L’Importanza di Possedere un’Agenda

Carissimi

Giunti a una età di tutto rispetto, mi sono chiesto: “cosa è cambiato che cosa ho imparato in tutti questi anni?”

La risposta è “assolutamente nulla” se confrontato con la necessità di continuare a imparare e ancora tanto. Questo mi permetterà di pormi ancora obiettivi e mettere tanta curiosità in tutto ciò che devo ancora fare.

La saggezza mi dà la consapevolezza che è stata una vita come quelle di molti, una sequenza di esperienza costellata di tanti errori, poiché mediamente i momenti negativi sono di più di quelli positivi, se non altro poiché sono quelli che si ricordano più facilmente, mentre i momenti belli, vanno centellinati, celebrati e messi sotto cornice a futura memoria e a futuro conforto e ciò senza attendere che sia il grande Shakespeare a dircelo.

Di una cosa però sono certo, qualunque errore io abbia compiuto questo è nato sempre dalla ostinata complicità con il prossimo e dal non voler dir di no, al volere accontentare qualcuno, o alla paura di poter disattendere le aspettative di  chi in quel momento pensavamo fosse una persona per noi importante, una persona sincera, una persona che avrebbe certamente anteposto l’affetto nei nostri confronti davanti al puro profitto.

Ho imparato un’altra cosa, l’importanza dell’agenda specialmente dalle nostre parti e come l’assenza di questa abbia potuto rovinare non solo la propria esistenza ma addirittura quella di intere comunità, grandi e piccole.

Quello che è una necessità, dover mettere banalmente ordine al nostro tempo, prendere degli impegni, memorizzarli e soprattutto rispettarli, è di contro alla nostra latitudine un fattore insignificante, poiché siamo tutti continentali ed efficienti milanesi in teoria ma praticamente siamo una popolazione di “rifardi”, di “afferra _azzi ntall’aria” e qualche peggio a volte anche di spergiuri.

Attribuiamo al contesto, a qualche cosa che arriva sempre dal di fuori, la causa dei nostri insuccessi diventando deleteri per noi stessi e per il prossimo, ostinandoci a non voler stabilire delle priorità, prendendo più impegni di quanti ne possiamo adempiere e non avendo un progetto di vita, finiamo per credere che il nostro vivere alla giornata nella peggiore delle ipotesi danneggi soltanto noi.

La narrazione che il nostro fallimento sia dovuto a fattori esterni, senza considerare che si è sempre causa dei propri mali, ci distrae dalla consapevolezza che non esiste nulla di raggiungibile se questo non è desiderato e costruito con tanto sudore.

E’ inutile dire che non troveremo mai persone che ci stendano i tappeti rossi davanti i nostri piedi per poter raggiungere in maniera agevole questi nostri risultati, anzi più noi siamo seri, più noi abbiamo un progetto e più diventiamo il nemico numero uno per chi vuole fare della mediocrità il proprio metro di vita.

Ma dove sta scritto che se gli altri sono tutti delinquenti (e loro successo e fonte di ammirazione), se tutti sono mediocri intorno a noi e mantengono le loro posizioni in società, se tutti sono cretini ai nostri occhi, noi si debba diventare delinquenti, mediocri e cretini per vivere?

Si può dire di no, ci si può alzare dal tavolo di gioco quando ancora la perdita è gestibile, si possono cambiare amori, compagnie, squadre, interessi se tutti questi non sono più sani e naturali, si può avere carattere afferrare il pallone con le mani e cominciare a correre inseguito da tutti e alla fine, fare la storia, inventando il “rugby”.

State certi che il baraccone andrà avanti anche senza di noi poiché c’è sempre un nuovo disperato pronto a concedere uno sconto di pochi centesimi pur di accollarsi l’immondizia che stiamo gettando, ma volete mettere la soddisfazione di potersi gustare in serenità su una sdraio un cocktail e guardare liberi un bellissimo tramonto dalle striature rosse.

Un abbraccio, Epruno

Dopo Ogni Distruzione Viene il Tempo della Ricostruzione

Carissimi

La guerra, la morte, la devastazione non sono di certo contesti nei quali trovare spunti che possono sembrare irriverenti, il tempo passa ma il mio punto d’interesse rimane sempre lo stesso, “l’uomo”, l’individuo, con i suoi pregi e difetti su cui poter a volte ironizzare.

Dove c’è la dittatura, non è tollerata la satira, ma sappiamo benissimo che questa è veicolo per trasmettere clandestinamente conforto per chi ha perso tutte le lacrime o per chi fa affidamento alle ultime energie per resistere o per spiegare concetti che a volte sembrano incomprensibili.

