“L’ingrato compito”

Carissimi.

Vi sarà capitato di aver delegato da parte degli amici l’ingrato compito di non portare buone notizie. A quel punto ci si fa coraggio, si mette su magari il vestito migliore e si affronta la realtà.

Non so quanti giorni siano passati da quando abbiamo reso come esigenza, prima nazionale, adesso planetaria, il relegarci agli “arresti domiciliari” per non farci beccare dal coronavirus.

Abbiamo perso il senso del tempo, ci siamo sforzati di organizzarci impegni che cadenzassero le giornate, tutte uguali ed abbiamo fatto diventare un evento finanche il portare il cane a “pisciare” e chi non possedeva un cane, ha litigato con la moglie o con il marito, per il privilegio di andare a fare la spesa al supermercato o addirittura in farmacia, fermandosi a sniffare quella costante aria di farmaco, quale momento di rara libertà.

C’è chi come me ha preso il tutto come un momento di grande interiorità e il solo non esser costretto a prendere un mezzo giornalmente per muoversi, è stato visto come un atto di riscatto verso una vita scombinate routinaria, riscoprendo nell’enorme tempo libero, lo studio delle proprie passioni, la musica, la scrittura, la lettura, la programmazione informatica, la fotografia dello stesso soggetto.

C’è chi ci ha maltrattato i “genitali” di tutti con il piagnisteo dovuto al divieto imposto al fare jogging. Io guardo in alto verso la mia bacheca con le coppe e le medaglie del periodo in cui faceva atletica e penso, ma da dove cazzo vengono fuori tutti questi maratoneti? Ricordo ancora a quando si correva di sera per le strade poco illuminate (non che oggi lo siano di più) e c’era sempre colui che ti passava accanto, con la macchina o un ciclomotore, per sfotterti e in alcuni casi anche per molestarti.

Oggi sembrerebbe di vivere in Florida a sentire certi racconti.

Eppure l’attuale costrizione mi ha aiutato a conoscere qualcosa di più del mio prossimo, osservando gli sfondi nel proliferare dei contributi video sul web, che sanno sempre più di appelli estremi di gente in mano all’anonima sequestri.

Ho scoperto le diverse librerie e i tipi di libri in esso contenuti, le librerie modello set cinematografico con i libri finti e mai sfogliati tutti messi dritti e in ordine, o quegli scaffali con libri e dispense gettate a casaccio dei tipo, “chi sa dove l’ho messo”.

Ho visto chi mette come sfondo il solo cuscino del divano, facendo risaltare il proprio faccione o chi come me malato di grandeur mette dietro di sé il panorama nella speranza positiva che tutto ciò prima o poi dovrà finire.

E si, tutto ciò dovrà finire, finiranno le chat collettive, come sono finite le cantate dei primi giorni ai balconi con i ragionieri Filini di zona che mettevano a tutto volume l’inno nazionale, finirà per la gioia di coloro che se non vanno al lavoro si sentono persi, di coloro che in casa prendono bastonate dalle mogli e si realizzano in ufficio comportandosi sadicamente con i sottoposti.

Finirà, finalmente, per coloro che potranno riprendere a tradire il coniuge con regolarità o potranno rifrequentare la Favorita per andare a prostitute, ma non sarà come prima, perché chi sa per quanto tempo dovremo portare le mascherine ed evitare gli assembramenti e le promiscuità, chi sa per quanto tempo dovremo portare i guanti e soprattutto lavarci le mani, lavarsi quelle manacce che avevano toccato di tutto e che poi finivano per stringerti la mano ……….. “e cu c’ha porta sta notizia a casa?”

Un abbraccio Epruno

Il coraggio viene dalla storia

Carissimi,

anche io appartengo alla generazione che non ha visto la guerra ma ha sentito parlare di cosa significasse sfollare da casa e trovare rifugio nei paesi della provincia, per sfuggire ai mortali bombardamenti sul capoluogo come quelli del maggio del 1943.

Ho conosciuto comunque le grandi mobilitazioni, come il terremoto del 1968, ero piccolo ma un evento come quello chi se lo scorda. Dovemmo scappare la notte e restare a dormire in auto fasciati nelle coperte di lana, in un gelido gennaio, lo stesso anno del “continuer combat” degli studenti in piazza, ma di quella rivoluzione ricordo poco o nulla, ma del terremoto del Belice e come se me lo ricordo, le scuole chiuse come adesso e noi bambini con la famiglia.

Che fai davanti un terremoto? Anche in quel caso si scappava da casa insieme, oggi davanti ad un battere, nemico infinitesimale, ci viene chiesto di rimanere in casa, almeno c psì viene propinato un suggerimento.

