Carissimi
“Buongiorno Palermo, buongiorno Europa”, così si diceva qualche anno fa in radio apprendo la nostra trasmissione del sabato e dopo un saluto che usciva fuori dai nostri confini la domanda del mio co-conduttore era sempre la stessa: “cosa è successo questa settimana?”
La risposta non poteva che essere: “assolutamente nulla”.
Benché quelli erano momenti in cui in settimana c’erano sempre delle tensioni, a partire da quelle sociali con gli “spontanei cortei” di chi ribaltava i cassonetti per strada, creava momenti di tensione al di sotto del Palazzo di Città e non era difficile potere incontrare un gruppo antisommossa della polizia dei carabinieri al di sotto dei palazzi che contavano.
Quello era un periodo in cui anche l’economia cittadina marcava il passo, ricordo della profonda crisi dell’edilizia e delle cattive leggi che di contro in quei tempi producevano gare d’appalto che finivano tutte con le imprese che indicavano un unico ribasso (fino alla terza cifra decimale), e che imponevano la necessità di un sorteggio per stabilire il vincitore, con la conseguenza che le gare d’appalto finivano per essere aggiudicate con il 25% di ribasso sull’importo a base d’asta, situazione alquanto paradossale e pesante che nel tempo ha dato l’occasione per rivedere più di una volta i regolamenti fino ai giorni d’oggi.
Anche il Palermo non brillava per continuità, allo stesso modo di come accade ai giorni d’oggi, sempre lì per fare il salto di qualità, fin quando non vi fu bisogno di un atto di mecenatismo esterno con l’intervento del presidente Zamparini che con l’acquisto della a società (che nel frattempo era transitata nelle mani di Sensi) riuscì a fare il doppio salto dalla serie C alla serie A, regalando 10 anni di palcoscenici di prima classe.
Carissimi,
avete cominciato a prendere consapevolezza che non ci saranno mai risorse per tutti?
Ci siamo deliziati spesso con la nostra espressione locale “a cu afferra un turcu e suo” per potere giustificare il modo di arraffare prima che ci sia qualcun altro che ci metta su le mani a tutto quanto si presenta davanti ai nostri occhi, per poi pregiarsi del titolo di “furbo”.
Bene, oggi dobbiamo cominciare a prendere consapevolezza che i tempi sono cambiati sia perchè “quanti turchi c’annu a essiri” per poter contentare il bottino di tutti i cacciatori?
In più, mentre prima della conoscenza della risorsa si era in un numero limitato, oggi di queste risorse sono in tanti ad averne preso consapevolezza e ad essersi messi alla sua ricerca al fine di raccoglierle.
Oggi tutti vorremmo essere furbi, quindi oggi più che mai il motto che io porto nel mio profilo (ma con tutt’altro intento e significato perché parlo di santità come Santo Agostino) è “se questo e quello perché non io?”
Dobbiamo mettere da parte le regole e affidarci ad un nuovo far west o continuare a mantenere l’atteggiamento di Alice nel paese della meraviglie che ogni tanto scopre uno scandalo e dice “mamma mia non me l’aspettavo”?
Una volta c’erano 10 comandamenti, leggi scritte su due “pietroni” che sancivano dieci comportamenti da tenere su circostanze importanti. Poi vennero scritti i codici che finirono per amplificare e approfondire la casistica relativa a queste circostanze e poi venne il momento dell’interpretazione di queste circostanze da parte dei giudici e dei regolamentatori.
Carissimi,
sono frastornato per tutte le notizie che leggo attraverso il web, non avendo la possibilità attualmente di comprare un giornale.
Mi chiedo: “Cosa vuol dire dipendere”? Vuol dire legare le proprie sorti a situazioni esterne, non necessariamente un’altra persona, o gruppi di persone, ma anche ad abitudini o a contesti che alla fine finiscono per condizionare quella che dovrebbe essere la nostra libertà.
E’ vero la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri, sarebbe un concetto molto saggio e semplice qualora si potesse applicare, ma penso solamente che ciò sia legato a vecchi retaggi di una filosofia ellenica che rimane stampata sui libri o nella saggezza dei vecchi professori.
Oggi e ne abbiamo parlato più di una volta, “cu afferra un turcu è suo”.
Allora cosa significa dipendere? Indubbiamente vuol dire dover avere a che fare con determinati contesti con i quali ci si confronta. Pertanto, affinché questa condizione sia una condizione, non dico transitoria, poiché qualora si scelga di dipendere lo si fa per la vita, ma accettabile, occorre che si sappia fare delle scelte che siano sempre chiare e incontrovertibili.
