Carissimi,
Chi può si dedica alla lettura di un buon libro, altri ascoltano la musica mentre sfogliano le riviste, qualcuno grazie ad internet accede a quegli abbonamenti che ti permettono di vedere film e telefilm senza interruzioni pubblicitarie, altri incauti la sera accendono la televisione e vanno ormai indistintamente sui canali pubblici o privati dove finanche in programmi come “la vita delle balene oggi in Antartide” o “Lo Zecchino d’Argento” o “Cristianesimo e religiosità oggi” ti aspetta in agguato “lui” il leader politico, con o senza foglietti nelle mani, intervistato dalla “iena ridens” intellettuale, istituzionale, di turno. Sentiamo in ogni luogo proclami, alcuni senza filtri intellettivi che ci presentano lo spettro di un paese che sembra regredire culturalmente.
Rassegnatevi, non si scappa e sarà così fino al 4 di Marzo. Voi direte fino al 2, il Venerdì? No fino al 4 alla chiusura dei seggi diversamente che cosa li hanno inventati a fare i telefonini cellulari, gli iphone e i social?

Voi mi direte: “Ma è proibito, è illegale fare campagna elettorale il sabato prima delle elezioni”.
Certo in Italia anche tagliare a pezzi una ragazzina e lasciarne i pezzi in due valige è proibito, anche uscire per strada sparando a tutto ciò che si scosta dal colore bianco è proibito, anche nastrare un individuo e filmarlo, dopo averlo picchiato a sangue è proibito. Tutto è proibito alla faccia del buon suocero di Alessandro Manzoni che nella tomba non trova requie. Tutto è proibito ma si fa ed ecco che qualche scellerato buonista ogni tanto propone “Let it Be”!
Negli “anni delle culture” quindi scopriamo che il vero problema di questa terra è la cultura. Eravamo l’Italia dei cappottoni passati di padre in figlio, uscita dalle guerre, pronta a ricostruirsi e a combattere l’analfabetismo anche nelle zone più interne. Eravamo quell’Italia dove i titoli di scuola secondaria quale il Geometra o il Ragioniere ti davano uno status di tutto rispetto, così come i diplomati dall’istituto industriale, a quante semplici nonne è scappato dalla bocca di avere un nipote “Industriale” sol perché usciva con un diploma dall’istituto industriale.
Fino a qualche anno fa un laureato era considerato una persona già a cui portare rispetto fin dalla pronunzia del suo titolo e sul lavoro di queste eccellenze si è basata parte della nostra crescita come nazione fin quando la natura “furbetta” che sta nel nostro DNA è venuta a galla abbattendo gerarchie, creando equiparazioni, relegando tali figure al solo concetto della “responsabilità – espiatoria”.
Qualunque amministrazione pubblica o privata si dotava in organico di queste figure professionali snaturandone nel tempo l’importanza e il prestigio, spinti da veti sindacali pronti a garantire un appiattimento verso il basso di tutte le figure professionali, in una velata ispirazione più maoista o della più scura nazione oltre cortina al tempo del blocco sovietico, ma interpretata con una “genialità” del tipo: “ti pago poco, mi devi dire grazie che ti pago perché fuori da qui la gente è a spasso, ma siccome sei ingegnere (è il caso che mi tocca di più avendo rappresentato questa categoria professionale) a te spetta l’onere della firma con tutte le responsabilità civili e penali che ne conseguono.”
A quanti laureati inquadrati come tali è venuta la tentazione di farsi togliere cento euro dal proprio compenso facendosi declassare al ruolo di più tranquillo di usciere? A quanti giovani laureati oggi giunge il messaggio di farsi la valigia e andare all’estero per fare valere il proprio titolo di studio? La natura umana è debole e capita anche che un tecnico si lasci corrompere nel suo esercizio professionale, ma sono da sempre certo che costui è prima di tutto un delinquente e poi casualmente anche un tecnico poco professionale.
Come possiamo essere competitivi e una nazione moderna se per anni politiche scellerate hanno reso nullo il valore del titolo di studio?
La scorsa sera tentando di sfuggire ai proclami elettorali di cui sopra, sono rimasto turbato dallo scoop dei filmati “rubati dalla telecamera nascosta” in occasione della vicenda campana dei rifiuti.
Premesso che quelle immagini sono oggetto di verifica da parte degli organi competenti, premesso che siamo scafati ormai a notizie su episodi di corruzione, sono comunque rimasto sconvolto dal palese dialogo, ma soprattutto da un passaggio che ho trovato mortificante e relativo al momento in cui il corruttore e il corrotto si accordavano sul da farsi e sul conquibus e alla fine concordavano: “noi non torneremo più a parlare, le manderò il mio ingegnere che si incontrerà con il suo ingegnere” probabilmente per costruire carte tecnico-amministrative che dessero una “parvenza di legalità all’operazione”.
Era quel lessico ad essere inquietante quando parlava di “mio” ingegnere e pronunziato da un “gancio pregiudicato” non so con quale livello di istruzione ma che come trofeo teneva un “suo ingegnere”.
Ma cosa siamo diventati, gli spiccia faccende dei criminali e dei politici corrotti, questo è il valore al quale è stato ridotto un titolo così prestigioso? Un abbraccio Epruno.