Archivio per la categoria: Epruno – Il meglio della vita (ilsicilia.it)

Dalla Campanella al Badge

Carissimi,
Alzatomi presto come al solito mi preparo al saluto al sole, un rito che mi aiuta a capire quale sarà l’orientamento della giornata, certo comunque che la giornata, qualunque siano i programmi, verrà sempre determinato dall’emergenza dell’istante.
Piove e quindi mi attende già un delirio per le strade e sfortunatamente non riuscirò a salutare il sole che sorgerà sopra le nuvole nascondendosi alla vista. L’acqua, i continui lavori stradali e i “macchinoni” delle mamme che accompagnano i bambini a scuola e che arrivano a formare anche la tripla fila crea il consueto ingorgo.
C’è tempo per rimanere fermi e pensare, ad esempio i bimbi a scuola, accompagnati dalle mamme. Il pensiero va subito a quando a scuola andavamo da soli, con quelle pesanti cartelle a tracolla, avendo ricevuto le istruzioni di rito quali quella di stare attenti nell’attraversare la strada, non fermarsi a parlare con sconosciuti e non dimenticare la merendina anche se sapevamo che in quel caso, a ora di ricreazione, clandestinamente il bidello ci dava la possibilità di acquistare le ciambelle nell’antibagno.
C’era freddo nelle classi e se facevamo chiasso, il maestro o la maestra ci picchiava e non potevamo parlarne a casa perché avremmo preso il resto delle botte ed era il maestro a scriverci sul quaderno che saremmo dovuti venire a scuola accompagnati dai genitori.
Oggi è tutto diverso e ci sono anche genitori che in rappresentanza finiscono per viverci a scuola e vi sono maestri che supplicano i genitori con note sui quaderni, di non farsi vedere a scuola, dopo aver giurato sulla propria famiglia di non aver rimproverato l’alunno per non esser picchiato dai padri dei bambini.
Sarà un segnale di miglioramento della qualità della scuola? Ed io che ne so, ricordo ancora le mie gambe coperte dai pantaloncini corti rosse dal freddo, mentre la maestra stava con la stufetta sotto la cattedra e guai a chi parlava. Dove erano le madri coraggio di oggi? Certamente non a far pilates, tutto al più a fare “ponzio-pilates” lavandosi le mani e delegando per quella fascia oraria la nostra educazione all’istituzione scuola.
E che dire dei presidi manager odierni, alla mia epoca la parola preside era un tabù, nominarla era sinonimo di guai, mala salute o provvedimenti disciplinari.
C’era la stanza più bella della scuola con le coppe sugli scaffali e qualcuno che affermava (i più fortunati) di non aver mai visto il preside durante la propria carriera scolastica.
Dalla campanella al badge il tempo è volato rapidamente con una considerazione, quella scuola era bella perché tra le due campanelle ci si formava e ci si acculturava e ogni giornata c’erano compiti da fare o portare e qualcuno li a giudicare sul progredire della nostra crescita nozionistica e se tutto andava per il meglio, si approdava alla classe successiva in un procedimento di crescita. C’era poco da “leccare”, le cose le sapevi o non le sapevi e potevi fare il ruffiano in eterno ma senza risultati se non studiavi.
Quella era la scuola, oggi sul lavoro, avendo conosciuto il badge, l’unica preoccupazione per chi ci controlla è il rispetto della “strisciata” all’orario di ingesso e d’uscita, nessuno valuta seriamente se il soggetto durante quelle ore di permanenza sia produttivo o assuma la postura di una pianta all’ingresso.
Sì il vero furbetto del cartellino, in un’epoca dove sarebbe più redditizio e meno dispendioso per la collettività il telelavoro, è chi permane durante le ore contrattuali in un posto pubblico lavorativo essendo stipendiato per non fare nulla, perché il “far qual cosa non è di propria competenza”! Un abbraccio, Epruno.