Prendete questa frase e conservatela, ci servirà dopo: “dopo ogni distruzione viene il tempo della ricostruzione”.

Prendiamo il personaggio vignettistico interessante, il capo di stato ucraino che tolti i vestiti del ruolo, l’elegante giacca e cravatta, lasciata nei camerini del set della serie televisiva “Servant of the People” (dove da attore interpretava il presidente dell’ucraina), si è creato l’immagine di un novello piccolo Yasser Arafat che indossa i vestiti del combattente, maglioni o mimetica, per andare in giro ospite di tutti gli eventi occidentali culturali o i summit di potenti che (non per i contenuti ma per i risultati) sono ormai declassati a tour organizzati di promozione turistica.

I “personaggi” finiscono per diventare icone mediatiche con i quale tutti vogliono farsi fotografare e vedere, ad iniziare da “Ursula, la donna senza sedia” che ogni volta che lo incontra ha uno slancio pari a quello delle ragazzine che negli anni 60 che aspettavano i Beatles o chi qualche decennio dopo stava a ridosso dei red carpet in attesa dell’arrivo di Richard Gere.

Si giunge finanche a litigare per contendersi l’ospite e questa cosa mi fa immensamente ridere perché mi ricorda episodi di vita relegati ai tempi dell’adolescenza e delle comitive, dove si facevano i sotto gruppi che uscivano insieme all’insaputa degli altri, facendo rimanere male chi restava fuori dall’invito.

Ma di che stiamo a parlare? Addirittura qualche intelligentone, ma soltanto per aprire la finestra in una stanza dove si sta sviluppando un incendio, arriva a dire per fare “spregio” ….. “vedi, non ti hanno invitato perché non conti nulla. Ti ricordi Zio Mario? Lui era lì nel vagone, nel tavolo a tre”.

Se si arriva a contendersi la compagnia del “Mahmood ucraino”, (con il suo “volevi solo soldi….”) siamo messi male, ma seppur decantiamo a Sanremo la nostra Costituzione, parlare male di costui rimane politicamente scorretto, in deroga alla libertà di pensiero.

Non si può non avere solidarietà con una nazione invasa, ma di contro non si può parteggiando, fomentare un odio interno che non porterà mai ad un cessate il fuoco, se non dopo un annientamento e sconfitta di una delle due parti e che comunque avrà prodotto tanti morti e sofferenze.

Ecco, se ci fosse un organismo sovranazionale serio e non un “circolo ricreativo” bloccato dai poteri di veto di un pugno di vincenti nazioni di un confitto conclusosi ottanta anni fa (di cui una, la Francia a detta dei tedeschi, non si potrebbe considerare poi così vincitrice, ma questa è un’altra storia), imporrebbe ai contendenti della guerra per l’invasione della ucraina, il cessate il fuoco, una tregua e un tavolo di trattative per la pace.

L’uomo dai verdi maglioni” avendo accanto lo Zio Sam nei panni “Papa Barzetti” stagionato presidente americano che continua a ripetergli “quanto ti serve, vuoi piccioli, armi” con lo stesso cinico interesse che potrebbe avere uno spacciatore per creare non solo la dipendenza, ma l’usura, si sente catapultato in un negozio di giocattoli e alza la posta delle richieste, come i carrarmati, missili, addirittura aerei bombardieri come se l’iniziale sostegno a quella che doveva essere una resistenza, fosse diventata una vera e propria guerra contro la Russa.

Che fosse diventato anche lui un utile idiota in una guerra tra l’America e la Russia?

Ecco perché mi rimane in tutta questa vicenda tragica (ma ridicola se vista attraverso la valutazione dei soggetti in campo) dietro questa corsa da parte di qualcuno per essere tra i primi a farsi i selfi con il Marchionne dei poveri (vedasi l’uso incondizionato del maglione in qualunque contesto ufficiale) e le offese per non esser stati invitati, il sospetto che il vero interesse è quello di prenotarsi con le proprie imprese nazionali, per la ricostruzione con i contributi internazionali a seguito dei danni di guerra.

