Carissimi …. Quanti di Voi la mattina per consuetudine o “lagnusia” si reca a fare colazione al bar? Si, siete in tanti! Certo non ci sono più i “mitici” caffè bar che fecero letteratura, ma di contro sono nati efficienti esercizi che mantengono alta la bandiera della buona pasticceria o rosticceria palermitana. Conoscevo un tizio che era in grado di creare una carta tematica della città dove erano segnati i locali gastronomici in funzione della loro specialità nella quale eccellevano. Così, se parliamo di calzone al forno sappiamo che il migliore si mangia certamente in quel bar, non molto lontano dalla fiera. Se vogliamo mangiare la mitica mousse sappiamo che essa può esser goduta in quel bar non molto lontano da villa Sperlinga. Se vogliamo mangiare il miglior calzone fritto, a patto che esso sia consumato quasi caldo, da non farsi scottare dall’acquetta del suo contenuto, non è di un bar che parliamo ma di una mitica rosticceria, non molto lontana da un Assessorato Regionale importante. Mentre se vogliamo mangiare le migliori arancine ……. Che ve lo dico a fare, mi avete già capito. E potremmo continuare, vista la grande presenza di bar attentatori della nostra linea. Così capita che la mattina ci alziamo senza che troviamo il tempo di fare una sana colazione modello famiglia felice che vive vicino a un mulino, ci precipitiamo in ufficio e poi decidiamo di scendere per fare colazione al bar e la chiamiamo colazione, questa mitica ingurgitata di grassi che fanno tanto bene alla nostra mente ed al nostro umore, ma che fanno a cazzotti con le transaminasi. Ma in questo rito tribale della colazione al bar, se si presta attenzione i sociologi potrebbero individuare e classificare gli esseri umani, a maggior ragione quella categoria o specie umana detta degli “impiegati”. I bancari, ad esempio sono facilmente riconoscibili per il loro look giacca e cravatta, i loro orologi tenuti ben visibili e spesso ben oltre le loro possibilità, ed il procedere in branco un passo indietro il loro capo. Gli impiegati della pubblica amministrazione procedono invece per linee orizzontali, uno accanto all’altro. Ma è dal modo di consumare che si comprendono spesso le turbe mentali. Ci sono coloro che entrano nel bar e hanno già le idee chiare, vogliono un caffè e basta, mentre ci sono coloro che aspettano che tu scelga per dire, “anch’io” e lo farebbero anche se tu avessi detto “la cicuta”. Questione di personalità! Ci sono quelli che aspettano di capire a chi toccherà pagare per prendere di tutto, anche le razioni del giorno dopo. Ci sono poi quelli odiosi che escono e ti ricordano la turnazione con la quale si è pagato fino a quel momento, stando attento che il tutto venga rispettato e che alla fine ognuno abbia pagato per se. Ci sono poi i “simil tirchi”, coloro che si fanno odiare dagli esercenti con le mezze porzioni, che dividono la qualunque, finanche i mignon o che dicono, io ne prendo la metà se c’è qualcuno che divide con me? E così anche se tu hai voglia di consumare un pezzo per intero sei costretto a dividere. Ma se c’è una cosa che mi da un fastidio indescrivibile, sono coloro che prendono il “cappuccino dei poveri”, ossia colore che prendono il “caffè” e poi chiedono: “mi scusi, ci metterebbe un po’ di latte?” Nel caffè?? O è caffè o è cappuccino? Che senso ha rovinare il “divino caffè” facendoci versare del latte di sopra! Già è un crimine aggiungere lo zucchero che ne falsa il gusto, figuratevi il latte!! De Gustibus……Un abbraccio, Epruno