Ruggero Settimo di che dinastia era?

images (1)Carissimi,
grazie per esser tornati a trovarmi dal mio barbiere per l’appuntamento mensile con il taglio dei capelli. Sapete devo far fruttare al meglio il mio poco tempo libero e come raccontatovi un mese fa questo per me è un momento sacro, nel quale mi rilasso lasciandomi coinvolgere in una sorta di talk-show ante litteram dove nell’attesa che Salvatore tagli i capelli anche a noi, si affrontano temi semplici o complessi con la stessa competenza e leggerezza con la quale si parla di pallone. Dal barbiere tutto è permesso.
L’argomento del giorno è stato come sempre lanciato dai titoli dalla pagina del quotidiano locale, lette ad alta voce, dall’attempato Rag. Lo Stimolo.
Premetto che gli abitudinari astanti del tradizionale barbiere sono o persone in età o gente semplice, ma di un umor superiore alla media e godendo della circostanza che sotto le forbici si è tutti uguali ci si può permettere di interloquire e dialogare alla pari mettendo da parte qualunque titolo e ruolo, per cui questa stravagante mini rassegna stampa rischia sovente di diventare un momento di grande divertimento.
Alla lettura del titolo “i commercianti di via Ruggero Settimo parlano di crisi”, il signor Mario, aiuto fruttivendolo ambulante con la lapa posizionata all’angolo della strada, seduto come sempre tra di noi, non in qualità di cliente ma al solo scopo di far passare il tempo visto che a quell’ora del pomeriggio non si vende già più nulla, si rivolge al Lo Stimolo chiedendo: “Ragioniere ma questo Re, Ruggiero VII di quale dinastia era? Un Borbone o uno Spagnolo?”
A questo punto interviene il Sig. Michele, portiere custode dello stabile accanto che redarguisce l’amico fruttivendolo dicendo: “Come quale dinastia? Ruggero VII era il famoso Ruggero d’Altavilla, cca o latu, vicino Palermo”.
Si intromette anche Salvatore per dire la propria e correggere: “Ma quale Altavilla, in realtà se non ricordo male liggivi che era di Palermo”.
La discussione a questo punto si fa più complicata con l’apporto di altri clienti di passaggio, in attesa del turno, a tal punto che questo Ruggero c’è chi afferma essere un Borbone, chi dice trattasi di un sultano arabo, chi ne ricorda addirittura il cognome “Ruggero VII di Buglione“, chi afferma trattarsi di un personaggio nominato nell’Orlando Furioso, fin quando il Rag. Lo Stimolo, toltosi gli occhiali da vicino, poggiato il giornale sulla sedia accanto, con un’aria tra lo snob e il disprezzo per le tante castronerie sentite, afferma: “avirità è che siti tutti gnuranti, ma la colpa non è vostra ma dell’ex Cavaliere e di tutta quella scadente televisione che vi fanno vedere“.
Salvatore sentitosi punto nell’orgoglio mentre continua a tagliare i capelli al cliente dice “allura visto che lei è persona allittrata, nnu dicissi lei che re era questo Ruggero Settimo”. Il Rag. Sbuffando lo imbecca dicendo ….. “Ma quali re e fante? Ruggero Settimo era un ammiraglio e politico nato a Palermo vissuto tra il mille e settecento e l’ottocento e fu magari ministro del Regno delle Due Sicilie. Settimo era il cognome”. Il sig. Michele a questo punto per cadere in piedi come si suol dire, risponde: “Sicuro che non era un re che faceva politica? Va beh, parramu di palluni secondo voi che fa u Palermu domenica?” Questa volta confortato dall’argomento il Sig. Mario, l’aiuto fruttivendolo risponde: “Ce la dovessimo fare, avessimo a vincere!”
Il caro Salvatore sempre intento a tagliare i capelli del cliente, voltatosi verso il sottoscritto: “Dottore non ci facesse caso, l’amico soffre un poco di congiuntivite”. A quel punto il Rag. Lo Stimolo non potendosi trattenere e come chi aspetta questo momento da tempo, facendo un gesto ad indicare i presenti disfiziato sentenza: “Minchia! Palermo Capitale della Cultura”. Un abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 3/2/2017 – http://www.ilsicilia.it/ruggero-settimo-di-che-dinastia-era/ )