Eppure io ho già vissuto una pandemia, ai tempi del “vibrione”. Il colera giunse qui in Italia nel 1973 (dopo essersi diffuso in 59 paesi al mondo) dopo aver trovato genesi in Indonesia addirittura nel 1961 ed essersi girato il mondo, pensate, fino ad estinguersi nel 1975. La sua diffusione fu favorita dai moderni mezzi di trasporto dell’epoca e giunse a toccare tassi di mortalità del 50%. In Italia si diede colpa alle cozze crude che come scrisse un perito, da una concentrazione tollerata di 4 colibatteri per grammo di cozza giunse ad esser constata, nelle cozze napoletane, di circa 400.000 per grammo di cozza, immaginate dove venivano allevate le cozze, in quale parte della costa ……

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Io guardo e rido, in questo momento

Carissimi.

Io guardo e rido, in questo momento, proprio quando tutti vorremmo piangere, perché l’ironia ti porta a vedere attraverso le cose per tirare fuori da loro significati e metodi espressivi nascosti dietro la cruda realtà.

Mi viene da ridere alla stessa stregua del pistolero che viene beffato da un soggetto al quale non avrebbe dato due lire.

Io credevo che il vecchio mondo, i grandi popoli stessi avrebbero condiviso la loro parte migliore per far nascere una Europa grande unica e coesa che desse il meglio di sé stessa e invece alle prime difficoltà serie, abbandonati codici e decimetri, son venute fuori le profonde differenze e gli egoismi.

Chi mi conosce sa che faccio prima sempre autocritica e quante volte mi sono bacchettato, ho bacchettato la mia terra sicula a partire dalla mia città e bacchettato la mia nazione, orgogliosamente italiano, perché avendo girato ed avendo goduto dell’amicizia di gente che stava oltre quella barriera alpina, mi ero innamorato del loro modo di stare insieme e considero quei luoghi sempre una mia seconda casa.

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“Come il Conte Mascetti”

Carissimi.
Qui siamo su un dosso, l’acqua ‘un può arrivare” (Conte Mascetti – Amici Miei 2)

Benedetto Conte Mascetti, non ti avessero ascoltato allora, eppure davanti a tutto ciò che sta accadendo oggi quanta piccineria e sufficienza nei governanti dei grandi paesi.

Siamo rimasti soli e come al solito ci sarà stato inizialmente chi avrà pensato che gli “spaghetti-chitarre e mandulino” questa volta sarebbero andati al tappeto definitivamente

È un po’ presto per comprendere come si sia creata questa pandemia e chi ne sia veramente responsabile, ma una cosa è certa, mentre le grandi potenze si armavano e proteggevano con strumenti di guerra nucleari e satellitari, è bastato un infinitesimale virus diffuso per contatto a generare malati e morte in tutto il mondo.
Ma quanta arroganza e sufficienza, tipica di chi nella migliore delle ipotesi “in buona fede” si crea una convinzione e con la certezza tipica del “cretino” non intende ascoltare nessuno, salvo poi ricredersi quando “i buoi sono usciti dalla stalla”, tanto “qui siamo su un dosso, l’acqua ‘un può arrivare”.

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“La Scelta di Sofia”

Carissimi,

sappiamo bene che il vero valore lo si misura quando si è posti sotto pressione. Riuscire a lavorare contro qualunque difficoltà, mantenere la giusta lucidità mentale e poter prendere sagge decisioni nel momento in cui tutto sembra andare a catafascio dimostra l’affidabilità dei soggetti.

Non si può non tener conto di ciò che di straordinario sta accadendo, fin quando ciò non ti entra nella tua vita con grande impeto. Chi mi segue da un po’ ricorda che una volta nel dedicare un editoriale alla malattia delle malattie, “il tumore”, dissi che “un problema era un gran problema, anche se non era il mio problema”, invitando la gente alla solidarietà e il volontariato verso chi più sfortunato veniva colpito da queste tragedie.

Oggi, ci si trova davanti a un momento di grande difficoltà ed io continuo a leggere e sentire ancora discorsi stupidi e balordi, come se questo enorme “tsunami” abbia fatto sollevare la polvere che li ricopriva ed i “cretini” sono venuti ad uno ad uno alla luce con tutta la loro potente capacità di contrapposizione e di rallentamento di quanto di più razionale si sta mettendo in campo.

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“Dal Grande Fratello a Matrix?”

Carissimi a questo punto restano poche parole da dire.

Le vere difficoltà all’orizzonte svelano la pochezza e l’inadeguatezza di una classe dirigente a tutti i livelli della politica e dell’amministrazione del nostro paese.

Affidarsi a soggetti nominati, frutto di sistemi selettivi sbagliati, di improvvisazione, di mercato di dilettanti allo sbaraglio insieme a vecchie figure che da anni si alimentano di queste risorse per perpetrare il proprio potere e il proprio ego, ha ormai evidentemente palesato un grande fallimento.

Bisognerà riprogettare la nostra società, partendo si da una nuova mentalità collettiva ma soprattutto dagli uomini. Pensavamo che con i movimenti si potesse azzerare e correggere il tutto, ma questi sono stati soltanto uno strumento necessario, un punto di provocazione intermedio, dal quale potere ricostruire il tutto.

La nostra società non è basata sul merito, ma fondamentalmente sul falso merito.