Qui troviamo a un certo punto la differenza tra due categorie umane. quella degli uomini con la “M” maiuscola e quella degli “zerbini” o delle “canne al vento” che nulla hanno a che vedere con Grazia Deledda. coloro che hanno investito tanto nell’acquisto delle bandiere, di volta in volta, per averle sempre pronte per poterle issare al vento ben visibili, fidando sempre nella speranza che la gente abbia poca memoria.
Carissimi
Questa mattina mentre mi preparavo ad uscire ho aperto il mio armadio nella stanza da letto e ho cercato i miei pantaloni beige alla zampa di elefante, quella bella camicia col colletto lungo comprata in uno dei migliori negozi di abbigliamento trend e il mio maglioncino marrone attillatissimo.
Lo so, questo inizio di racconto, desta un sospetto per chi è abituato a leggermi nei fine settimana e soprattutto per chi mi conosce o ha visto foto recenti nelle quali mi viene sempre contestata la predilezione per il colore blu, qualche volta nero, tanto da fare invidia a qualunque metronotte e poi se proprio dobbiamo dirla tutta, non avendo grande predilezione per il mare, ma preferendo la montagna, utilizzo solamente nella stagione estiva le magliette e l’abbigliamento colorato.
Ma perché allora andare alla ricerca di questi abbigliamenti desueti?
Proprio perché quelli erano gli abbigliamenti alla moda che vestivamo negli anni 70 e io in quegli anni, frequentavo il liceo, ero un atleta, ovviamente pesavo almeno la metà di quanto possa pesare oggi, e vestivo come tutti i giovani emulando i costumi che ricordassero un po’ la febbre del sabato sera, pur non sapendo ballare (tutto strano), ma anche se non frequentavo le discoteche, quello c’era nei negozi, e se volevi essere alla moda chiaramente dovevi necessariamente avere un paio di pantaloni a zampa elefante.
Carissimi
Sono tanti i casi in cui per qualificare un’azienda o un prodotto, addirittura un evento, si ricorre alla celebrazione di anniversari veri o falsi, a volte inconsistenti, vantandone una anzianità.
A partire dai matrimoni ricordavamo che le date che potevano avere un significato erano le ricorrenze legate al venticinquesimo o al cinquantesimo anniversario, poi magari nel tempo si sono anche costruiti motivi di festeggiamenti, più che altro per motivi commerciali, legati a step intermedi, inventando anniversari legati a materiali o a metalli meno pregiati dell’oro e dell’argento.
Così oggi se si vuole presentare sul mercato un negozio o un’azienda e vantarne la sua affidabilità, si fa riferimento ad una data che magari rappresenta l’inizio dell’attività e che diventa ancora più importante se scelta nel secolo precedente, capirete che ciò poteva essere suggestivo quando vivevamo gli ultimi anni del 1900 ma non oggi che siamo nei primi anni del secolo XXI.
Il ricordare che un’attività commerciale esistesse fin dagli anni ’60 del secolo scorso, può solamente ispirare simpatia, ma poco ci direbbe sua affidabilità, poiché per tutto quel lungo periodo non è detto che l’attività abbia avuto solamente momenti eccelsi, molto spesso le aziende vivono varie vicissitudini che le portano a mantenere soltanto il nome mentre si sono subiti cambi di proprietà, sfiorati fallimenti, trasformate le produzioni snaturandone le filosofie iniziali.
Carissimi
Io mi ricordo quando sono nato e ho perfettamente vivi in mente i miei primi dieci anni di vita corredati da bei ricordi di qualità che ancora oggi mantengono la loro importanza.
Quando sono nato io i Beatles in realtà stavano cominciando ad avere successo da poco però ci sarebbero sciolti da lì a poco meno di un decennio, mi sono scambiato di poco con miti come Gary Cooper, Fausto Coppi, Mario Riva ma sono arrivato giusto in tempo per conoscere Marilyn Monroe, vedere in vita Totò,
Ma ricordo anche cose brutte, gli omicidi dei fratelli Kennedy, ho visto morire di lì a poco Lorenzo Bandini a Montecarlo (e da allora dicono che il Drake non sarebbe stato più lo stesso).