Cosa mi manca per essere felice in questa città

imagesCarissimi
Ci sono dei rari momenti di pausa quotidiana trascorsi magari nel sorseggiare un caffè, nei quali sollevo gli occhi dai miei compiti e mi guardo intorno e mi chiedo: “quale è il livello della qualità della mia vita oggi nella mia città?”
Direte, una domanda così grossa con un tempo così breve a disposizione?
trump-madonnaIl tema è grosso ma qua sta il bello, durante l’ordinaria giornata lavorativa la mia e la vostra attenzione viene convogliata su temi “più importanti” quali quello della frenetica (ma non troppo) ricerca di un nuovo sistema elettorale, oppure su quale sia stata la grande delusione degli estimatori della coerenza di Madonna alla vittoria di Trump, o addirittura dalle scommesse sul colore della prossima cravatta del sindaco della città dello stretto, ma quando mi fermo un attimo non posso non pensare a quale sia la qualità della mia vita al giorno d’oggi.
La tentazione sarebbe quella di consultare le tabelle di “Il Sole 24 Ore”, ma in quel caso, in tali classifiche che ci vedono spesso tra gli ultimi comuni d’Italia, si troverebbero implicazioni economiche e finanziarie che rendono più complessa la valutazione, mentre io mi chiedo soltanto di come dovrebbe essere la qualità dalla mia vita nella mia città e che cosa mi aspetto da quest’ultima, per potermi ritenere non necessariamente felice, ma soddisfatto.
Abbiamo un sindaco che ha passato buona parte della sua vita a farlo e “lo sa fare” e quindi sempre presente in ogni occasione con la sua fascia istituzionale. Abbiamo un tenore di vita elevato a giudicare dal parco auto che circola (dove ancora si può) in città. Abbiamo il Tram e ne facciamo un punto d’orgoglio.
Abbiamo le multi sale cinematografiche. Abbiamo la presenza ogni dieci vetrine chiuse di un negozio di grandi marche internazionali. Abbiamo un centro commerciale per ogni punto cardinale della città e zone limitrofe, con aria condizionata a “manetta” per trascorrere con la famiglia le giornate d’estate, mangiare e non comprare nulla.
Abbiamo la sede di uno dei parlamenti più antichi al mondo, dove per entrare a visitare la sua assemblea si è costretti a indossare la cravatta (ecco che ritorna il tema della cravatta).
spiaggia-mondello-palermoAbbiamo il miglior clima che si possa pretendere, a prescindere da pochi giorni di freddo invernale e qualche giorno di pioggia e alla fine di marzo sono già a mare a mettere in mostra la nostra natura diportista, con i porticcioli della Cala e dell’Arenella pieni di belle barche (di quelle che stanno a cuore al fisco) abilitate soltanto al tragitto andata e ritorno fino al golfo di Mondello, dove buttare l’ancora per prenderci il sole guardando la riva difronte e soprattutto facendoci guardare.
Se non è vita di qualità questa? Eppure da palermitano mi lamento, ma cosa ci manca ancora per essere felici?
Forse l’Ikea perché ci da fastidio che per visitarla siamo costretti a dare soddisfazione ai cugini catanesi oppure ci manca una squadra di calcio che sia all’altezza della “quinta città d’Italia” che con il suo “milione di abitanti” (seicentosettantamila per la questura) “dovrebbe lottare per vincere lo scudetto”?
Si ma poi ci rifletto e penso che con lo stesso criterio, Citta del Cairo con settemilioni settecentomila abitanti o Città del Messico con i suoi ottomilioni ottocentomila abitanti dovrebbero lottare ogni anno per vincere la Coppa Intercontinentale? La verità è che non dovrei pormi questi problemi e soprattutto che dovrei accontentarmi della libertà che mi si lascia ancora per sorseggiare un caffè. Un abbraccio, Epruno.(pubblicato su www.ilsicilia.it il 27/1/2017 – http://www.ilsicilia.it/cosa-mi-manca-per-essere-felice-in-questa-citta/ )