Ciò lo hanno chiaro il “gatto e la volpe”, franco tedesco, lo ha chiaro “papa Barzetti”, ovviamente il “segugio d’Albione” ma dovremmo spiegarlo un po’ meglio alla nostra Giorgia o a chi sosteneva che Zio Mario almeno viaggiava nel vagone a tre con il “piccolo Napoleone” e “l’Ulisse tedesco” dimenticando che Zio Mario era il padrone del vagone e mentre la gente continua a morire, invece di imporre con i “grandi del mondo” un cessate il fuoco all’Uomo del Cremlino e al presidente ucraino, noi continuiamo a comprargli i giocattoli di morte.

Un abbraccio, Epruno.

«Whatever it Takes» – Bignami di Politica di Politica per Gente Scappata di Casa

Carissimi

Mi verrebbe da chiedere “Zio Mario dove sei?”

Atteso che da sempre e dichiaratamente il sottoscritto non capisce nulla di politica, come tutti gli “scappati di casa” (gente semplice) son corso ai ripari con la frequenza di un corso serale sull’argomento e utilizzando gli appunti presi, ho fatto queste breve guida (una sorta di piccolo Bignami) che potrà tornare utile a chi come me, dopo tanti anni stenta a capire e continua a fare lo stesso errore, dando fiducia spesso mal riposta. Iniziamo con le definizioni.

Scopo della politica – Come ci si può innamorare della nostra politica italiana, se puoi anche dimezzare i parlamentari, (farli nominare da pochi padri nobili), per constatare alla fine che c’è sempre un paese reale che ha i suoi problemi e un’aula (due per esattezza) dove nel frattempo i deputati e senatori discutono dei grandi sistemi, lontani dai problemi quotidiani della gente comune, e così bravi da inventarsi un argomento, offendersi a vicenda ed iniziare una dialettica interminabile che come sempre serve alla cosa più importante in politica (per me che non ne capisco nulla), “far passare il tempo”?

Il politico – Ci si innamora di una idea, si mitizza un uomo politico attribuendogli chi sa quale spessore e bagaglio ideologico, per poi rassegnarsi all’idea che sempre con un mestierante abbiamo a che fare, poiché se c’è un compenso, anche se chiamato “indennizzo”, non possiamo parlare di volontariato. Leggi il resto dell’ articolo »

“U Sa Fari a Chimenti?”

“U sa fari a Chimenti?”

Questa era la domanda frequente verso la fine degli anni settanta quando i ragazzini giocavano per strada con il pallone evocando i campioni del calcio.

Ma chi era Chimenti e soprattutto cosa significava “fare Chimenti?

Chimenti Vito da Bari, nella stagione 1977-1978 proveniente dal Matera giunge al Palermo in serie B, dove gioca due stagioni ad alto livello con 29 reti complessive.

Grazie anche ai suoi goal, la squadra rosanero otterrà un sesto e un settimo posto.

Cosa significava “fare Chimenti?

Pochi sanno che per il popolo di fede rosa-nero, l’inventore della bicicletta è stato Vito Chimenti e poco importa se nel resto del mondo tutti attribuiscono al barone Karl Von Drais, da Baden in Germania l’invenzione nel 1817 della “draisina”, la prima bicicletta antesiniana, ma a Palermo a parlar di bicicletta ancorchè di Totò Cannatella, si doveva parlare di Chimenti, con il famoso suo gesto tecnico, “pallone alzato di tacco da dietro per superare l’avversario con un pallonetto” battezzato la “bicicletta”, che faceva impazzire lo Stadio della Favorita.

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L’Isola di Buona Speranza

Carissimi

Fa freddo e con il freddo anche a questa latitudine i pensieri “ghiacciano” anche se con il dovuto paragone, senza necessariamente dover andar oltre alpe, se dico ad un abitante di Vipiteno, qui fa freddo, mi devo anche attendere la risposta: “la posso toccare?

Ma ognuno ha il proprio freddo e questo per noi è freddo, poiché davanti al disaggio spesso constatiamo l’impossibilità o peggio l’inadeguatezza a porre rimedio.

Un isolano, qualunque sia la grandezza della propria isola, è di per sé stesso un’isola e in quanto tale circondato da un mare di problemi e inoltre da una mentalità che lo auto protegge isolandolo non solo dal prossimo, ma addirittura dai problemi, forte di una congenita rassegnazione, per cui se a un individuo del genere esterni il disaggio dicendogli “fa freddo” ti devi preparare a sentirti rispondere: “e a mia chi mmi cunti?

Vedete qual è la grande differenza tra gli abitanti di una stessa nazione ma allocati agli estremi geografici opposti?

Quando mai gli isolani potranno fare squadra davanti ad un obiettivo o una necessità “comune”? Poiché è il concetto di “comunità” che manca alla base di ogni ragionamento e ciò si esterna anche nel governo delle cose.

