Carissimi

“Eramo qualche più di duecento persone, però a ringa a ringa ci hanno vaccinato e in meno di due ore eramo tutti fuori”.

È inutile Amici miei, non c’è competizione, in questa frase c’è tutta l’insularità della nostra comunicazione, della nostra cultura altrettanto rispettabile quanto alle frasi scritte dal messinese Guglielmo Shakespeare o dallo scozzese Robert Burns o delle ballate Bod Dylan.

“Eramo”, voce plurale del passato del verbo essere, “noi eramo” simile soltanto al presente plurale del verbo avere dell’italiano dei calciatori argenti “avemo”, capirete che è tutto un altro mondo.

Ci sono parole nel nostro parlare siculo-palamito uniche così come di contro non esistono parole e concetti presenti nella cultura internazionale.

Prendete appunto la parola “turno” che in italiano ha una sua connotazione e significato, ma nel siciliano-palamito non esiste e per di più non esiste il concetto di turno così come i suoi sinonimi, quali fila o parole come attesa, se poi a questa parola associate aggettivi del tipo “ordinata”, a quel punto il tutto finisce in rissa.

Il palermitano incarna naturalmente il concetto dell’Io, detto a petto gonfio proprio a voler significare il nulla dopo di noi, ne prima di noi e quindi quando giunge in un contesto dove ci sono altri esseri viventi, ma mai suoi simili in quanto lui è unico, per quale motivo dovrebbe unirsi a loro per incolonnarsi, quando tutto intorno a lui dovrebbe prevedere una ampia zona di rispetto, propriamente, rispetto?

Il palermitano è e non si pone per nulla la preoccupazione di sembrare, anche nel suo modo di vestirsi che a volte potrebbe darti l’impressione della inadeguatezza, se non fosse per il fatto che colui che indossa quei panni lo fa per convinzione, anche se questa dovesse esser dettata dalla necessità, quale quella atmosferica e ambientale. Prendete un esemplare di palermitano che personalmente adoro, quello che si veste con la tuta della squadra di calcio del Palermo per andare nei luoghi dove ci si aspetta “l’assembramento quello ancor prima delle vicende anti-Covid”, affinché tutti lo possano vedere, si possano chiedere: “ma lui chi è? È forse un giocatore?”

Non può essere un giocatore poiché o è una persona in età o è qualcuno che non ha un fisico di atleta in forma, allora deve essere una persona importante nella società del Palermo, come se i manager e i dirigenti prediligessero la tuta alla giacca e la cravatta per andare in giro.

Costui si guarda circospetto per tentare di capire quanti stiano cadendo nella sua rete di curiosità, lui quasi sempre con il borsello a tracolla e con un occhiale da sole simil Ryban, modello e colore “la calda notte dell’ispettore Tibbs”, alzati fin sopra i capelli e pensate che costui possa stare in fila?

Quanto meno nel dubbio se trattasi o meno di autorità sportiva si chiude un occhio nel momento in cui guadagna furbamente posti nella coda e anzi c’è gente che dice, “lasciatelo passare perché ava a essiri uno mpurtanti”!

Che dire di coloro che giungono all’ultimo e che vogliono scavalcare la fila solamente per chiedere una informazione, scusa subdola per farlo giunge alla testa della coda e per rimanerci, pronta ad innescare la ressa, anche quando il turno viene stabilito da un dispenser di numeretti con annesso display.

Si è vero, abbiamo l’annoso problema dell’informazione e dell’utente che giunge all’ultimo disinformato ed è anche per questo che se si vuole ancora organizzare punti di informazione in questa meravigliosa città, non c’è miglior punto di informazione a costo zero per la collettività, della persona che attende il suo turno in quella composizione amorfa che da queste parti facciamo passare per attesa in fila (doppia, tripla …) per non pronunciare la parola offensiva “turno”, Lui sa, perché lui “ave dalle 7.00 del mattino che è sul posto per un appuntamento preso per le 11.00”, è dispensa consigli e dopo qualche ora di permanenza anche diagnosi.

Se è vero che in Sicilia non esiste il termine “turno”, quelle occasioni nelle quali questo termine gioverebbe tanto, vengono affrontate mediante esperimenti di introduzione anglosassone facilmente riconoscibili, che si evidenziano quando vedete una porta d’ingresso aperta a metà dalla quale s’intravede la testa di una persona dall’interno che grida ed un “mucchio” di gente tutta spalmata sull’uscio, che preme per entrare, ognuno con le proprie ragioni, le proprie scuse più fantasiose, questa è la così detta fila alla palermitana (generalmente detta alla siciliana), qui si fa così. Siete ancora certi di volervi collegare con noi tramite un ponte?

Un abbraccio Epruno.