Carissimi
Il professore aprì la porta di quell’aula e trovatosi davanti a una riunione per lui non autorizzata chiese solamente: “chi è il responsabile?”
Non chiese di certo: “che cosa sta succedendo? Chi siete? Chi vi ha autorizzato?”
Chiese semplicemente “chi è il responsabile?”
Quella mattina all’università in quei meravigliosi anni 80 non compresi che il mondo stava cambiando, il modo di approcciarsi alla realtà e a quello che sarebbe stato il futuro, nel mio caso anche professionale, stava nascendo in quegli atteggiamenti: “chi è il responsabile?”
Come dico spesso nei miei incontri occasionali con gli allievi universitari, avendo il piacere di essere invitato a discutere di questi argomenti, eravamo a ridosso dei mitici anni 90, che avrebbero introdotto in quello che era il sistema normativo la figura predominante del “responsabile”.
Venivamo fuori dagli anni vissuti per riflesso, almeno nella mia generazione, delle mitiche rivoluzioni culturali legate ai moti studenteschi, il 1968, dove si mise in discussione l’autorità costituita e dove si andava alla ricerca della libertà di pensiero e dei costumi, e dove si poteva fare soprattutto ciò che si voleva.
Si era ritornati nei recinti degli obblighi e dei doveri, ma soprattutto si era inventata una “genialata” che ci distraesse dalla ricerca immediata delle soluzioni, davanti ad un problema, prediligendo la ricerca delle colpe, del capro espiatorio, davanti a un qualunque assembramento, era più comodo conoscere chi fosse il “responsabile”, così la massa si diradava e lasciava da solo al centro di quel contesto un individuo, il “responsabile”, “colui disposto a pagare per le colpe di tutti anche quando personalmente non avesse alcuna colpa”.
“Chi è il responsabile?” Ma figuratevi il potere dirompente di questa richiesta nella terra che per anni aveva fatto i conti con Cappiddrazzo, quel mitico personaggio che alla fine della fiera non pagava a nessuno, quel mitico personaggio che riusciva a farla franca sempre e comunque e a maggior ragione spalleggiato in un contesto di omissioni e omertà di gente che nulla sapeva e nulla aveva visto.
Il responsabile no, il responsabile è colui che viene investito, nominato, con apposito atto e appeso in qualunque tazebao è richiamato in qualunque occasione affinché tutti potessero avere chiaro che con lui Cappiddrazzo poteva continuare a non pagare a nessuno perché, giunti al fin della licenza ci sarebbe stato il “responsabile” da dare in pasto a chi cercava soddisfazione.
Paradosso dei paradossi, il “responsabile” nasce quando la politica per evitare la paura di finire per le propria scelta gestionali nelle maglie della giustizia, a differenza di Cappiddrazzo iniziasse a pagare.
Diventa questa figura estranea solamente in teoria alle logiche delle pressioni di qualunque gruppo di potere che potesse essere da fare riferimento per la collettività e garanzia affinché ciò che si era deciso di fare, venisse fatto senza soprattutto garantendo un senso di giustizia.
Bello come principio! Sfido a trovare chi non avesse mai pensato che giungere a questo livello di garanzia potesse essere un grande risultato, ma ho sempre avuto una grande tristezza, nel leggere questa doppia anima tra un novello Superman in grado di fare tutto, di garantire tutto, perché lui sul petto aveva la “R” nel suo “costume di responsabile” e un povero Fantozzi, al quale davanti alle evidenziarsi del problema fosse stato detto “Fantozzi facci lei”, il vederlo crocifisso in sala mensa dai uscieri.
A lungo andare anche la politica è caduta nella trappola della responsabilità una volta accettato il gioco pur di giungere all’agognata poltrona eludendo il vero strumento che alla fine avesse potuto dare reali poteri e cioè quello del consenso personale, svendendolo all’altare della nomina, molto più comodo farsi nominare che dover competere alla ricerca di voti personali ed è così che abbiamo costruito un esercito di soggetti visibili alla continua ricerca alla visibilità, ma che alla fine non avevano il potere di gestire alcunché visto che per qualunque scelta o decisione che potesse andare controcorrente o essere rivoluzionaria o essere anche vantaggiosa per la collettività sarebbero dovuti passare dal permesso di colui che li ha nominati.
Ecco perché il più della volte davanti a istanze che possono sembrare giuste e plausibili ci vediamo allargare le braccia come chi a Roma vorrebbe dirci dandoci una pacca sulle spalle “…………d’altronde”, quindi anche la politica si toglie di sotto dall’esser identificata come “responsabile” e questo credetemi è deprimente, perché ci porta a pensare che se neanche chi all’apparenza comanda è responsabile o ha il potere di fare ….. non c’è speranza per questa terra.
Concludo pensando che è sempre viva in me la natura scientifica che mi porta a ricordare che un qualunque “cambiamento di stato in chimica” da una condizione all’altra, presuppone uno sforzo di energia e del tempo, perché “cambiamento di stato” non vuol dire soltanto che da A a B è una cosa e dopo B e un’altra cosa e questo fa sì che avendo vissuto periodi nei quali era realmente evidente chi e cosa comandasse ci dobbiamo abituare a periodi nei quali sarà sempre più difficile prima capire chi ma altrettanto capire che cosa comanda.
Un abbraccio a Epruno.