tutti il loro giusto confort.
Probabilmente questa mia impressione è condivisa da qualcuno di voi, ma da persona libera di pensiero ho avuto tanta sofferenza in passato per come questo paese si sia immobilizzato e impegnato in sterili discussioni che hanno favorito la sola dialettica dando prova che il nostro non è un popolo, diviso da sempre su tutto e tutti, assemblato a tavolino su rimembranze geografiche dell’epoca latina e da sempre frazionato nella difesa dei campanili.
Non siamo un paese serio, quante volte ce lo siamo detti, pochi furbi da posizioni privilegiate ambiscono a governare il pensiero collettivo e puntualmente quando giunge il momento elettorale costoro rimangono sconfitti dalla volontà popolare che si assottiglia sempre di più.
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Carissimi
Ho seguito con attenzione in questi giorni le interviste al direttore d’orchestra Beatrice Venezi (già conosciuta in passato perché aveva rifiutato e banalizzato la richiesta di accettare il termine “direttore d’orchestra” al genere, su suggerimento della Boldrini) e oggi tacciata di essere vicina all’On. Meloni e quindi all’ambiente della destra, spattando uno dei teoremi fondanti del “radical-chic pensiero”, artista brava, donna di successo, addirittura anche bella e quindi di sinistra.
Forse, per la prima volta, chi ha vinto ribaltando lo storico primato intellettuale della sinistra, potrà se ci crede, presentarsi con una propria classe dirigente e una rete di consulenti e figure di prestigio (che per logica esisteranno anche se non necessariamente radical-chic) e saprà governare, consapevole che qualora dovesse fallire, avrebbe perso una storica e irripetibile occasione per cambiare il paese.
È giunto quindi il momento, come diceva una pubblicità di una nota casa produttrice di computer, di “pensare differente”. Puliamoci la mente dai ricordi di modelli del passato dimostratisi non più al passo con i tempi e superati.
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Carissimi,
i geni non si arricchiscono, hanno delle idee fantastiche, brevettano invenzioni che cambiano il mondo e non hanno le capacità imprenditoriali per sfruttare la potenzialità delle loro idee.
Quante volte in passato abbiamo sentito dire: “passami la penna Biro”?
Si al tempo, la penna sfera che tutti noi abbiamo sulle nostre scrivanie o addirittura addosso, prendeva il nome dal cognome del suo inventore, László József Bíró.
Ma chi era Ladislao José Bíró? Nacque a Budapest, in Ungheria, il 29 settembre del 1899, in una famiglia di origine ebraica e da giovane fece diversi lavori. Si iscrisse alla facoltà di Medicina, ma al primo anno coltivò una grande passione per la tecnica dell’ipnosi, di grande successo nei primi anni venti del novecento, scoprendo in sé un grande talento come ipnotizzatore e guadagnando molto supportando alcuni medici nel trattamento dei propri pazienti.
Fu così che abbandonò gli studi per dedicarsi ad altre svariate attività, come il pilota di automobili, il doganiere, l’agente di borsa, il pittore di quadri surrealisti, lo scultore e il giornalista.
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Carissimi
Vi ricordate del manzoniano “l’innominato”?
Sembrava proprio che il nome di costui non si potesse “ammuntuare” non perché portasse “attasso”, ma perché era così potente che meglio non nominarlo visto la miriade di nefandezze che costui era in grado di fare passando per impunito e dire che per far ciò si servisse di due “bravi”, ma anche in questo caso non trattavasi di “gente ca sinni sienti”, ma erano “bravi” un po’ come quei burocrati che chi vince le elezioni trova seduti ai posti di comando e non ha il coraggio di spostarli, perché sono “bravi” come se tutti quegli altri che avevano fuori dal cerchio magico in attesa della loro chance lo fossero di meno.
Ciò non di meno e scusate il gioco di parole, mancano sedici giorni alla fine di una campagna elettorale estiva stancante che finirà per essere come quando si fa il “gioco del silenzio”, chi parla ancora perde…
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Carissimo Generale
Mi permetto in questo anniversario di fare riferimento alla Sua nota lettera, inviata a riscontro di quella pervenutale dagli studenti di un istituto privato cittadino, al Suo arrivo in città e divenuta purtroppo un testamento per noi giovani.
Cosa ne è stato in questi 40 anni, cosa è accaduto nella mia vita, grazie anche alla mia educazione familiare, la formazione di base e i suoi insegnamenti fin qui seguiti pedissequamente?