A “matula” che ci si propone in appuntamenti elettorali presentandosi come migliori e più efficienti di chi ci ha preceduti, dimenticando spesso di esser gli stessi, ma truccati in altra maniera, immischiati in gruppi e sigle sempre nuove ma con un unico scopo, quello di poter arrivare a dire: “Io” e successivamente “è mio, me lo merito io!” Come quella famosa pubblicità.

Conta arrivare per primi ad afferrare qualcosa che è di tutti, senza aver partecipato ad una competizione di evidenza pubblica che metta tutti nelle stesse condizioni di “almeno provarci”, e invece la rapidità crea il diritto rimandando al dopo la costruzione di “giuste motivazioni” per essersene impossessato.

È vero che il mio occhiale recuperato vede allo stesso modo da vicino e da lontano, ma è anche vero che se alzo lo sguardo all’orizzonte non vedo niente. Se esistessero ancora i vecchi parametri mi sentirei di chiedermi: “ma la competizione è di sinistra o di destra?

Penso che non sia cambiato nulla negli ultimi tempi, anzi chi si aspettava delle novità si ritrova soluzioni proposte e accantonate tanto tempo fa, e la voglia di andare oltre a cerchi magici, seppur odiosi, nei quali si poteva a volte per caso, per un fortuito incidente, trovare anche talento, si scontra con l’uso della mediocrità imposta a mezzo delle vecchie ma sempre sicure e in voga “raccomandazioni” che ti garantiscono il sonno tranquillo dei vecchi gattopardi, sempre loro, noiosamente dietro le quinte di un gioco snervante quale lo “zero X”, messo in piedi per dare l’illusione a chi vuol giocare di potere vincere, li dove se si sa giocare non vince mai nessuno.

E così facendo, mentre così facendo teniamo la gente lontana dalla vera grande paura di un “isolano”, la “competizione”, termine terribile e principio da rifuggire poiché mina alla base certezze costruite a furia di “nepotismi” e “nomine” scelte dagli “Zii di turno”, negli allevamenti di utili idioti coltivati in cattività affinché il pio Gattopardo possa affidare, battendosi il petto, alla “stella” i suoi ultimi giorni di vita, avendo fatto a pieno il proprio dovere e cioè quello di aver consegnato intatto il proprio “feudo” a qualcuno della “famiglia” che ne perpetrerà la custodia. Un abbraccio, Epruno.

L’état, c’est moi

Carissimi

“Lo stato sono io”. Fa una certa impressione sentire nominare questa frase (sulla cui autenticità vi sono molti dubi) ma quando si è davanti a personaggi storici, la legenda si confonde con la realtà, ma se il personaggio si chiama “Re Sole” (Luigi XIV), ci può stare che il più longevo sovrano francese, il 13 aprile 1655, davanti ai parlamentari parigini, abbia pronunciato questa frase a mo’ di sfida o di promemoria pari a quella pronunciata dal Marchese del Grillo sul predellino della carrozza.

La storia si ripete sempre e gli uomini sono coerenti nei loro errori, figuratevi quando si “bevono il cervello” dopo le prime dosi di gloria, avendo assaggiato il potere. Quello è l’inizio della loro fine.

Ho incontrato tanta gente interessante in vita mia, e non capendo o ostinandomi a non voler capire nulla di politica, l’arte dell’ipocrisia e dei tradimenti nei rapporti umani, ho visto nascere e crescere star brillando con la stessa intensità e brevità della luce di un fiammifero.

Nessuno di costoro è riuscito a riempirmi l’anima, figuratevi le tasche, anzi come accade con costoro, ho sempre “pagato io al bar”, ma allora che fare, dichiarare il disprezzo per certa umanità e ritirarsi sull’Aventino a scrivere poesie?

No, non possiamo permettercelo, non tutti siamo i “Pablo Neruda” del “Postino” esiliati sulla cima di una montagna delle nostre isole minori a ricercare la nostra anima sotto un pergolato, in mezzo alla gente siamo destinati a viverci, quanto meno per la necessità basilare del dover campare.

A quel punto siamo condannati a incontrare di tutto, dalla persona splendida al “pezzo di merda” e con tutti dobbiamo convivere, figuratevi negli ambienti di lavoro dove spesso ci dimentichiamo di non essere alla presenza di una comitiva, ma di gruppi che nella maggior parte dei casi è stata la sorte a scegliere e non il nostro piacimento.

