Carissimi,

il 3 Maggio si è celebrata la giornata mondiale della “libertà di stampa”. Grande diritto, grande conquista che in un mondo “democratico” dovrebbe sembrare una cosa scontata e invece… Vediamo spesso come il tradizionale mestiere del giornalismo viene spesso soppiantato da quello “dell’opinionista presenzialista” in TV e sui media snaturando di fatto quello della professione basata sulle mitiche “5 W”, del giornalista che va a caccia della notizia e la espone, ma non la commenta, non dà la sua opinione, lasciando agli altri il compito di farsi una opinione su quanto da lui descritto sulla base del “chi, come, dove, quando e perché” (le 5 W in inglese), ma non è previsto un “che ne penso”, perché questo già sarebbe un altro mestiere.

Oggi si rischia di far passare la notizia in secondo piano, addirittura costruendola ad arte con “fake” (falsi) poiché diventa più importante il commentare e il veicolare l’opinione che l’attendibilità della fonte.

C’è chi è convinto che quanto sopra sia conseguenza della conquista democratica dei social, dove chiunque può dire la propria senza intermediazione, tanto che è sempre più frequente la possibilità di avere notizie non soltanto dai giornalisti o dagli addetti stampa, ma direttamente dai soggetti interessati attraverso l’immediatezza della pubblicazione di un Twitter.

Ma ciò non mi convince pienamente, penso che anche qui dobbiamo stare attenti a chi governa e gestisce i social, agli amministratori delle reti, visto che la casualità e la proposizione di attenzioni da parte di un contatto o di un altro non mi sembra soltanto frutto di un algoritmo matematico.
Chi scegli le notizie? Provate a guardare più notiziari, con linee editoriali diverse e se ne siete capaci, provate ad inserire qualche notiziario straniero a confronto.

Può essere mai che in Italia arrivino solo migranti, stuprino le donne, si seguano le vicende giudiziarie degli efferati delitti per anni e soprattutto ci si chieda quando litigheranno “Gigino e Gigetto”? Non accade nulla di altro? Ma siamo veramente un paese perso? Noi che ci reputiamo figli della globalità, ad esempio, quanto spazio dedichiamo all’informazione estera, la politica estera che non sia soltanto la critica giornaliera a Bruxelles che ci bacchetta sovente per la nostra vita da cicale?

In più, non ci sono cose belle o notizie che accadono senza che la politica abbia la sua influenza in ciò? I notiziari oltre che a rendere noti i vari paesi per esser stati sede di delitti e nefandezze ci aiuta a farci reciprocamente conoscere presentando le cose belle del nostro territorio e la brava gente che porta avanti le loro tradizioni? Aiutano a far conoscere ed accettare le reciproche differenze che esistono tra di noi, in una nazione più lunga che larga.

Provate a guardare un notiziario straniero, anche europeo, non vi dico che pure i nostri dovrebbero fare i servizi sul premio per il balcone più fiorito (anche se personalmente non mi dispiacerebbe), ma guardate quanto spazio viene dedicato alla cronaca nera che se paragonato ai nostri, ne verrebbe fuori un paese in pieno far west di metà ottocento. Ma anche la scelta dei personaggi su cui porre l’attenzione, provate a trovare un notiziario straniero dove i magistrati, non appena giunti su una scena del crimine (insieme agli avvocati) diventano star televisive rilasciando interviste.

No, continuo ancora a dire, non siamo un Paese serio, siamo di contro sempre stati un paese dove ognuno fa il mestiere che non gli compete.
Certo non soltanto ognuno dovrebbe fare almeno il proprio mestiere ma poi sarebbe auspicabile che lo facesse bene.

Nessuno dovrebbe utilizzare il proprio titolo, la propria professione, il proprio ruolo per avvantaggiare, indirizzare o favorire qualcuno. Quando chi fa informazione non riesce a mettere da parte per un momento il suo orientamento politico, religioso o sessuale, non fa un buon servizio alla verità che dovrebbe stare sempre alla base dell’informazione ma diventando fazioso e alla lunga poco credibile, si allontana per sempre da quelle “5 W” care finanche a Clarke Gable e Doris Day nel mitico film “10 in Amore”.

Un abbraccio, Epruno