Il Gattopardo siederebbe in tribuna autorità?

download (1)Carissimi,
“Che fece oggi il Palermo?” Attenzione alla risposta: “Due e ziero! Vinciemmu“.
In questa risposta le motivazione del perché le sorti calcistiche di questa città, a meno di sparuti momenti, sono sempre state destinate alla tribolazione. Tranquilli, sono consapevole che fin quando si parla di politica, di economia, finanche di religione, si può tentare di imbastire un discorso dialettico, ma non appena a Palermo parli del “Palermo”, come si dice dalle nostre parti: “A stari attentu a chiddru ca dici!”
Pertanto anticipo una frase che è seconda (forse) solo alla frase che campeggia nei dollari americani (“In God We Trust “) nel mio caso “Forza Palermo“. Per dimostrare le motivazioni della mia convinzione utilizzerò dei costrutti lessicali prettamente da marciapiede palermitano e quindi chiedo la benevolenza di non segnarmeli quali errori grammaticali.
Ritorniamo alla risposta iniziale (2 -0), “vinciemmu” (abbiamo vinto) ammirevolmente come a volere legare la prestazione dei giocatori al tifoso, come se quest’ultimo fosse sceso in campo.
Attenzione, se la risposta fosse stata (0 – 2), “Ziero e dui” nella stragrande maggioranza dei casi la considerazione successiva sarebbe stata “piersiro” (hanno perso), come a voler prendere le distanze dalla squadra. Ciò accade solo a Palermo, “vinciemmu-pirdieru”, fin dai tempi del mitico “Lampo Sport” e forse ancora prima. Il “Palermo” seppur la squadra del nostro cuore è per la quasi totalità dei palermitani un’entità a parte.
La squadra è lo specchio della città e quindi perché proprio il “Palermo” in controtendenza storica dovrebbe essere l’unica realtà ad andare bene nel suo contesto?
unnamedMi sono chiesto “se oggi fosse vivo il Gattopardo, siederebbe in tribuna autorità?”
Per non offendere nessuno, prendo a prestito il principe Don Fabrizio di Salina, per ipotizzare l’atteggiamento della “nobiltà” o della ricca borghesia di questa città, un personaggio tra lo storico e il letterario al quale abbiamo spesso addebitato la sentenza sul nostro modo di essere e sulle nostre sorti apparentemente cangianti ma immutabili nel tempo. Se ho compreso bene l’indole del personaggio, si guarderebbe bene dall’entrare nella proprietà di questa società e rifiuterebbe qualunque biglietto di tribuna autorità con la stessa convinzione con la quale rifiutò lo scranno di senatore (lasciandolo a chi ha necessità di mettersi in mostra, di chi nuovo arrivista ha bisogno di presenziare per distinguersi dagli altri e brillerebbe per la sua assenza).
Il Gattopardo comprerebbe l’abbonamento per un posto in tribuna, il numero uno, il più caro, per lasciarlo ogni domenica vuoto, affinché chi deve sapere, chiunque arrivi alla proprietà di questa società, sappia che il “principe è un importante amico” della squadra, ma senza lasciarsi coinvolgere con la sua immagine.
Il Gattopardo sarebbe pronto a dedicare un brindisi da illustre sostenitore a seguito di un prestigioso successo o a raccogliere, costernato e in rigoroso silenzio, le proteste e le indignazioni dei tifosi traditi dai risultati di una proprietà “piemontese” (come definirebbero i suoi coevi, tutto ciò che viene dal nord) che oggi sentono terribilmente lontana.
Quindi anche davanti alla nostra storia che cosa è cambiato? Un abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 20/1/2017 – http://www.ilsicilia.it/il-gattopardo-siederebbe-in-tribuna-autorita/ )