Innanzi tutto quel giovane, seduto in caserma davanti al Tenente a discutere sulle aspirazioni nella vita, ingegnere lo è diventato veramente.
Ho cercato ed ho trovato subito qualcosa in cui credere, l’importanza del mio ruolo e il rispetto delle istituzioni, l’unico collante per una società civile e ho cercato pure qualcuno in cui credere, ma in questo caso non è stato sempre facile e ho dovuto raccogliere anche delle delusioni. Leggi il resto dell’ articolo »
Carissimi
L’estate entra nel mese finale, forse quello climaticamente più sopportabile dalle nostre parti ed insieme alle ultime feste, ci sono le ultime serate, i concerti, le rassegne all’aperto e tutto proprio come dicevamo accompagnato dal termine “aperto” a significare la sostenibilità climatica ed ambientale di ciò che andremo a vedere.
La Sicilia come diceva un compianto assessore al turismo è “un’isola circondata dal mare”, se non ricordassi il soggetto potrei anche vedere parafrasi dietro una frase scontata, ma credetemi non sempre chi parla, sa con chi parla e di cosa parla.
Pertanto si pensa ad una terra sempre esposta al sole ed a una perenne estate e poi si legge che in alcune zone non vi sono spazi dedicati per realizzare le grosse produzioni all’aperto. Se prendete Palermo attualmente è così.
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Carissimi
Mio Zio Antonio aveva due figli maschi, Andrea che andava bene qualunque cosa facesse, anche a scuola seppur le circostanze lo portarono a non continuare gli studi e Giuseppe, detto Pippino ovviamente, che non ne voleva neanche a brodo come si dice dalle nostre parti e questa cosa credetemi lo faceva impazzire, poiché a differenza di Andrea con Pippino le aveva tentate tutte e lo aveva accontentato in ogni cosa senza porsi il vero problema: “Pippino non era cosa”. Non necessariamente cretino, ma quella cosa non era fatta per lui e allora disperato chiese consiglio a mio Zio Gabriele, sacerdote ma dopo tanto pudore………
Così approfittando un giorno della circostanza che in uno dei loro incontri zio Gabriele gli chiese: “Come va tuo figlio Pippino a scuola?”
Da quell’istante si aprì come un contenitore pieno di storie, lamentele, e mortificazioni che portarono alla conclusione: “è uno sciccazzu ca cuda!”
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Carissimi
In questa solare giornata estiva prendiamo tutti consapevolezza che tra una quarantina di giorni, dopo averne parlato tanto, si torna a votare per politiche, eppure le ultime erano state meno di cinque anni fa, ma grazie a quei “perfetti” regolamenti che accompagnano la legge elettorale finivano quasi sempre per non consegnare un vincitore e soprattutto per garantire collegi sicuri per i nominati.
Alla lettura degli esiti elettorali la domanda che ci facevamo era sempre la stessa: “ma io così ho votato?”
Sarebbe stato opportuno rivedere per l’ennesima volta la legge elettorale ma non c’è stato né tempo né volontà e quindi eccoci di nuovo davanti alla scheda e alle coalizioni, con la speranza che questa volta uno dei due schieramenti possa superare il 50% delle preferenze e governare.
“Governare, Amministrare” che belle parole.
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Carissimi
Inizio le mie vacanze e sono certo che seppur queste non saranno lunghe come quelle della nostra infanzia, saranno sempre sufficienti a staccare per qualche giorno e a rigenerare le pile, consapevole che qui il telefonino non ha “campo”.
Sono rimasti pochi i posti nella terra dove questo fenomeno avviene e comincio a pensare che chi condivide il mio punto di vista, li tiene segreti affinché non giunga di notte e notte qualche nuova compagnia telefonica ambiziosa a sanare quello che loro chiamano disaggio. L’assenza di telefonino, televisioni, radio ci aiuta spesso a riflettere su cose essenziali alle quali non abbiamo mai tempo di pensare.
“Che ve lo dico a fare” quei ventiquattro affezionati lettori settimanali che mi seguono da qualche tempo sanno che è solo uno per me l’eremo dove ritrovo “gente semplice”, Crongoli, piccolo paesino delle Madonie, abitato da 170 presenze, tra esseri umani ed animali che non risponde a nessuno delle nostre regole di socialità se non quella di una natura contadino-pastorale.
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