Puoi incontrare di tutto “a quota sul livello del mare”, qualunque genere di persona tutti, credetemi tutti, sono dei “grandi attori a loro insaputa”, pur di portare a casa il loro risultato.

Mi è capitato e non lo nascondo, di esser stato buggerato (o meglio, ho dato l’impressione di esserlo stato, per il principio su esposto di “vediamo dove vuole andare a finire”) da un signore in età, vestito modestamente, con indosso la mascherina “ffp2” che presomi alla sprovvista davanti alla farmacia mi ha detto. “Non si ricorda di me?” Costui non sapeva che a me i quiz a partire da quelli telefonici di chi non ti ha mai cercato e pretendono dalla voce che tu li riconosca, mi devastano gli apparati genitali, figuratevi se in un contesto del genere potesse funzionare la tecnica di far ricordare a noi qualcosa che potesse esser verosimile. Così dopo la tecnica di prassi che giungeva ad una ipotetica esperienza di lavoro insieme, siamo giunti a quella che era la sostanza del discorso, “la sfortuna”, “la perdita di un lavoro” ed il “pane da comprare per i bambini” che a giudicare dall’età potevano tranquillamente avere già più di quarant’anni. Ma il capolavoro è stato quando ha insistito che mi scrivessi il suo numero di telefonino, con un nome e un cognome da me richiesto, a questo punto con tatto, qualora avessi avuto successive possibilità di aiutarlo.

Bene il mio cinismo coltivato con tanti di quegli incontri di cui sopra, mi hanno portato ad entrare dento la recita facendo la mia parte ed ho voluto pagare poiché nel dubbio che fosse stato tutto vero non me lo sarei mai perdonato ed allora mi sono offerto di accompagnarlo al vicino panificio, ma costui ha preferito il supermercato di fronte con una richiesta ben precisa, io ho uscito tutte le monete che avevo nel portafoglio (sei euro) e lui mi precisato che ne sarebbero necessitate altri ottanta centesimi, per cui ho cercato bene e gli ho dato un altro euro, al che mi sono sentito ringraziare con la promessa che mi era debitore di sette euro.

Sapevo che non trattavasi di un racconto di Dickens né di un brano del vangelo, ma con il sorriso ho voluto crederci e penso di aver speso bene quei pochi euro che di certo non avrebbero cambiato la mia vita, ma avrebbero ricompensato una bella interpretazione o addirittura aiutato una situazione di necessità.

Ma perché tutto ciò? Perché c’è il male in agguato in questo mondo che si nasconde dietro gli inganni? Si, forse si, ma penso che vi sia di peggio, in questo modo confuso di approcciarci al mondo spesso vogliamo credere alle favole o a tutto ciò che ci raccontano e allora come mi posso meravigliare quando mi si giura di aver creduto che un signor geometra, distinto, cordiale sia stato seduto accanto a noi più di una volta in una sala d’aspetto di una clinica specialistica, senza che mi sia potuto venire in mente che proprio un geometra non era.

Pertanto quando qualcuno si vanta con voi di essere “cacocciola”, prudentemente calategli la testa, poiché non sapete mai con chi avete a che fare.

Un abbraccio, Epruno

2° Minirassegna di Leggendo Epruno

Al Parco Villa Filippina (piazza San Francesco di Paola 18) domenica 26 marzo alle ore 18.00 arriva il secondo appuntamento dal titolo “La massa” della rassegna “Leggendo Epruno”, reading a più voci con immagini e contenuto musicale. Un format originale e scanzonato che racconta stati d’animo, sensazioni ed esperienze personali su tematiche culturali, politiche e sociali, oltre che sui grandi temi di attualità narrati anche in modo originale e dissacrante, che ha già visto undici edizioni negli anni precedenti. Ci riprovo  e dopo sei anni ripropongo una minirassegna  di quattro spettacoli, al Planetarium di Villa Filippina, l’ultima domenica del mese, alle ore 18.00 nei seguenti giorni del 2023. 26 Febbraio, 26 marzo, 30 Aprile, 28 Maggio. Inizieremo con “In Musica”, continueremo con “La Massa”, poi sarà il turno di “La Vite degli Altri” e infine uno stralcio inedito di “Leggendo Epruno 7”. Sono certo di fare cosa gradita replicando spettacoli all’epoca ospitate in location più piccole del Real Teatro Santa Cecilia che non hanno potuto accontentare tutte le richieste di posti. Spero solo di replicare il successo del Ditirammu (dal 6 Marzo al 12 Giugno 2016) in occasione della prima rassegna.

