Carissimi
Ne ho lette tante, ma mi piace pensare che quel giorno alla “dogana” andò così.
“Buongiorno mi scusi chi è il responsabile? Dovrebbe autorizzare l’ingresso in porto di questa nave che viene da Tunisi.”
“Purtroppo, causa un decesso, non siamo perfettamente in regola con le disposizioni emanata dal viceré ma come vede la nave abbondantemente piena di un carico interessante e se lei dimostrerà un pochettino di buonsenso saprò anche ringraziarla a dovere.”
“Poi mi auguro che lei si fidi dei suoi colleghi di Trapani, non vorrei dirle nulla, ma abbiamo già fatto scalo a Trapani e ora dovremmo procedere per l’ingresso a Palermo per la consegnare della merce.”
Il doganiere rimasto in silenzio per tutto il tempo mentre l’armatore chiedeva di chiudere un occhio sul controllo delle regolarità, allungò la mano per afferrare quel sostanzioso sacchetto di monete comparso sul banco, e senza neanche contarle, le fece sparire pronunciando soltanto una frase: “mi scusi ma topi a bordo ne avete?”
L’armatore nell’accennare ad una grassa risata rispose” Carissimo amico, ma perché si sono mai viste navi senza topi ah ah ah…?”
Poi indicando un forziere fatto scaricare dai suoi uomini in quel locale disse: “questo è un pensiero per il suo disturbo e per i suoi colleghi.”
La risposta fu sintetica: “potete entrare.”
13Sarà stato di certo così ma non perché ero presente, non perché mi è stato raccontato, ma perché il palermitano nel tempo non è mai cambiato e davanti a quel carico e tutto quel ben di Dio e in più la possibilità di ricevere pure un generoso regalo, fece sì che la peste quella mattina di maggio, entrasse a Palermo e da allora tra alti e bassi, tra miracoli e imprecazioni, tra “triunfi” e le “stragi e i per non dimenticare” non ha mai più abbandonato la città detta “tutta porto” ripresentandosi sotto le vesti di “novità” ogni qualvolta i suoi abitanti calassero la guardia.
1624 dal 7 maggio, diciamolo decisamente maggio è un mese che porta molto male alla città di Palermo, si contarono a migliaia i morti perché come sempre all’inizio qualche scienziato aveva dato la sua giusta interpretazione dei sintomi e aveva sottovalutato le bolle e si era affidato a dei decaloghi di comportamento che certamente ti lasciavano a desiderare.
Fu così che la peste colpì la povera gente ma è anche vero che la peste fu democratica colpendo anche il palazzo, il viceré Emanuele Filiberto, il segretario vicereale, il generale capo dell’esercito, ma mentre per i poveri disgraziati si trovò il modo di fare delle fosse dove i corpi nudi venivano coperti di calce e i cadaveri e in alcuni casi, in modo molto schifoso e ribrezzo, in special modo quelli femminili subivano trattamenti indegni e “depravati” da parte dei beccamorti improvvisati, i nobili inizialmente non rinunciarono ai privilegi di esequie in chiesa con sepoltura con tutti gli onori e grande folla trasformata in un non nulla in vettori del morbo e in futuri appestati.
Ogni qualvolta la gente si radunava, erano focolai di peste che si alimentavano, passando da persona a persona, ma lo sappiamo benissimo non fu solo Palermo, fu anche il caso di Milano e fu anche il caso di Napoli, per parlare di grandi città che furono completamente devastate da questo morbo infettivo, ma fu anche vero che quei decaloghi di cui prima che lasciavano molto a desiderare ma che prendevano esperienze da analoghe situazioni vissute almeno cinquant’anni prima, nel 500, erano riusciti alla fine se non limitare i danni, a fare in modo che questi non rappresentassero una vera e propria ecatombe.
Ma il “bardascio” è riuscito a resistere a qualunque epoca e pertanto anche allora c’era chi si dimostrava sprezzante e senza alcuna paura per la morte e come sempre accade in questi casi, se non sei oggetto di una fine luttuosa sei di certo un portatore “sano” di morte per gli altri.
La peste dal mare e attraverso un vascello che portava già la morte con sé perché le merci erano di certo compromesse, perché già durante il viaggio si erano presentati dei casi di morti per peste con cadaveri buttati fuori bordo durante la navigazione, unitasi alla “vera peste” quella indomata dell’avidità e meschinità umana che davanti a un probabile futuro profitto aveva tentato di nascondere fino all’ultimo ciò che stava su quella nave e in città stava succedendo, portarono sofferenza e morte per la nostra Palermo.
Bastò un miracolo? Non so quanti credono nei miracoli o nella circostanza che probabilmente si andò incontro a un normale esaurimento del fenomeno facendo in modo che i sopravvissuti traessero rigore in alcuni comportamenti di base, ma di certo se la “prima peste” fu debellata ed oggi ne festeggiamo la ricorrenza, quell’altra, quella della “ignoranza e cattiveria umana” è ancora tutta da debellare.
Un abbraccio e viva Santa Rosalia. Epruno.