Carissimi,
sono entrato questa mattina in un bar, ho chiesto cortesemente un caffè e mi è stato risposto: mi scusi ma ormai se ne parla dopo le elezioni. Preso dai turchi sono andato al supermercato a fare la spesa e giunto al banco salumeria chiedendo del prosciutto cotto, mi è stato risposto, siamo spiacenti ma se ne parla dopo le europee. Lo stesso dal benzinaio, tutto sembra essersi bloccato.
Può essere mai che un paese si blocca in vista delle prossime elezioni che tra l’atro sembrano non affascinare nessuno?
Ma cosa sono queste “europee” per le quali andremo a votare?
Sono forse la coltivazione di un sogno ancora incompiuto, di paesi diversi senza steccati fisici, ideologici e mentali? Abbiamo tutti lo stesso concetto di Europa unita?
Per me, ad esempio, l’Europa è stata sempre quella di giochi senza frontiere, quella di Guido Pancaldi, quella del “feel rouge” ma anche senza Schengen, disposta a giocare insieme e permettere ai giovani di paesi diversi di conoscersi, un po’ come un grande Erasmus ante litteram e anche se le frontiere fisiche c’erano ancora noi sognavamo dei giochi senza frontiere.
Io sono figlio dei tempi in cui “l’Europa” si chiamava CEE ed eravamo in sei, la Germania, la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi, il Belgio e il Lussemburgo ed io passavo il mio tempo con la lente d’ingrandimento a cercare questo staterello nella cartina geografica e mi chiedevo ma che ci fa “un villaggio” seduto accanto a degli stati territorialmente più consistenti, poi compresi che i “panni” qualcuno li doveva lavare.