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Il peso delle parole

Carissimi,

bombardati da chiacchiere, infastiditi da venditori di “connessione” o di “visioni”, annoiati da show che hanno come base il “discutere di tutto”, il “discutere su tutto” anche senza specifica competenze, ci siamo fatti una convinzione: l’italiano è una lingua bella e importante”.

Perché dobbiamo vilipenderla, ogni parola ha il suo peso, un suo significato a differenza di altre lingue e ha la sua importanza.

Se mi sentissi chiedere dagli amici: “questa sera possiamo venire a casa tua? Sappiamo che tua moglie fa la PULLA!”

A meno che non fossi un uomo dalla grande apertura sessuale e mentale, alle mie latitudini si potrebbe anche sparare nell’udire affermazioni del genere, ma quantomeno giungerebbero “vastunati” (bastonate) che farebbero invidia anche a Crongoli, ma se abitassi ad Helsinki sarei contento di dire agli amici, “venite, perché no”, perché in finlandese “PULLA” significa “torta” (dolce).

Vedete come è importante la parola, il suo contesto e l’occasione?

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Ritornare a casa per riposarti veramente

Sei palermitano se per te ogni viaggio diventa una tragedia.

Sei palermitano, abitante della quinta città d’Italia, più volte capitale di qualcosa per vari meriti turistico-culturali, se una volta riuscito a partire per goderti una meritata vacanza non vedi l’ora di ritornare a casa per riposarti veramente. Ecco che da Bellinzona, Vipiteno, Como Brogeda e Aosta tutti pronti a dire: “Ecco il solito siciliano meridionale piagnone“.

Purtroppo si arriva all’età in cui i tuoi freni inibitori, non si manifestano soltanto nella necessità di portare il pannolone, ma anche nelle reazioni inusitate. Provate a dirmi: “In Sicilia si potrebbe vivere soltanto di turismo”? La mia silente reazione sarebbe quella di cercare dove tengo posteggiata la mia storica Fiat 500, aprire il suo cofano, estrarre il vecchio ma sempre affidabile crick e darvi un colpo fermo nella “matrice dei vostri pidocchi” (in testa).

Ma voi sapete cosa significa viaggiare in Sicilia e dalla Sicilia e per la Sicilia? Ricordo ancora i tempi dell’università, quando con il CTS facevamo i biglietti Interail per raggiungere le capitali del Nord Europa, ricordo il ritorno in treno da Londra, Parigi o la Scandinavia, le facce sconvolte dopo circa tre giorni di viaggio, la barba lunga, maleodoranti e l’espressione del viso sconvolta, secondi solo ai reduci dell’ARMIR.

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Fai Presto a Dire “Responsabile”

Carissimi, vi fu un tempo in cui la parola responsabile significava qualcosa di importante. Ti presentavano una persona e ti dicevano: “Costui è il responsabile del settore X dell’azienda Y” e tu ti mettevi sull’attenti perché intuivi di avere di davanti una persona importante, autorevole e preparata per la sua materia tanto da avergli affidato la responsabilità del settore X. Venir indicato come responsabile corrispondeva a dire che tu dirigevi quel vario nucleo di individui avendone la responsabilità e avendo anche il compito di raggiungere quei risultati datoti come obiettivi.

Era anche il momento in cui per fare un complimento ed una attestazione di serietà parlavamo di persona responsabile nelle proprie azioni.

Ci fu anche un tempo in cui i “responsabili” erano coloro che abbandonavano il loro schieramento politico per andare a rinforzare una maggioranza parlamentare in difficoltà, il tutto con “coerente” spirito di servizio al paese, per garantire una governabilità. Certo all’autorevolezza presentata prima si contrapponeva un vero e proprio tornaconto tanto da indicarli alle nostre latitudini quali “facciuoli”.

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“Uomini e Topi. Ne Vogliamo Parlare?”

Carissimi, a Palermo hanno visto un topo! Voi mi direste: “uno?”

A Palermo ci sono i topi? “Avica!”

Si è vero, la continua lotta tra “uomini e topi” è storica. Esiste un disprezzo verso questo “essere” dettato dallo schifo che la sua visione ci fa e per questo non ne vogliamo percepire la sua esistenza, la sua presenza a meno che non lo raffiguriamo nel Topolino di Disney o il cuoco Ratatouille.

Ma i topi esistono e sono tra di noi, in qualunque città e non solo in funzione della sporcizia di questa, ma vivono nella sua parte nascosta, vivono in anfratti, sottoterra e con mille sotterfugi.

I topi sono una “comunità” con regole precise e sono tanto simili a noi “umani” ancor di più di quanto noi possiamo supporre.

È vero che in passato i topi hanno portato epidemie, ma quanti topi muoiono “eroicamente” in laboratorio per sperimentare farmaci e vaccini che ci dovranno salvare la vita?

Pensateci, che ribrezzo, un determinato farmaco che ingeriamo è stato sperimentato inizialmente su un topo.

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