Decoro non Soltanto Urbano

Carissimi

Affacciato alla mia finestra ho preso consapevolezza che la mia via una volta alberata a poco a poco sta perdendo questa caratteristica e molte delle aiuole predisposte con cadenza regolare nel battuto cementizio del marciapiede, oggi sono rimaste vuote, i residui alberi appesantiti e mal curati negli anni sono diventati pericolosi per i pedoni e le auto posteggiate, tanto che è stato necessario abbatterli senza pero pensare a sostituirli perché potevano dare impaccio a qualche esercente o a qualche bancarella. Sorrido nel pensare che proprio oggi che la sensibilità verso l’ambiente è cresciuta tanto, abbattiamo gli alberi in città e non li ripiantiamo come da regolamento, mentre prima era naturale urbanizzare una strada e riempirla di verde.

Quando all’università mi dissero che Palermo era una delle città con più verde in Europa stentavo a crederci perché mi lasciavo condizionare dalla circostanza che a falsare il parametro fosse il vasto polmone del Parco della Favorita e invece la verità era davanti ai miei occhi.

Probabilmente sono state fatte delle scelte sbagliate nel piantumare alberi le cui radici hanno finito per sollevare i marciapiedi, ma qual è stata l’efficienza di strutture dedicate alla manutenzione del verde se la sfrondatura degli alberi è stato sempre visto come rimedio a qualche incidente?

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L’Importanza del Mio Natale

Carissimi

Rivedo ancora quella tavola imbandita con tanta dignità, frutto di più tavoli uniti per l’occasione, le tovaglie migliori, persino le brocche dell’acqua e del vino che venivano tirate fuori per l’occorrenza, la cena di Natale era sul tavolo e la famiglia, allargata agli zii era tutta lì.

Le donne si erano date da fare per una giornata in cucina accollandosi un lavoro enorme sostenuto dalla voglia di riunirci, di non far perdere il senso della famiglia anche se ognuno ormai era per casa propria.

Passo in mezzo a loro, seduti come ologrammi in una realtà virtuale frizzata e mi chiedo: che cosa ne è stato di tutto ciò?

Mi vedo bambino seduto in mezzo ai “grandi” e sfoglio tutte queste “assenze” sedute li ancora nel pieno della loro vitalità, con i loro vestiti sempre rispettosi del contesto, gli uomini che non si toglievano mai la giacca e la cravatta a tavola e soprattutto in quelle occasioni. Che ne è stato di tutto ciò?

Come può essere ancora Natale, senza loro? Come può mettersi insieme la gioia per il Natale e il dolore per l’assenza?

Sarebbe toccato a quelli che in queste “foto” stavano dentro la culla perpetrare la tradizione ed essere Natale per gli altri e a conservare questi nostri riti cristiani.

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Mi posso riposare? Permettete?

Carissimi

Perché abbiamo deciso di identificare due periodi dell’anno per il riposo e/o i festeggiamenti e alla fine lavorativamente li facciamo coincidere con tutte le scadenze e gli adempimenti, da mandare a femmine perdute qualunque atteggiamento di buona volontà ed apertura verso il prossimo, accompagnato da un meritato riposo?

Combatto da sempre per la difesa del riposo. Molte cose naturali e necessarie stanno diventando nella ns. società dei peccati.

Mangiare è peccato, divertirsi è peccato, riposarsi poi è peccato mortale.

Da ex atleta ho imparato subito l’importanza del riposo e del recupero, pari a quella dell’allenamento.

A quel tempo si allenava il cuore al sostegno degli sforzi e gli si permetteva subito dopo, di recuperare i suoi ritmi, allo stesso modo nella vita normale, dopo una settimana di lavoro ci vuole sempre un meritato riposo, dopo un anno di lavoro ci vuole ancora un meritato riposo.

Allora mi chiedo: per quale motivo i bilanci preventivi delle pubbliche amministrazioni si approvano a fine anno?

Allora mi chiedo ancora: per quale motivo qualunque riorganizzazione viene varata a Ferragosto o a Natale? Ce l’avete con il vs prossimo? Mi viene in mente il solito motto “picciotti organizziamoci”, tariamo ed allineiamo i ns. sforzi e se proprio non ci riusciamo, allora cambiamo le regole, festeggiamo l’inizio dell’anno a marzo ed andiamo in vacanza estiva a novembre, ma facciamo in modo che questi momenti stressanti non coincidano con i momenti dedicati al rilassamento e festeggiamento.

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