Carissimi, vi fu un tempo in cui la parola responsabile significava qualcosa di importante. Ti presentavano una persona e ti dicevano: “Costui è il responsabile del settore X dell’azienda Y” e tu ti mettevi sull’attenti perché intuivi di avere di davanti una persona importante, autorevole e preparata per la sua materia tanto da avergli affidato la responsabilità del settore X. Venir indicato come responsabile corrispondeva a dire che tu dirigevi quel vario nucleo di individui avendone la responsabilità e avendo anche il compito di raggiungere quei risultati datoti come obiettivi.
Era anche il momento in cui per fare un complimento ed una attestazione di serietà parlavamo di persona responsabile nelle proprie azioni.
Ci fu anche un tempo in cui i “responsabili” erano coloro che abbandonavano il loro schieramento politico per andare a rinforzare una maggioranza parlamentare in difficoltà, il tutto con “coerente” spirito di servizio al paese, per garantire una governabilità. Certo all’autorevolezza presentata prima si contrapponeva un vero e proprio tornaconto tanto da indicarli alle nostre latitudini quali “facciuoli”.
Poi giunse il momento storico in cui si allargo la forbice e una parte del paese decise che avrebbe dovuto correre lasciando indietro coloro che non avevano il “fiato giusto”. Diventammo curiosi di sapere il perché questo paese rimanesse fermo e si facesse prendere dal lassismo nel portare avanti il proprio lavoro burocratico e fu il momento in cui il vento del pensiero di privatizzare qualunque organizzazione statalista porto gli imprenditori a candidarsi alla guida della comunità, portando con sé tutto “l’efficientismo” dei sistemi privati, competizione sfrenata e cinismo.
Nessuno si prese il pensiero di riprogettare il paese e pertanto anche la sua pubblica burocrazia rimase di fatto borbonica nelle sue piante organiche, nella sua organizzazione del lavoro, nel suo nepotismo, nel suo assistenzialismo. La cosa pubblica diventò contenitore di tutto quanto irrisolto, di quanto diventava precario, di tutto quanto era fallito, ma si coprì il tutto con l’inserimento dei primi ruderi dell’informatizzazione e quindi anche il pubblico iniziò a correre con diverse velocità al suo interno, poiché nessuno aveva interesse di far funzionare la cosa pubblica, ne tanto meno la sua inadeguata classe dirigente.
L’importazione della burocrazia comunitaria, di schemi efficienti e il sistema delle sanzioni (nel pensiero anglosassone un caso irrealizzabile), rese necessario identificare figure di “responsabili dei procedimenti, unici”. La genesi prevedeva che questo “responsabile” fosse un vero e proprio manager dei procedimenti, con ampi poteri di scelta di collaborazioni e nomine che gestisse i fondi della commessa e non un parafulmine, capro espiatorio di un sistema squattrinato e non funzionante. Vi immaginate una politica relegata al ruolo di “spettatrice”? Non durò molto, anzi in Sicilia non giunse mai in questa versione ma emendata riducendo il “responsabile” a quella persona lasciata “unica e sola nelle sanzioni” anche dalle strutture di appartenenza. Ecco perché nella nostra mentalità davanti ad un danno o una disgrazia ci si chiede prima “chi è il responsabile” e non “cosa e perché e successo”. Un abbraccio, Epruno.