Ho nostalgia dei tempi in cui si pareggiava

downloadHo nostalgia dei tempi in cui si pareggiava, oggi come nel basket o sei vincente o sei perdente, ma nessuno ne ha memoria.
Se diventerò sindaco, impianterò in ogni individuo un “chip” sottocutaneo che fornisca una memoria aggiuntiva, perché mi rendo conto che la gente da queste parti dopo un paio di anni dimentica la qualunque e se questa è una chance in più per le meretrici che dopo un tale periodo possono ricostruirsi una verginità, figuratevi per chi fa scelte controverse o opera nefandezze. Ci arriveremo presto, mi rendo conto che trattasi di una mostruosità, ma credetemi per migliorare questo mondo e smascherare inganni, un upgrade di memoria personale, sarebbe a dir poco indispensabile.
La nostra è una società poco seria e ingiusta. Ricordo di com’era la mia città qualche anno fa e ho nostalgia di quando esisteva un’umanità che pareggiava, ma passo dopo passo, un punto alla volta giungeva alla meta, l’agognata salvezza.
Così una persona umile venuta fuori dalla guerra, metteva su una famiglia e poteva con sacrifici fare studiare i figli, l quali con un concorso (potevano competere e alla fine) trovavano lavoro. Chi non trovava lavoro nel pubblico, in qualche modo un lavoro per campare lo portava a casa, così senza termini ipocriti come “meritocrazia” (quell’adoperata da chi favorisce gli amici degli amici) la società, un passo alla volta andava avanti e tutti alla fine del loro percorso lavorativo potevano migliorarsi.
Quella era una società che dava delle speranze. Oggi siamo davanti ad una società piena di sconfitti e insoddisfatti e i pochi vincenti sono coloro che spesso hanno truccato le regole. Conoscere qualcuno una volta serviva per trovarti un lavoro, oggi ti serve per avere un padrino e scavalcare gli altri.
Oggi concorsi non se ne fanno più, dopo che per anni sfruttando scorciatoie, liste di utilità, corsi formativi ad hoc e quant’altro, si è creata una classe dirigente non all’altezza della situazione, ma soltanto furba, accondiscendente e arrogante grazie all’uso di regole truccate ma vincenti.
Da una parte questi pochi “unti dal signore”, dall’altra, una pletora di perdenti che avevano puntato tutto su quelle regole morali di base della convivenza civile, oggi messe costantemente sotto i piedi. E sì, nella pratica sono cambiate le regole, come se a causa di una tempesta magnetica i poli si fossero invertiti.
Eppure questi vincenti li abbiamo visti crescere, li abbiamo visti sorpassarci e sappiamo come, basterebbe soltanto avere un po’ più di memoria per esporli al pubblico ludibrio.
Ma questa società è smemorata ed è in crisi, ma ci piace crogiolarci dietro i soliti luoghi comuni, ci piace riversare sempre la colpa sugli altri, finanche sull’uomo nero che giunge clandestino sul gommone, ci ruba il lavoro e ci porta insicurezza.
Tornando a casa tardi e con il gelo di queste notti, vedo accovacciato davanti alla vetrina sotto casa mia un clochard, uno di questi disperati, coperto in qualche modo, dormire il primo sonno dietro una espressione sorridente, nella speranza che la “signora in nero” non lo prenda a braccetto durante il suo bel sogno.
Lui è uno sconfitto da questa società e dire che costui è bianco, ha la mia stessa pelle e chi sa che storia alle spalle, probabilmente non dissimile da quella di noi “non vincenti”. La nostra è una società poco seria.

Un Abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 13/1/2017 – http://www.ilsicilia.it/ho-nostalgia-dei-tempi-in-cui-si-pareggiava/ )

Siamo tutti possidenti terrieri?