Ho vissuto la grande notte del 69 nella quale due uomini scendevano sulla luna, ho visto i grandi attori recitare nella televisione bianco e nero, ho imparato ad amare il calcio attraverso Gianni Rivera, ho visto la grande Inter, il grande Milan iniziare a vincere le coppe dei campioni, (per poi entrare in un lungo letargo).
Carissimi
Gli oggetti hanno un’anima?
Me lo sono chiesto più volte per il rapporto che spesso ho con le cose e la passione per il passato, il proprio passato, oltre che per la storia.
Ci sono cose che possediamo che ci accompagnano per tanto tempo, a volte per sempre (il sempre umano legato alla nostra esistenza) che hanno per noi quel dichiarato “valore affettivo”.
Ci sono cose che necessariamente hanno rappresentano dei feticci ma sono degli oggetti che ci portiamo appresso nel tempo senza magari accorgercene, ma che finiscono per far perenne parte della nostra scrivania, dei nostri scaffali, della nostra stanza, a volte della nostra macchia e a tutto ciò leghiamo dei momenti e affidiamo la nostra memoria.
Lo so, razionalmente gli oggetti non possono avere un’anima. ma è più forte di noi, attraverso loro registrano il tempo che passa, il nostro divenire e assumono per noi e solo per noi una grande importanza evocativa.
Penso ai collezionisti, penso finanche agli accumulatori seriali, ma penso anche a chi come me raccoglie nella propria stanza dei libri, delle fotocopie, delle riviste che a volte contribuiscono a occupare spazi senza che vengano mai più aperte e senza che si trovi il coraggio di liberarsene.
Carissimi
Quando affermo di non capire nulla di politica, mentre sono chiamato a dare giudizi su situazioni contingenti, potrei dare l’impressione a tutti che il mio possa essere un atteggiamento di intellettuale snob. Premetto che non mi sento intellettuale, ma soltanto una persona che ha cervello, lo coltiva e lo esercita.
Snob, no!
Tutt’altro, sono un ingegnere con una vocazione matematica che non permette deroghe, ma ciò che è illogico, spesso è logico per la politica che dimostra di non avere regole, (se non quella unica della opportunità e della ragion di stato che poco si sposa con i teoremi e con tutto ciò che è dimostrabile e che sta alla base del credo di una mente razionale quale può essere quella di un ingegnere).
Per spiegare il mio punto di vista, a seguire vi farò un esempio, che seppur provenendo da chi razionale come me da spesso la sensazione di vivere in un mondo tutto suo, (non di “eletti tra virgolette” cioè gli scelti dal Signore, ma di persone che si confrontano su temi e basi condivisibili, razionali e dimostrabili) riesce a rendere l’idea ricorrendo all’uso dell’algebra elementare, attraverso la messa in pratica del teorema di Pitagora, (matematico vissuto nei tempi ellenici, potete capire quanto tempo è passato da allora).
Cari amici politici soprattutto, state sbagliando tutto, vi siete fatti trascinare in polemica e in un campo molto impervio che non vi appartiene che è quello dei social.
Andate sempre appresso alla necessità di raccogliere consensi su questi strumenti irreali che nulla hanno a che vedere con il mondo vero di ogni giorno e finite per soccombere sotto gli attacchi di chi di questi strumenti ne ha fatto un mestiere.
Dal politico, dalla persona delegata, dalla persona eletta, si attende molto di più di quello che può essere il taglio di un nastro o il saluto in ogni occasione che finisca per qualificare le riunioni altrui, le aspettative dei vari “questuanti della politica”, ma spesso non il proprio lavoro.
I consensi cambiano con rapidità e quelli che contano ai fini elettorali sono quelli acquisiti a ridosso delle competizioni.
Personalmente penso che il politico che ha il potere di decidere, di indirizzare, di governare e se il risultato della buona politica è positivo, non avrebbe neanche bisogno di dover spuntare a firmare qualunque tipo di passaggio poiché spesso e volentieri si ottiene, a mio parere046, l’effetto contrario, ci si attira antipatie, poiché il volare marcare qualunque momento di normalità è a mio parere una distrazione da quello che dovrebbe essere il compito di chi si candida a governare.
Sblocchi un’opera che attende da anni, il cittadino se ne accorge senza che tu gli sbatti difronte la tua faccia per chiedere “ditemi bravo”, la gente non vi darà mai queste soddisfazioni, ma sarà dalla sommatoria di tanti di questi interventi che la popolazione percepirà il miglioramento della qualità di vita e se ne ricorderà all’atto del voto.