Ho conosciuto il “cuoco di Salò”, o almeno penso, così raccontano le mie memorie, anche se è passato tanto di quel tempo e le memorie finiscono per essere romanzate ed edulcorate e spesso depurate delle tante cose cattive.

È un modo per mettersi al difuori della propria vita ed osservarla, quando il vissuto è diventato tanto e il narrare ciò che si è visto, quale testimone della storia, si pensa possa risultare importante per gli altri.

Gli uomini passano e con loro i propri pregi, la loro gloria e la loro nefandezza e quando anche le sopracciglia diventano bianche, e proprio mentre ti continui a picchiare con il prossimo, rifletti sulla necessità di volere interpretare il tuo personaggio fino alla fine.

Il calciatore appende le scarpette al muro ancora giovane e vive di nostalgia per altrettanto tempo di quello vissuto giocando, l’atleta che corre l’ultima sua gara percorre scalzo all’inverso il circuito salutando la folla per l’ultima volta, tutti tolgono le scarpette dopo aver finito una carriera e dopo tutto ciò diventa memoria, da custodire, da conservare e se il caso, giunti alla fine, da narrare.

Non sempre le memorie sono corrette e i fatti lasciano spazio al romanzo, è accaduto anche per gente molto importante, è accaduto per Goethe che nel suo viaggio a Palermo secondo il Pitrè, cento anni più tardi, descriveva panorami difficilmente osservabili dalla sua finestra, ma nelle memorie tutto si confonde e si mescola quasi a voler prendere il meglio delle nostre esperienze. Ecco perché rimane ferma la convinzione nel sottoscritto che la memoria esatta dei fatti viene conservata per non più di due anni dagli individui, dopo di che, chiunque può ripresentarsi in pubblico come se avesse pulito i suoi panni da tutte le sporcizie.

Ecco perché do maggior valore ai diari, i quali sono l’appunto giornaliero di tutto quanto ci accade corredato dalle emozioni sul momento e come sempre finiscono per rimanere chiusi in un cassetto o esposti in uno scaffale per tanto tempo, senza esser più riletti.
Alcune volte è meglio che questi appunti non vengano riportati alla memoria, perché come dicevo, riportando alla luce fatti, molto spesso meritevoli di esser affidati ad un diario, rispolverano emozioni o dispiaceri che sono stati difficili da metabolizzare.

È vero, cresciamo, andiamo avanti e ciò che alla fine diventiamo è il risultato di tanti “ammacconi”, di tanti incontri con chi ha riempito le nostre giornate, con chi ha dato un significato alla nostra vita, con chi l’ha caratterizzata anche con immenso cinismo.

L’umanità non è necessariamente buona, ma certamente è molto egoista e individualista tanto che ha bisogno delle religioni per esser formata all’obbedienza collettiva nel nome di una fede in qualcosa di superiore che ci promette una ricompensa ultraterrena se siamo obbedienti e così spesso investiamo quei pochi anni di transito terreno, per ipotecarci una ipotetica “vita eterna”, porgendo l’altra guancia o perdonando quando in realtà la nostra mente lavora soltanto per dimenticare, ecco perché la necessità dei diari, ecco la necessità delle memorie nella speranza che “all’ombra dei cipressi e dentro le urne” qualcuno rammenterà chi era colui che si era fatto erigere quel prezioso busto e cosa aveva fatto colui che portava quell’altisonante cognome che ci ricordava qualcosa udita distrattamente a scuola.

Così come ho conosciuto il “padrone della villa”, ho conosciuto il “cuoco di Salò” che dietro la scusa di limitarsi a cucinare, si voltava dall’altro lato, mentre “serviva piatti” e non si chiedeva da quale parte stare, poiché lui era cuoco e serviva chi comandava, chi pagava. Seppur strano tutto quel via vai, poco importava, lui un domani alla corte di un altro padrone avrebbe dichiarato che il suo era solo “servire” e che tutto il resto erano affari.

Non prendete quindi appunti nel vostro diario sul “cuoco di Salò” lo mettereste in difficoltà in futuro trovandola da tutt’altra parte e in tutt’altro schieramento, affidatelo soltanto al beneficio dell’oblio poiché quando scriverete le memorie ammetterete che ci sarà stato chi è morto dalla parte sbagliata ma soprattutto che è morto e ai morti spetta il rispetto e la pietà, qualunque sia la parte.

Un abbraccio, Epruno.