2014 Land Rover Discovery XXV LE - Indus Silver.

Carissimi, non prendetevela a male se spesso discuto con Voi mentre sono in tutt’altre faccende affaccendato. Chi mi conosce da qualche tempo sa ad esempio che uno dei momenti per me importanti durante il mese è l’appuntamento con il mio Barbiere, Salvatore. Ripeto la parola “barbiere” e non parrucchiere o hair stile o quant’altro, il mio è uno di quei barbieri tradizionali dove superata la porta, si sente già nell’aria quell’odore di brillantina e per i meno giovani di “brylcreem” e dove, non me ne vogliano gli autori televisivi, è nato il primo “talk show” che al tempo si chiamava “discorsi da barbiere” (degenerato in altri casi in “discorsi da caffè”), dove i clienti nell’attesa di ricevere i servigi di Salvatore, s’intrattengono nella lettura delle riviste poggiate sul tavolinetto di vetro discutendo della qualunque, con competenze inattese su ogni tema. Pertanto amici miei, se dobbiamo frequentarci, visto il poco tempo che abbiamo, sappiate che sarete costretti almeno una volta al mese a venire con me dal barbiere e nell’attesa possiamo parlare di tutto.
Proprio mentre stavamo discutendo sul più e il meno sfogliando il giornale ecco che entra il commendatore Lo Stimolo, cliente ultrasettantenne ma ancora arzillo, chiedendo: “Scusate, ma questo transatlantico posteggiato qua davanti in prima fila appartiene a qualcuno di voi? Perché va bene che ci sono le strisce blu, ma questo signore se si spostasse qualche centimetro mi permetterebbe con la mia 500 di poter posteggiare”.
Ecco che quasi per magia le sedie della barberia si trasformano in un palco immaginario che nulla a che invidiare a quello del Maurizio Costanzo Show, e improvvisati clienti intervengono sull’argomento con la stessa competenza dei Prof. Sgarbi, Zecchi, Crepet, in un dibattito incentrato sul tema: “In una città con ZTL, isole pedonali, centro storico con strade strette, insufficienti parcheggi pubblici, cosa spinge il cittadino a comprare un SUV per circolare invece di una smart car?”
Inutile dire che questo dibattito, come tutti i dibattiti, a partire da quelli condominiali a quelli parlamentari, non ha sortito alcun effetto e come sempre dopo feroci dialettiche ognuno è rimasto con la propria idea perché al giorno d’oggi ci si parla sopra e non si ascolta al prossimo.

Alla fine della discussione mentre stavo per andare sotto i “ferri” di Salvatore quest’ultimo rimasto muto ad ascoltare nell’attesa di dare come un buon conduttore da talk show lo spunto per il rilancio della discussione interviene dicendo: “Questo transatlantico è mio e l’ho comprato appena mi è nato il primo figlio, perché nella macchina piccola non c’entravamo più.” Apriti cielo! Quasi un’offesa detta davanti al Ragioniere Lo Stimolo il quale per anni, fin quando i tre figli erano diventati, “spuntuliddri” si era sempre vantato di avere girato l’Italia in 500, ancor prima che la rete autostradale fosse completa.
Come vedete il problema è serio e se è vero che una delle “piaghe della nostra terra” come diceva “Lo Zio” è il “traffico” da dove viene l’esigenza a Palermo di tutti questi fuori strada in città? Siamo tutti possidenti terrieri? Abbiamo tutti mediamente tre figli? O sono le “buche cittadine” a far scegliere questi “TIR” della strada? Certo se invece di pagar le tasse solo sulla cilindrata, si pagassero anche in funzione dell’ingombro penso personalmente che il traffico ne avrebbe grande giovamento.
Un Abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 5/1/2017)

