Libertà, che bella parola!
Mi sono riempito la bocca da sempre di questa parola, fin da quando adolescente approfondivo la conoscenza delle vite di personaggi importanti della storia o di grandi pensatori.
Liberi, però chi per un motivo e per un altro avevano finito per fare una brutta fine per la difesa di questa loro libertà o addirittura chi nelle proprie battaglie di principio avesse vinto raggiungendo il proprio scopo, alla fine sarebbe rimasto vittima del sistema perdendo qualunque ideale, o diventando a sua volta il persecutore delle libertà altrui.
Anche io oggi schiavo delle convenzioni del vivere in comune, dell’educazione, dei fogli di transito, delle carte d’imbarco, dei green pass per gli accessi, il tutto stando attento a non violare le norme per la privacy, sono libero, di certo rendendomi orgoglioso quando lo scrivo, eppure la notte non dormo più schiavo dei pensieri causati dalla mia libertà.
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Carissimi, questi sono i discorsi che sento sempre soprattutto a ridosso delle campagne elettorali e per i quali io non posso fare a meno che sorridere.
“La città è sporca”,
“Si signora, ma quale è la città pulita e su quale base valuta la pulizia di una città, su ciò che trova per i marciapiedi o sulla pulizia di chi la vive?”
Ho vissuto tanti slogan delle precedenti campagne elettorali e dei candidati a sindaco, finanche di quei candidati che si divertono a candidarsi per avere un momento di notorietà ed essere intervistato e partecipare ai dibattiti con i candidati più forti, certi che in famiglia, nel proprio nucleo familiare non prenderanno neanche un voto.
Tutta l’ironia dei pubblicitari si scatena ed escono fuori “santini elettorali” improbabili di persone che non hanno mai alzato il proprio “culo” da una sedia e che per una campagna elettorale si propongono come risolutori di tutti i problemi, è perché?
Perché loro amano la propria città, come se noi altri di contro ce ne fottessimo altamente.
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Carissimi
Mio zio Gabriele, tutto tranne che un arcangelo, per fortuna non ha avuto molto condizionamento sulla mia formazione.
Dice: “Ma quanti zii hai?”
Assai, ne ho avuti molti perché le famiglie dell’epoca erano veramente numerose e gli zii come le zie monache erano all’ordine del giorno, poi in questo caso Gabriele era uno zio acquisito e non poteva non esserlo con l’indole che si ritrovava.
Se lo avessi frequentato di più sarei diventato un uomo di grande successo, ma un “cannavazzo” come a lui.
Nella vita non aveva mai fatto una puntata non vincente, poiché era diventato un maestro a giocare solo quando la partita aveva un risultato acquisito. Si reputava pertanto un vincente e non perdeva un attimo, prima di buttarti nella spazzatura, nel momento in cui prendeva consapevolezza che tu non gli servissi più e che fossi caduto in disgrazia.
Lo trovavi in seconda fila sorridente facendo spuntare la sua faccia in tutte le foto di gruppo dei consessi peggiori, ma vincenti, della storia di questa città, foto che teneva ben custodite e mai esposte se non il tempo necessario in cui tali personaggi erano stati in auge.
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Carissimi, dice …. “che ci fai in una città?”
Quello che ci fanno tutti! Ci nasco, ci cresco, ci studio, mi diverto, ci lavoro, ci muoio!
“Bello, allora tutte le città sono uguali.”
Arasciu (adagio) andiamo piano con le conclusioni. Tu mi vorresti dire che Palermo è uguale a Londra, a Parigi o Berlino?
“Si, e perché no?”
Certo se vuoi nascere lo fai dovunque, pure sotto il cavolo, natura è. Puoi nascere su un aereo, puoi nascere su un taxi per strada, quando è il tempo e soprattutto se è destino, nasci da migrante in un barcone o sotto i bombardamenti. Mi rendo conto che i problemi vengono un istante dopo, ma tu per pronto accomodo sei nato.
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Carissimi, un gentiluomo subisce la sua offesa senza reagire così come paga i suoi debiti.
Chi sa perché si diceva così? Un uomo che dalle nostre parti subisce una offesa e non reagisce viene da sempre tra il popolo definito “debole” e debole non ha a che vedere con aspetti di natura costitutiva ma soltanto di natura caratteriale, e “debole” scoprii anni fa essere parola di grande offesa, trovandomi davanti allo stadio in fila per acquistare biglietti per la partita della domenica quando due “gentiluomini” avvezzi alla “professione del bagarinaggio” trovarono modo di giungere in contraddittorio verbale, quando il primo dei due si rivolse all’altro appellandolo “cornuto” che sapete bene vuol significare che la moglie di costui non abbia brillato tanto in fedeltà coniugale.
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Carissimi
Diceva il grande Flaiano “oggi anche il cretino è specializzato” e questa cosa terribile è avvenuta grazie alla diffusione dell’informatica ed il sottoscritto per essere stato un alfabetizzatore meriterebbe l’ergastolo per il crimine contro l’umanità perpetrato.
Tutti gli elementi in questo mondo se presi a parte non fanno alcun danno, ma alcuni di loro se messi insieme sono addirittura devastanti, chi di voi ha mai sentito parlare del triangolo del fuoco sa a cosa mi riferisco.
