Carissimi, dice …. “che ci fai in una città?

Quello che ci fanno tutti! Ci nasco, ci cresco, ci studio, mi diverto, ci lavoro, ci muoio!

Bello, allora tutte le città sono uguali.

Arasciu (adagio) andiamo piano con le conclusioni. Tu mi vorresti dire che Palermo è uguale a Londra, a Parigi o Berlino?

Si, e perché no?

Certo se vuoi nascere lo fai dovunque, pure sotto il cavolo, natura è. Puoi nascere su un aereo, puoi nascere su un taxi per strada, quando è il tempo e soprattutto se è destino, nasci da migrante in un barcone o sotto i bombardamenti. Mi rendo conto che i problemi vengono un istante dopo, ma tu per pronto accomodo sei nato.

Quando devi crescere dipende anche dalla fortuna che hai avuto, se nasci in certe longitudini o latitudini, mi rendo conto che qualcosa possa cambiare, sempre legata alla circostanza che il tuo vicino stia tutto il giorno per strada seduto davanti al bar o sotto il pico del sole con un kalashnikov in mano sopra ad un Toyota pick-up o SUV. Certo ci sarebbe da capire come fa questo ad avere il Toyota se è con le pezze al culo come a quello seduto davanti al bar, ma questa è un’altra storia.

Quindi atteso che sono cresciuto in un paese europeo e in occidente, la mia infanzia è stata bellissima perché mi ha permesso con un pezzo di gesso preso dagli scarti della bottega del gessaio, di disegnarmi in via Luigi Natoli un campo di calcio, con righe torte e quattro “balatoni” per pali delle porte e giocare fino a sfinirci tra una macchina che transitava e l’altra, con il bel supersantos.

E non sarebbe cambiato di molto nelle altre città o nelle altre periferie atteso che quel campo non avrei potuto disegnarlo sugli Champs-Elysées o a Trafalgar Square senza essere assicutato dalle guardie. Si avrei potuto giocare fuori, nelle periferie sui campetti in erba, ma vuoi mettere l’ammattonato del Don Bosco o lo sterrato del Campo del Sig. Urso al Palazzo dei Sogni? Vuoi mettere quel pallone di cuoio liso che scorrendo nell’acqua raccoglieva le pietrine, diventando più pesante di un pallone medicinale che colpito di testa ti lasciava la stampa nella fronte per settimane?

L’erba! L’erba poteva diventare un sogno o una “vocazione” e sappiamo che significa tarpare la fantasia.

Studiare? Qui nella terra di Federico II per tradizione abbiamo avuto sempre i migliori maestri e fino a quando sono stati in vita e nelle università non li avessero trasformato in manager con budget, tabelle e grafici da compilare, ogni mattina alle ore 8.00 in qualunque locale si potesse chiamare aula, nelle grandi lavagne dell’università di stato aperta a tutti, si sono alternate grandi menti a formare la potenziale classe dirigente “migliore del mondo”, cresciuta senza lussi e con tutte le difficoltà.

Perché avrei dovuto studiare fuori nei college e soprattutto, cu quali piccioli?

Divertirsi? Hai visto clima che c’è? Una estate che dura 11 mesi l’anno, la voglia di vivere fuori, uscire la sera, una bella gioventù di ragazzi e ragazze, giovani amori e tante speranze, la mia adolescenza e gioventù, ancora non molto influenzata dai telefonini e dai modelli sassoni delle taverne e delle birre bevute anche dalle donne per strada direttamente dalla bottiglia, è stata una bella gioventù e sono certo lo sarà per i giovani di oggi secondo i loro parametri.

Il lavoro? Qui ho perso la partita, è adesso che finiscono i sogni nella mia terra, è qui che l’insularità intesa in senso negativo, le baronie, la provincialità, il medio evo culturale di certi settori chiusi, le caste, le appartenenze fanno il resto a discapito di qualunque meritocrazia. L’atavica assenza e ritardo nelle infrastrutture frutto di dibattiti sterili, infiniti che frendono impossibile la mobilità e difficile la qualità della vita. La rassegnazione quale alibi per non cambiare le cose, la paura di parlare e dispiacere chi non si dispiace nel frattempo di fare soprusi, l’arroganza sbattuta in faccia al prossimo, hanno fatto si che ognuno diventasse isola nell’isola e che il “cu afferra un turcu è suo” o il “cu è fissa si sta a casa” ha finito per costruire quella mentalità che ha tenuto lontano il senso civico da questa terra ed ha allontanato riempiendo di rabbia i propri trolley per andare via, lontano a crearsi le proprie famiglie e a ritornare per una settimana all’anno a trovare i genitori fin quando questi resteranno in vita, con la scusa di fare una settimana di bagni a Mondello, tra i mari più belli del mondo. Per tutti gli altri non è rimasto che invecchiare tranquilli in vite alle quali erano state tolte qualunque aspirazioni.

Morire poi, anche questo è diventato complicato da queste parti, “che ve lo dico a fare”, ma questa un’altra storia.

Un abbraccio, Epruno.