Dio Salvi la Regina

carloCarissimi, “Dio Salvi la Regina!” A questa affermazione il compianto Bud Spencer rispondeva in una delle sue divertenti interpretazioni: “Perché, sta male?”
E si Amici miei, sembra proprio che la donna che ha attraversato sessantaquattro anni di longevo regno, dopo aver battuto il record di longevità della regina Vittoria, sia vicina ad abdicare per il figlio, il principe Carlo, facendo crollare e contraddicendo l’ennesimo mito per la nostra generazione, da sempre da me definita quale la “generazione del principe Carlo” che non regnò mai.
Eppure, quando i potenti ammalano di raffreddore, sappiamo sempre come va a finire. Tutti ricorderete i comunicati stampa del Cremlino prima della caduta del muro.
Un banale raffreddore per noi uomini comuni curato con il paracetamolo si trasforma in un’incurabile e letale malattia per i regali. Questa novantenne donna di ferro, per molto tempo algida agli occhi degli osservatori non britannici e resa più umana e simpatica, azzarderei a dire, una volta raccontata dai media la sua lunga storia anche in privati dettagli familiari coperti dal riserbo di corte, sembra che stia seriamente pensando di passare la mano a quel Carlo che come altri membri della famiglia reale, gli aveva regalato non pochi dispiaceri.
Il principe Carlo, nel frattempo anche lui invecchiato, oggi è un “baldo disoccupato sessantottenne” logoro dal peso di una vita spesa andando in giro in rappresentanza della casa reale, nell’attesa che da Buckingham Palace qualcuno lo chiamasse per dirgli: “Arricampati che la mamma ha il raffreddore!”
Sono certo che questa grande donna e regina che ha sacrificato tutta la sua vita per la corona e la tradizione, mai abdicherebbe in favore del nipote, visti gli sconvolgimenti già portati dalla parola “abdicazione” nella famiglia reale e il prezzo di una rinuncia all’uso della linea ereditaria se si pensa a Edoardo VIII e Wallis Simpson.
Quindi è sempre più probabile che dopo un Giorgio VI sarà un Carlo il nuovo re.
Per William ci sarà tanto tempo per godersi la bella mogliettina e i figli, poiché questi reali a meno di sfortunate malattie incurabili, sono longevi.
Prima si pensava che soltanto le donne vivessero a lungo nella casa reale e come non credere a ciò se si pensa alla regina Vittoria morta a ottantatré anni, a Mary di Teck regina moglie di Giorgio V morta a ottantasei anni, a “sua maestà regina Elisabetta, la regina madre” moglie di Giorgio VI morta a 102 anni, adesso anche gli uomini non sono di meno.
Una volta fortificata la casa reale con il sangue dei Mountbatten, il cui principe consorte Filippo, duca di Edimburgo oggi a novantacinque anni, come si direbbe dalle nostre parti, “è ancora ngriddru” forte di una vita usurante da far commuovere anche la Camusso, e che da appena cinque anni ha un “nuovo lavoro” quello di “Lord High Admiral della Royal Navy”, titolo cedutogli dalla consorte Elisabetta II in occasione del suo novantesimo compleanno.
Quindi caro William non lasciarti ingannare dall’età di sessantotto anni del futuro ascendente al trono, perché se “u papà azzampa quella sedia” potresti aspettare anche una trentina di anni, prima che tocchi a te.
Un abbraccio, Auguri di un Buon Anno 2017 da Epruno.

(pubblicato su www.ilsicilia.it il 30/12/2016)

Meno male che c’è Mario!

200915194158_lavoro“Il Dottore è in riunione e purtroppo non può essere disturbato”.
Meno male che c’è Mario! Quante volte abbiamo sentito ripeterci dalla solerte segretaria davanti a una porta chiusa che la persona che cercavamo era impegnata in una riunione e non poteva esser disturbata? Quante volte dietro quella porta chiusa abbiamo immaginato un tavolo attorniato da luminari e potenti che “lavoravano stando in riunione” per risolvere le sorti dell’umanità, della nostra povera umanità?
Quante volte ci siamo sentiti importanti per il solo motivo di conoscere cotante persone “importanti” che erano chiuse in riunione e non potevano esser disturbate?
Quante volte abbiamo sognato anche noi di essere in riunione insieme con altra gente che non poteva esser disturbata?
Eppure giunse il momento anche per noi di avere accesso a quella stanza nella quale non saremmo stati disturbati e fu allora che capimmo l’importanza di Mario, colui che giornalmente in cantiere o in ufficio lavorava, mentre tutti gli altri con varie mansioni, gli stavano attorno a guardarlo lavorare coordinandone l’attività e periodicamente scrivendo relazioni riservate sul suo operato.
A giudicare dalle ore che la costosa “classe dirigente” delle nostre parti, coloro che altrove alle nordiche latitudini chiamerebbero “manager”, impiega in riunioni nelle quali non si può essere disturbati, la nostra terra dovrebbe avere un prodotto interno lordo pari alle regioni più ricche del mondo, eppure siamo con le pezze nel sedere e quel che è peggio, non siamo in condizione di risolvere un problema, finché il povero Mario, nei ritagli di tempo di una giornata piena di lavoro fatta da non meno di dodici ore, ultimato il suo compito, giunge con i suoi attrezzi a risolvere il nostro problema, sanando il disaggio per il quale cinquanta persone pagate per farlo, non hanno trovato il modo e il tempo per farlo, poiché impegnati in riunioni dietro una porta chiusa a prova di disturbo.
E mentre Mario, andrà stanco a dormire nella sua modesta dimora, frutto di uno stipendio da fame, quella porta si aprirà finalmente per renderci edotti dei nuovi grafici di produzione e delle stime di crescita, fatte sul lavoro di Mario.
Un Abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 23/12/2016)