Prendete l’informatica, una scienza per cretini, basata su due soli concetti “acceso” e “spento”, “0” e “1” ma attraverso questo approccio semplice si sono creati progetti e programmi tra i quali ad esempio quello con il quale vi sto scrivendo o con i quali voi mi leggerete. Incontrare mentalità complesse e già in età e riportarle alla semplicità della logica di base, dell’informatica, ai “bit” e “bite”, ad “echo on e echo off”, fu una impresa non da poco anche dovuta al fatto che parallelamente vedevamo il neonato nella stanza accanto diventato dopo poco padrone di questi strumenti informatici dandoci frustrazione.
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“Folippo dove ti sei ubicato?”
Carissimi, cosi citava una famosa vignetta di Jacovitti sul mio diario del liceo, dove una giunonica donna con una 9° misura di seno a davanzale, urlava in spiaggia, con la mano destra poggiata sulla fronte per poter guardare lontano, alla ricerca del minuto marito rifugiatosi nel frattempo al riparo dal sole torrido sotto quell’enorme seno.
Era l’Italia delle calde estati trascorse sulle spiagge. Era la Palermo (o meglio la Mondello) dei cortili e delle capanne sulla sabbia, dalle più chic di piazza Valdesi fino a quelle più popolari a ridosso della spiaggia libera di Mondello paese. Erano le spiagge degli altoparlanti che diffondevano la musica dal “centro radio”, erano le spiagge dei bagnini playboy ben lontani dai palestrati bagnini di baywatch, erano le spiagge dei venditori locali, ancor prima dei “vu cumprà“, di coloro che con una cassetta a tracolla attraversavano il golfo da una punta all’altra, con i “piedi di amianto” sulla sabbia rovente per vendere posto ombrellone, le patatine con lo sfincionello, il cocco bello e soprattutto “constatare”: ”che sono belle le pollanche!”
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Carissimi
Le luci della sala del grande ed importantissimo teatro si spensero, e sul palco il primo violino si alzo zittendo il brusio dell’orchestra, subito dopo il primo oboe suonò un “LA” seguito dagli altri fiati, ed archi fino ad un pieno orchestrale alle varie accordature.
Fu a quel punto che sul palco reale si sentì un inconsueto fragoroso applauso, era Sua Altezza Serenissima il Sultano degli Emirati che aveva apprezzato così tanto il brano (a suo parere) da fare cenno ai suoi collaboratori di chiedere il bis.
Davanti a tale richiesta il primo violino e gli orchestrali stupiti non poterono che ripetere il rito dell’accordatura seguito da applausi da parte del sultano e da un ulteriore bis.
Il programma della serata fu alquanto di spessore con brani di Beethoven e Mozart, diretti sul podio da una eminenza sacra della direzione d’orchestra, ma si narra che a fine concerto il Sultano volle complimentarsi personalmente con il primo violino per quel fantastico “brano” di introduzione, tanto da chiedere se ne esistessero registrazioni.
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“E come è andato questo giro”, chiese il vecchio saggio poggiando il mento sul bastone al Genio di Palermo, seduto accanto a lui, su quella panchina di marmo all’ombra nell’assolata piazza.
“E come vuoi che sia andata, non sei qui anche tu da secoli insieme a me a guardare le sorti di questa buttanissima città”.
Rispose il vecchio: “amunì ca chistu ha statu bravu e la saputu fari, prima nni canuscianu nta lu munnu ppi quattru lazzaruna, camora nveci vennu di tutti li banni ppi canusciri e visitari la città”.
Il genio rispose: “zapperai all’acqua se tenterai di portare dalla tua parte li cristiani, picchi a sta serpi nta lu cuoddru, chista ma criscivi io e sugnu sicuru che non appena mi distraggo, mi muzzicherà ppi ammazzarimi, e u sai picchi? Non perché io sugnu u re e porto la corona in testa, ma picchi a serpe fa u so doviri, è nna so natura, nun canusci affetto e riconoscenza”. Leggi il resto dell’ articolo »
Carissimi,
Da poco giunto in questo nuovo settore, una mattina il Capo Ufficio mi mandò a chiamare dall’usciere di piano, figura ormai mitologica frutto dei racconti che i nonni tramandano ai nipoti e mi ricevette nella sua stanza un po’ più grande di quella di noi funzionari, con un angolo divani e le bandiere alle spalle della scrivania presidenziale.
Mi salutò e mi disse: “Finalmente la conosco di persona dopo aver sentito tanto parlare di lei.”
Io ringraziai e mostrai tanta modestia nel farlo, frutto del ruolo e risposi: “Grazie per avermi ricevuto con così poco preavviso. Ho avuto modo di rendermi conto del carico di lavoro, in qualche parte anche storico, affidatomi e sono qui per chiederle una squadra di collaboratori.”
A questa mia ultima affermazione ebbi la sensazione che il Capo Ufficio fece difficoltà a trattenere la risata che fu subito e con maestria trasformata in ampio sorriso.
“Veda mio caro – mi disse con tono confidenziale – da qualche tempo con i pre-pensionamenti e la carenza di organico, è sempre più difficile trovare le risorse umane per costituire uno staff che di certo lei merita, ma penso proprio che lei sia una persona fortunata, perché grazie ad una serie di circostanze del tutto casuali, potrò mettere a sua disposizione il collaboratore professionale Pietrino Battipanni, ormai una memoria storica della nostra realtà, rimasto fedele negli anni alla sua qualifica e al suo posto di lavoro”.
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