Da dove viene tanta devozione?

catturaCarissimi, ci sono voluti un paio di giorni per smaltire gli effetti della ricorrenza di Santa Lucia e ultimata la digestione giunge il momento delle domande.

In una giornata nella quale tutte le centraline cittadine per il controllo ambientale sono andate in crisi per l’elevata presenza degli effluvi di frittura nell’aria, mi chiedo come ogni anno: “Da dove viene tanta devozione?”

Non è la prima volta che affronto il tema del palermitano e le ricorrenze religiose legate al cibo e non è la prima volta che mi meraviglio nel registrare il rigore nel rispetto di questi annuali appuntamenti.

Lasciategli, pure una città piena di problemi, d’inefficienze e di ritardi, ma il giorno in calendario fissato in arancione, l’umo della città “tutto porto” non transige, non perdona, non accetta scuse, vuole rispettare la tradizione, benché non si comprenda a oggi quale sia la penitenza stabilita per chi non ottempera giacché di tali osservanze non vi è traccia in alcun documento religioso.

Dell’arancina si è discusso tanto negli ultimi tempi e con una certa letteratura e una razionale campagna promozionale si è fatto si che anche coloro che in altre latitudini non conoscessero questo “prodotto tondo” interpretato nella sua versione locale abbiano potuto apprezzare in città e paesi nordici la bontà della “palla di riso”.

Non è raro ad esempio a Londra cercare a Notting Hill la libreria dell’incontro nell’omonimo film di Julia Roberts e Hugh Grant e imbattersi a pochi metri in una vetrina con esposta una FIAT 500 e le arancine frutto di un’iniziativa di un novello Francesco Procopio dei Coltelli in una capitale del nord.

I social hanno fatto il resto e le foto di piedi estivi in spiaggia o di animali hanno lasciato spazio a vere “nguantiere di arancine tonde e oblunghe” molto dorate all’esterno, segno di un’abbondante confidenza con l’olio che se sviluppata in ambito familiare può rimanere nell’ambito del digeribile, fermo restando la “festa delle transaminasi”, ma se rapportata a una preparazione su numeri significati e commerciali …….

La devozione dicevamo è forte a tal punto che “l’adorazione” (magari ci si limitasse ad adorarle) ha superato di molto tutti gli altri riti culinari legati a ricorrenze religiose, finanche i mitici “babaluci” del festino e quel che peggio, una volta trascorsa quella che impropriamente chiamiamo “la festività” rimane la scia della riproposizione e dello smaltimento poiché il palermitano nell’esagerazione è sempre splendido e sovrastimati i suoi bisogni a tavola, al termine della grande abbuffta, finisce sempre col dire: “arristaru tutti chisti! Cu si l’avi a manciari? Domani, domani …..”

Insieme a un saluto ancora pregno di frittura, un abbraccio, Epruno.

(pubblicato su www.ilsicilia.it il 16/12/2016)